“Perché dovremmo andare in un museo a vedere un orinatoio, invece di vedere la Gioconda”? . È la domanda centrale del discorso di questo pomeriggio di Tiziana Andina, in seno a questo lunedì di incontri a Passepartout. La pensatrice astigiana, docente di Filosofia Teoretica all’Università di Torino, ha nuovamente proposto uno degli aspetti più importanti della sua ricerca filosofica: la riflessione sull’arte novecentesca, sulle sue condizioni di pensabilità, accettabilità e realizzabilità. “Perché dobbiamo tollerare che un oggetto che non richiede nulla, né accademia, né studio, né ricerca, sia un’opera d’arte?”: Andina riporta al centro del suo intervento questa domanda, riferita all’opera di Duchamp e mossa da Walter Benjamin, nel suo breve pamphlet “Opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica”.  Il Novecento, dice Benjamin, sembra essersi sbarazzato di quei canoni tecnici e concettuali che da sempre hanno accompagnato la tradizionale opera d’arte. Il progresso scientifico-tecnologico ha di fatto banalizzato l’atto tecnico e concettuale: la serialità uccide l’unicità dell’opera, quell’alone di irripetibile essenza che un quadro, una scultura, una sinfonia ci restituiscono quando ne siamo al cospetto. Perdono l’aura, quel dosaggio perfetto che ci arriva senza mediazioni, quasi irrazionalmente, che rende il nostro osservare quell’oggetto d’arte un luogo di darsi privilegiato della verità.  Il manufatto, che si pensava irripetibile perché prodotto in quel contesto storico da quel preciso artista che lo rende inimitabile, oggi, invece, è passibile di riproduzione tecnica, virtualmente infinita. La tecnica spoglia l’arte: perché la sua copia (che posso comprare a poco prezzo, scaricare gratis, …) è di fatto quasi indiscernibile dall’originale. Quindi, perché la prima dovrebbe avere più valore della seconda? È rischiosa questa deriva, soprattutto per chi di arte ci campa: perdere aura equivale a una perdita valoriale, tradizionale, simbolica e di mercato.  Attraverso l’analisi della concettualità di Warhol, il citazionismo e le esigenze del mercato, Andina ha poi rimesso al centro la grandezza dell’arte (“da trovarsi, adesso, con un po’ di fatica”, ha detto scherzando, ma non troppo), che resiste ancora nell’intercettare ritagli di disvelamento per l’uomo.