Con il “tutto esaurito” per il giudice Giuseppe Ayala e la visita guidata al rifugio antiaereo di Palazzo Ottolenghi, ha debuttato lo scorso week end la quarta edizione de “I mesi del giallo”.
Questa settimana la rassegna, ideato dall’Associazione Comunica (in collaborazione con i Comuni di Asti, Costigliole, Isola, Comunità Collinare Val Rilate, Provincia, Biblioteca Astense, Israt, Casa del Popolo, Associazione di protezione civile “Città di Asti”, Fondazione CRT, Banca d’Alba) proporrà due conversazioni: venerdì 8 ottobre, alle 21, alla Casa del Popolo di via Brofferio 129 con la giornalista Giuliana Sgrena, autrice di “Il ritorno. Dentro il nuovo Iraq”, scritto per Feltrinelli a cinque anni dal rapimento a Baghdad; sabato 9, alle 21, con lo scrittore noir Enrico Pandiani, da poco in libreria con “Troppo piombo” (Instar Libri), ospitato, alle 21, nel municipio di Settime. Entrambi gli incontri sono a ingresso libero.  
I ricordi di Ayala. La stagione del pool antimafia e quella successiva dei veleni, l’amicizia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i rapporti tra mafia e politica, i collaboratori di giustizia: temi trattati da Ayala, sabato scorso, in un Auditorium di Palazzo del Collegio affollato e contenuti nel volume “Chi ha paura muore ogni giorno”, pubblicato nel 2008 da Mondadori.
“Il mio libro – ha spiegato il giudice, oggi assegnato alla Corte d’Appello di L’Aquila – è stato scritto sedici anni dopo la morte di Falcone e Borsellino con un unico obiettivo: conservare la memoria di quegli anni e ribadire alcuni fatti incontrovertibili. Per esempio che il pool antimafia non è stato fermato con l’attentato a Giovanni e Paolo, nel 1992, ma nel 1988 dallo Stato, quando venne azzerato”.
La conversazione, condotta dall’avvocato Maurizio La Matina, è partita dalla profonda amicizia che Ayala strinse con Falcone e Borsellino: nel tratteggiare la personalità dei due giudici e nello svelare aneddoti privati, non sono mancati nell’ospite momenti di commozione, che hanno strappato alla platea calorosi applausi. Poi gli approfondimenti sul primo maxiprocesso (Ayala rappresentò la pubblica accusa sostenendo le tesi di Falcone e Borsellino), il racconto sulle confessioni di Tommaso Buscetta, primo collaboratore di giustizia, riflessioni su quest’ultima e la politica: temi corposi a tratti stemperati da una sottile ironia insieme alla trattazione di sentimenti come la paura (Ayala ha vissuto sotto scorta per più di 15 anni), la solitudine, che accompagnò alla morte Falcone e Borsellino, la nostalgia per i due amici scomparsi.
Il fascino del rifugio antiaereo. Posto a sei metri di profondità con due locali intercomunicanti dotati di panche, sedie a sdraio e anche di un piccolo servizio igienico: si presentava così il rifugio antiaereo costruito nel 1943 sotto Palazzo Ottolenghi, a servizio della prefettura.
Lo hanno visitato ieri sera oltre cento astigiani grazie alla disponibilità dell’Assessorato ai Lavori Pubblici e Patrimonio del Comune, che ha anche utilizzato il salone nobile dell’edificio (in restauro) per la conversazione con Nicoletta Fasano e Roberto Nivolo su Asti ai tempi della guerra. Aperto ieri per la prima volta al pubblico dopo la “scoperta” nell’ambito dei lavori di recupero di Palazzo Ottolenghi, il rifugio ha funzionato fino alla fine della guerra ed è poi stato dimenticato e in parte allagato: prosciugato di recente, ha restituito una vecchia lampada usata mentre la popolazione subiva gli allarmi o i bombardamenti. Un evento, quest’ultimo, ha ricordato Nicoletta Fasano, ricercatrice dell’Israt, adottato per colpire obiettivi sensibili, ma anche per “piegare il morale dei cittadini e tenerli sotto pressione”.
Alla fine della guerra gli allarmi nell’Astigiano saranno complessivamente 224, di cui 130 solo sul capoluogo; non mancheranno le vittime: 24 quelle sul ponte di Tanaro, il 17 luglio 1944.
E mentre le istituzioni si proteggevano in ricoveri sotterranei sicuri (quello di Palazzo Ottolenghi era in cemento armato), la popolazione trovava riparo in scantinati che non garantivano l’incolumità.
La stessa prefettura, ha raccontato l’architetto Nivolo, direttore dei lavori per il recupero di Palazzo Ottolenghi, diffondeva disposizioni contrastanti: “Se da un lato disponeva di mettere a norma gli edifici, cioè di proteggerli dagli attacchi aerei, dall’altro consigliava alla popolazione, in caso di pericolo, di andare verso i campi”.
Interessante la mappa dei rifugi di cui era disseminata la città: tra quelli pubblici, è  tuttora esistente quello dei Varroni, costruito per 1700 persone (corre sotto alle Antiche Mura, tra corso Torino e viale Partigiani), mentre quello di corso Dante fu realizzato solo parzialmente a partire dalla sezione sotto il parco Monte Rainero).
Pagine di storia della città che rivivranno in futuro quando il rifugio antiaereo della prefettura verrà aperto al pubblico e l’Israt, che come ha annunciato l’assessore Angela Quaglia, troverà sede a Palazzo Ottolenghi (insieme al Museo del Risorgimento), allestirà una mostra permanente su Asti ai tempi della guerra.
Data l’alta domanda di partecipazione alla visita di ieri sera, intanto, gli organizzatori de “I mesi del giallo” non escludono una nuova apertura straordinaria nei prossimi mesi. Prezioso, sotto l’aspetto logistico, l’apporto dei volontari dell’Associazione di protezione civile “Città di Asti”.