Termina il diario del nostro vescovo Marco Prastaro in vacanza nelle terre del Kenya che l’hanno visto impegnato per ben tredici anni come missionario Fidei Donum. Panorami e animali, ma soprattutto impegno episcopale con incontri, liturgie festose e anche cresime e prime comunioni.

Martedì 23 luglio

Questa mattina ritorniamo nella zona di Karen per fare visita alle suore del Cottolengo. Hanno un bellissimo centro per bambini malati di AIDS. All’arrivo possiamo subito salutare don Giusto Cameri, prete cottolenghino da più di 50 anni. È un uomo di Dio, saggio e pacato. Ci racconta degli inizi della casa quando i bambini morivano facilmente. Oggi le cose sono molto cambiate. Le suore ci accompagnano a vedere la casa. È divisa in diverse famiglie, ognuna delle quali ospita bambini o ragazzi di età simili. In ogni famiglia vi è una suora che vive con i ragazzi. I più grandi sono a scuola per cui incontriamo solo i piccolini. Ci salutano gioiosi e volentieri si fanno prendere in braccio e coccolare. Le loro sono storie tristi di abbandono e malattia. Per fortuna se un bambino viene messo in cura appena nato, la malattia non prende piede e “ridiventa negativo”. Lo scopo della casa è curare ed educare i bambini per poi reinserirli nelle loro famiglie e realtà. Questa parte del progetto è la più difficile. Le suore ci dicono che i ragazzi una volta diventati grandi e rientrati nelle loro realtà sono più fragili e delicati degli altri, facilmente si scoraggiano e lasciano di seguire le cure, per cui poi si ammalano a volte in modo irreparabile.
Questa opera mi ha sempre colpito, non solo perché ti tocca profondamente il fatto di prendere in braccio bambini piccoli che hanno già la morte che gira nel loro sangue, ma anche per la gratuità di tutta l’opera che in questo senso è pienamente cottolenghina.
Le suore ci invitano a pranzo e volentieri ci fermiamo.
Rientrati a casa don Daniele ci porta a fare un giro per il quartiere. Facciamo anche qualche piccolo acquisto, soprattutto frutta da portare a casa. Colpisce il caos, la sporcizia e la grande quantità di persone che animano le vie di Tassia. È faticoso vivere in questa confusione. Camminando per strada la gente ci guarda un po’ sorpresa, non è zona per i bianchi. Qualcuno ci piglia anche in giro o ci chiama “mzungu” che vuol dire uomo bianco, termine dall’accezione offensiva. Qui siamo noi in minoranza e ci notano subito tutti. Un po’ ciò che a volte capita ai “neri” nella nostra Italia. Direi che comunque questa esperienza ci fa bene e ci aiuta a capire tante cose.
Rientriamo a casa ed è ora di chiudere i bagagli. Facciamo cena velocemente e alle 19,30 ci accompagnano all’aeroporto. I nostri voli partiranno alle 23,50, ma qui bisogna arrivare sempre molto prima anche perché i controlli di sicurezza sono piuttosto complessi.
Salutiamo don Paolo e don Daniele che in questi giorni ci hanno accompagnato e custodito con tanto calore e amicizia.
Grato di questi giorni di viaggio in un mondo così diverso dal nostro, un viaggio pieno di incontri con persone a cui mi lega grande affetto, confesso che volentieri ritorno a casa, dove mi attende la mia vita, quella in cui il Signore mi ha posto e quella in cui desidero profondamente stare. Come mi piace ripetere sempre: la vita sta sempre davanti, mai alle spalle. Kwaheri Kenya.