Illustre presidente del consiglio Mario Monti e illustre ministro delle attività  produttive Corrado Passera,
siamo nuovamente a scrivervi in qualità di rappresentanti della provincia di Asti di quel mondo lavorativo, ormai provatissimo, della micro e piccola impresa.
Non vi nascondo la delusione che abbiamo provato nel leggere il decreto “Salva Italia”, un decreto che cancellava senza colpo ferire tutti i patti economici sui quali si fondava il lavoro nel nostro paese.
Pensioni, contributi, accise, iva, sanità e molto altro, ha cessato di esistere nella forma che conoscevamo modificando la programmazione di vita che le persone avevano pianificato.
Ma ancora più delusi, se non addirittura scioccati, lo siamo stati quando abbiamo appreso quanto contenuto nel “Cresci Italia”. Dall’alto della sua esperienza, ci saremmo aspettati ben altro .
Ma procediamo con ordine. A nostro avviso, il primo problema da affrontare in Italia è il lavoro. Le condizioni essenziali perché esso si sviluppi sono almeno tre: la prima sono i costi, tutti i costi. E’ riduttivo fermarsi all’ irpef, quando sul lavoro gravano le accise sui carburanti, le addizionali sulla corrente, le addizionali regionali, comunali e nazionali, il vettoriamento, l’irap e l’ires, i costi di insediamento che si trascinano dietro gli oneri di urbanizzazione, i costi per le pratiche, e soprattutto, i tempi biblici che occorrono per realizzare anche la più minuscola delle cose , e si sa, il tempo è denaro.
La seconda condizione essenziale è il credito. Non sono solo i tassi di interesse a rendere questo servizio più o meno appetibile ma bensì la serietà degli istituti bancari. Per la seconda volta in tre anni, stiamo assistendo al “rientro” selvaggio da parte di grandi gruppi bancari, obbligati a ridurre gli impieghi per il loro deficit patrimoniale, certamente non originato dalle condizioni di mercato ma bensì la gestione politico-garibaldina riconducibile al pressing degli azionisti sugli amministratori delegati, obbligati a fare utili utilizzando finanza creativa o peggio. La scorrettezza del sistema la si è toccata con mano con i bond argentini, i titoli Parmalat, Cirio e molte altre porcate minori, passate sotto silenzio dei media e delle autorità di vigilanza. Il grottesco, lo si evince apprendendo le liquidazioni degli A.d. , che in un caso hanno superato addirittura i 40 milioni di euri. Ma queste banche, godono dell’appoggio incondizionato dello stato, dei politici e della BCE, vengono pesantemente finanziate a tassi ridicoli e vogliono vendere il denaro a prezzi folli, chiedendo di elevare la soglia di usura fino al 20%, e quando non soddisfatte, usano i depositi delle famiglie come armi di ricatto.  Su di esse sarà necessario fare una scelta, ovvero dividerle in rami d’affari ed in rami di investimento, e chi sbaglia, come per tutti i “normali” Italiani, deve pagare.
Il terzo problema è la certezza del diritto.  In questo momento peggiora la situazione dei pagamenti, dove i grossi committenti e le amministrazioni pubbliche stanno mettendo in serio pericolo l’esistenza stessa delle nostre aziende. L’impennata degli interessi attivi, che supera di molto il rendimento percentuale ottenibile con il lavoro, ha acuito la pessima abitudine a trattenere sul conto corrente i soldi destinati  al pagamento delle fatture dei piccoli imprenditori, utilizzando la propria posizione dominante per troncare  sul nascere qualunque rivendicazione suonando il classico motivo “se t’azzardi, non lavori più”. Dall’altro versante, le amministrazioni pubbliche, tutte obbligate al falso di bilancio dal patto di stabilità, chiudono i loro conti pareggiando per “cassa”, una dotazione ottenuta non pagando le aziende. In questo marasma, si insinua la cattiveria dello stato, che dopo non averti pagato quanto dovuto, ti scatena contro Equitalia, forse nella speranza di farti fallire, creando una posta straordinaria che diventa un premio di produzione per qualche zelante funzionario pubblico. Come dicono gli investitori esteri, non vengono in Italia, nonostante riconoscano una qualità  della vita straordinaria ed una classe imprenditoriale buona, per la magrezza della  governance.
Secondo il nostro punto di vista, portare i giovani ad aprire una propria attività con la spesa di un euro non è un regalo, ma temiamo che si trasformi in un incentivo al suicidio economico , condizionando, visto le regole vigenti, il futuro di persone che non hanno minimamente idea a che cosa vanno incontro.
Inoltre, il lavoro nero, o meglio, il tentativo di sopravvivere di tante persone alla disgrazia del licenziamento o della cassa integrazione, incombe su chi ha sempre pagato e vive questa forma di concorrenza sleale come un altro peggiorativo al già funesto periodo.
Come abbiamo sempre sostenuto, dalle crisi si esce lavorando, ma lo stato ne deve creare le condizioni: poche regole certe e granitiche, la parità di dignità tra lo stato ed i contribuenti, e soprattutto la certezza di essere tutelati in quanto produttori di posti di lavoro, lasciando momentaneamente da parte, tutte quelle categorie finanziarie che oggi hanno avuto tutto a scapito di chi effettivamente lavorava.
Abbiamo molte idee, noi che siamo la prima linea della difesa dei nostri associati,alcune le abbiamo messe in pratica ricavandone ottimi frutti. L’affitto di poltrona, la riemersione dal lavoro nero, l’accompagnamento e il tutoraggio di vecchi e nuovi imprenditori, la possibilità di gestire direttamente i fondi europei, l’insegnamento  ai ragazzi di mestieri si manuali ma ad altissimo valore aggiunto tecnico e manuale sono da sempre patrimonio dell’artigianato, una categoria che possiede un capitale immateriale elevatissimo fatto di genialità, intelligenza e dignità,un patrimonio  diffuso in tutta la nostra straordinaria penisola.
Abbiate il coraggio di incontrare chi rappresenta veramente il buono del nostro paese:  insieme, dall’alto della Vs. formazione unita alla strepitosa capacità pratica che ci contraddistingue, siamo  perfettamente in grado di governare la barca su qualunque mare ci si presenti.

In attesa di un Vostro graditissimo cenno di risposta, porgiamo i nostri migliori auguri di buon lavoro”.

Confartigianato Asti