Sta facendo discutere la lettera indirizzata nei giorni scorsi da Maurizio Rasero, sindaco di Asti, all’Associazione Nazionale Comuni Italiani: “Sono sindaco dal giugno 2017 – scrive Rasero –  e, come Ufficiale di Stato Civile, ho sinora celebrato 287 giuramenti ex art. 10 della legge 91/92 per il riconoscimento della cittadinanza italiana. Credo fermamente nella solennità di questa cerimonia non solo per l’istituzione che conferisce lo status di neo cittadino italiano, ma anche per chi lo acquisisce. Per questa ragione, non mi sono mai sottratto a questo dovere. Purtroppo, in numerose occasioni, ho constatato che i cittadini stranieri che si presentano, non sappiano leggere e pronunciare in italiano il giuramento previsto dalla legge. Nel 2016 l’allora Ministro dell’Interno Alfano, durante una seduta alla Camera dei Deputati, a seguito di un’interrogazione concernente la problematica, affermò che il decreto di riconoscimento della cittadinanza italiana deve essere adottato in esito ad una complessa attività istruttoria, durante la quale si dovrebbe anche accertare il grado di conoscenza linguistica. Pertanto, in base alla normativa richiamata, una volta conclusosi l’iter, l’ufficiale di stato civile non ha alcun potere di effettuare altri controlli sul reale grado di conoscenza della lingua italiana del richiedente. Ricordo anche che il decreto Salvini ha recentemente modificato gli artt. 5 e 9 della legge 91 prevedendo, all’atto di presentazione dell’istanza, l’obbligo di dimostrare il possesso di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER). Tuttavia, continuano a presentarsi casi in cui è evidente la non comprensione della lingua italiana, circostanza questa che testimonia altresì livelli di integrazione e radicamento nel tessuto sociale piuttosto deboli. Tutto ciò premesso, sono pertanto a chiedere a codesto Ente di farsi portavoce nelle sedi preposte affinché gli Organi competenti verifichino la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge a carico del proponente, richiedendo la certificazione attestante il livello di conoscenza della lingua italiana, anche per le domande presentate prima dell’introduzione del decreto Salvini“.