casa di caritàPotrebbe essere l’inizio di una bella storia professionale oppure solo una importante esperienza di  formazione dopo le traversie e le avventure di uno sbarco in Italia da richiedenti asilo. Un gruppo di dieci ragazzi, tra i 16 e i 18 ani, ospiti della nuova comunità per minori che la cooperativa Sociale Crescere Insieme ha appena inaugurato a Canelli, nella sede degli Oblati di San Giuseppe in Santa Chiara ha iniziato, presso il centro San Paolo, in viale Italia, della Parrocchia di San Leonardo, sempre a Canelli, dotato di  cucina ed attrezzature adeguate e in perfetta regola con le normative vigenti,  un corso di formazione professionale (Preparazione al lavoro – servizi di ristorazione) della durata complessiva di 800 ore di cui 400 di tirocinio in azienda, gestito da Fondazione Casa di Carità Arti e Mestieri Ente di formazione professionale che opera in Provincia con il Centro di Asti di via G. Testa e il centro di Villanova nello storico Palazzo Ricchetta di proprietà del Comune. I ragazzi provengono dal Gambia, piccolo paese dell’africa centro-occidentale incuneato dentro il Senegal, dal Bangladesh e dall’Eritrea. Insieme a loro un ragazzo albanese ospite di un’altra comunità di Crescere Insieme e un ragazzo di Asti. I docenti con cui lavoreranno sono dipendenti e collaboratori di Casa di Carità. Un esperto di cucina e la responsabile dei servizi al lavoro che seguirà la parte delle competenze trasversali e gestirà i tirocini, dalla individuazione delle realtà del territorio fino alla valutazione delle esperienze insieme ai ragazzi. Ci sono molte suggestioni in questa vicenda tra formazione, esperienze future di tirocinio (da marzo nelle cucine di ristoranti, agriturismi, pizzerie del territorio e in aziende di trasformazione agroalimentare), e l’esigenza reale di imparare una lingua fino a pochi mesi fa praticamente sconosciuta. C’è molto coraggio e c’è una determinazione commovente, in parte dovuta alla situazione di disagio e alla necessità di inventarsi un futuro ma anche ad uno spirito tosto, alla capacità di vivere situazioni nuove, difficili, stranianti. Ci sono ragazzi nei cui occhi si leggono i segni di una infanzia negata da guerre, povertà, tirannie cieche, ma anche, se lo sguardo si fa più attento e mono suggestionato da facili stereotipi,  nei loro occhi si legge la voglia di una affermazione possibile e fortemente voluta, dopo le privazioni e le peripezie di una fuga obbligata,  anche dagli affetti di tutta una vita.. C’è anche un approccio alla formazione più complesso che in situazioni normali: la ricerca di un partenariato tra un ente di formazione (e il mondo della formazione professionale) e una cooperativa sociale (e il mondo della cooperazione sociale che si occupa con professionalità di chi arriva in Italia come richiedente asilo) con l’obiettivo di utilizzare in maniera virtuosa un finanziamento pubblico offrendo anche una opportunità che va oltre le competenze che il corso potrà fornire. C’è la volontà, condivisa con la provincia di Asti, ente titolare dei finanziamenti per il sistema della formazione professionale, di  sperimentare nuove modalità formative, nuove suggestioni, anche in vista di scenari futuri caratterizzati dal nuovo piano operativo regionale che dovrà definire criteri e peculiarità dei corsi di formazione dei prossimi   sette anni. E poi ancora, non meno significativa,  la volontà di lavorare in sinergia anche con il nuovo CPIA (Centro provinciale per l’istruzione degli adulti di Asti, l’ex CTP) nella sua sede di Canelli presso le scuole,  dove i ragazzi della comunità frequentano contemporaneamente al corso di formazione, il percorso di studi per conseguire il diploma di licenza media. Gli ingredienti per una bella storia di emancipazione e formazione ci sono tutti. Occorrerà amalgamarli bene, proprio come dovranno fare i ragazzi durante il loro corso di cucina. Per loro non sarà facile perché dovranno anche abituarsi ad una cucina molto diversa da quella dei loro paesi d’origine, ma, nella logica   dello scambio di esperienze, potranno fare tesoro comunque delle loro abitudini, dei ricordi delle loro terre, dei loro sapori, delle ritualità legate al cibo. Potranno raccontarle e chissà, durante il corso, sperimentare qualche ardito connubio tra sapori differenti, tra spezie africane, piccanti e sapori del vecchio   Piemonte. Le tradizioni (e quella del cibo è una delle più solide) rappresentano per tutte le società una ricchezza e un patrimonio di cultura e, crediamo, anche di affetti che chiede di essere non solo rispettato ma utilizzato per una crescita armonica e un corso di cucina (e, perché no, di cucina piemontese) può diventare un luogo privilegiato di incontro. Il percorso formativo si completerà ad inizio giugno con una giornata di esame finale che sarà anche una  festa e un incontro tra culture del cibo diverse e tra storie e vite differenti.