Con emozione mostra la lettera scritta a mano, di quel suo cugino nato in Argentina. Un cugino che lei fino a ieri conosceva come il cardinale Jorge Mario, arcivescovo di Buenos Aires. E che invece oggi Nella Bergoglio, che a Peveragno, nel Cuneese, gestisce la Trattoria della Posta a Pradeboni, chiama papa Francesco. “Un uomo umile – racconta – con cui mi sono scambiata gli auguri di Natale pochi mesi fa. E ora è il papa”. Signora Bergoglio, lei da oggi ha un papa in famiglia. Che effetto le fa? “Un effetto incredibile, non saprei neppure descriverlo… mercoledì sera, dopo l’annuncio in televisione, l’emozione era così forte che non sono riuscita a dormire”. Ci spieghi la parentela. “Mio bisnonno era fratello di Giovanni Angelo Bergoglio, il nonno del papa. Io sono nata sulla stessa collina di Marmorito, frazione di Portacomaro, da cui proviene suo padre. Quando mi sono sposata mi sono trasferita in provincia di Cuneo, ma la mia famiglia è quella: lì c’è la casa dove sono nata, le tombe dei miei nonni… Mi fa effetto pensare a lui e chiamarlo “il papa””. Siete stati in contatto? Vi siete mai conosciuti di persona? “Non ci siamo mai conosciuti di persona, ma siamo in contatto dal 2001. Prima via lettera, poi negli anni successivi via email. Gli scrissi quando riuscii a ricostruire la mia “parentela argentina”. Lui era già arcivescovo di Buenos Aires da alcuni anni: mi rispose inviandomi una lettera scritta a mano con un gran numero di santini infilati nella busta. Poi passammo a scriverci via posta elettronica. L’ultima volta è stato lo scorso Natale, appena qualche mese fa”. Non avete mai pensato di andarlo a trovare a Buenos Aires? “Ci abbiamo pensato tante volte, ma l’Argentina è lontana. Noi a Peveragno gestiamo un albergo-ristorante, non era facile organizzare il viaggio”. Vi siete scritti anche nel 2005, quando si fece già il suo nome come “papabile” nel Conclave che poi elesse Benedetto XVI? Aveva pensato che già allora lei avrebbe potuto trovarsi con un cugino nel ruolo di papa? “Ci pensai già all’epoca, certo. Ci siamo scambiati qualche altra lettera da allora, ma non ho mai parlato direttamente con lui di quel Conclave: nelle lettere era gentile, ma discreto. Tuttavia, ho l’impressione che fosse felice di non essere stato eletto quella volta. Che pensasse che fosse una responsabilità a cui non era ancora pronto. So che dopo il Conclave venne ad Asti, raccolse un po’ di terra del suo suolo di origine e la conservò in una ampolla”. Che tipo di impressione le ha fatto? “Una persona di straordinaria umiltà. Riservato, schivo. Conservo tutti gli articoli di giornale su di lui, a partire dal 2005. Nella sua biografia c’è scritto che quando lui andava a scuola, il padre lo ammoniva così: se non studi, ti rimando a Portacomaro a zappare la vigna”. Veniamo a mercoledì sera, al momento dell’annuncio. Cosa ha provato? “Stavo pensando a questa possibilità sin dall’inizio del Conclave. E in quel momento… quando in Tv ho visto il suo viso affacciarsi alla finestra, non mi sembrava vero. L’espressione sul suo volto mi ha ricordato quella di mio padre, mi sono emozionata tantissimo. Prima di parlare alla piazza, ha esitato qualche istante mi è venuto spontaneo esclamare: su, avanti, dì qualcosa!” Scusi la curiosità: in che lingua vi siete scritti? “In italiano. Lui parla perfettamente italiano, oltre a numerose altre lingue e anche il dialetto piemontese”. Il papa parla piemontese? “Sì, lo parla bene. Adora questa terra, così come il Grignolino e la bagna caoda”. E adesso, cosa farà la vostra famiglia? Lo contatterete? “Dobbiamo ancora parlarne. Aspetteremo qualche giorno, poi magari gli scriveremo per fargli le nostre congratulazioni. Abbiamo saputo che il sindaco di Asti vorrebbe organizzare un viaggio a Roma, per recarsi in udienza da lui: ci andremo sicuramente”.