I piemontesi lo conoscevano già, ma per i loro colleghi architetti e ingegneri provenienti da Palermo, Treviso, Roma, Firenze, Bologna, Milano e altre città, il Cardinal Massaia è stato una vera scoperta. Una quarantina di professionisti ha visitato oggi l’ospedale su iniziativa del Centro nazionale edilizia e tecnica ospedaliera (CNETO): tra loro progettisti in libera professione o personale di uffici tecnici di varie Asl e aziende ospedaliere.
La loro sorpresa è stata la stessa, un anno fa, di quella del direttore amministrativo dell’Asl AT, Carlo Marino, che stamane ha accolto il gruppo di ospiti: “E’ motivo di soddisfazione sapere che il nostro ospedale, che a guardarlo assomiglia assai poco a una struttura sanitaria, oltre a sollevare una generale impressione positiva registra, oggi, anche il vostro interesse”.
A raccontare la storia del Massaia, prima della visita guidata, l’architetto Alberto Ghigo e gli ingegneri Marco Vitali, Leopoldo D’Inzeo e Egisto Grifa, progettisti e direttori dei lavori.
I dati salienti sono stati illustrati dall’ingegner Carla Pettazzi, per conto dell’Asl AT responsabile, all’epoca, del procedimento per la realizzazione dell’opera: avviati nel 1997, i lavori si conclusero nell’aprile 2004. Il mese di settembre 2005 segnò il trasferimento di tutte le attività sanitarie, ad eccezione della Radioterapia, che entrò in funzione a fine 2006, quando fu dichiarata la dismissione del vecchio ospedale di via Botallo.
A conti fatti: 7 anni di cantiere, lavori per 95 milioni di euro (altri 40 per attrezzature e arredi), una superficie complessiva di 124.893 metri quadri su più livelli, compresi parcheggi, seminterrati e quei 9 mila metri quadri di piazza coperta che registra, ogni giorno, circa 5 mila passaggi e rappresenta una delle peculiarità dell’ospedale cittadino.
“L’idea guida del progetto – ha ricordato l’ingegner Vitali – è stata proprio questo: costruire l’ospedale da una piazza all’altra, cioè da piazza Alfieri a quella coperta che sarebbe nata nel nosocomio, collegandole con l’arteria principale di Asti, corso Dante. In questo modo, rendendo la struttura sanitaria parte integrante della città e liberandola, attraverso le forme architettoniche, l’uso dei colori e dei materiali costruttivi, da quell’atmosfera pesante che ancora oggi avvolge gli ospedali”.
“La progettazione – ha ricordato l’architetto Ghigo – ha tenuto conto della necessità di concentrare in un’unica struttura due ospedali (con l’assorbimento dei servizi materno-infantili di via Corridoni), mentre strada facendo sono entrati a far parte del nosocomio i servizi territoriali, come il centro prelievi”. “Ancora oggi – ha rimarcato l’ingegner Grifa – l’ospedale di Asti continua a essere uno dei pochi, in Italia, a essere dotato di un sistema di trasporto automatizzato: dai pasti per i ricoverati alla biancheria, tutto viaggia sui carrelli”. E per trasferire materiali di ridotte dimensioni, come le provette, funziona la posta pneumatica.
“Se dovessi indicare oggi quello che manca – l’analisi dell’ingegner D’Inzeo – direi un sistema di energie rinnovabili: tema di cui negli Anni Novanta, quando avviammo la progettazione dell’ospedale, si iniziava appena a parlare. Noi lavorammo soprattutto intorno all’obiettivo dell’affidabilità, per garantire le stesse condizioni di funzionamento degli impianti anche in condizioni critiche”.
Senza dimenticare che “il passaggio dal vecchio al nuovo ospedale – ha ricordato Ghigo – ha segnato per molti operatori sanitari un salto di mentalità, favorito anche da un diverso modello di organizzazione interna costruito attraverso studi e simulazioni mirate”.
Terminate le relazioni, la delegazione ha poi visitato gli ambienti, toccando tra l’altro stanze di degenza e ambulatori, spazi comuni e blocco operatorio, la terapia intensiva cardiologica e i magazzini. “Tra i servizi esterni che sono stati assorbiti in ospedale c’è anche la cucina” hanno ricordato i progettisti ed è parso naturale concludere la giornata di studio alla mensa del Massaia, con i piatti a km zero con cui l’Asl continua a farsi conoscere anche all’estero.
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