Capita in Francia: le sigarette elettroniche usa e getta spariscono dagli scaffali, messe al bando per legge. Il Parlamento, senza esitazioni, ha detto sì al divieto: un consenso raro, compatto, quasi simbolico, in un paese che a livello europeo è sempre stato uno dei più pulsanti nel panorama dello svapo.
Non si tratta di una questione sanitaria, ma di una presa di posizione netta sul piano ambientale. Quei piccoli tubi colorati, purtroppo spesso gettati ovunque come mozziconi digitali, diventano ora il bersaglio di una norma che vuole chiudere i conti con l’usa e getta. Addio dunque alle puff, almeno sul suolo francese, sia per i rivenditori all’ingrosso di prodotti da svapo che per quelli al dettaglio.
Dietro questa decisione c’è molto di più che un semplice provvedimento: c’è una strategia. Un piano, già annunciato dall’esecutivo, che mira a ridurre l’impatto del fumo — in tutte le sue forme — e a rafforzare una cultura del rispetto ambientale. Un messaggio forte, che parla ai più giovani e afferma che la leggerezza del gesto (spirare, poi buttare) ha un peso reale nel mondo in cui viviamo.
Non è un caso isolato: la Francia non fa che mettersi in scia ad un’onda lunga, che inizia a muoversi anche in altri Paesi europei. Una di quelle onde che prima sembrano brezza e poi diventano mare grosso.
Un divieto atteso: il percorso legislativo
Un provvedimento che non è piovuto dal cielo, ma è cresciuto a piccoli passi, tra le proteste ambientali, insinuandosi nelle pieghe della politica fino a diventare legge. Già da tempo, tra i banchi delle scuole e le panchine dei parchi, si vedevano ragazzi troppo giovani con le e-cig, leggere come caramelle e facili da nascondere. Troppo facili.
Un oggetto che si butta via dopo pochi tiri, pieno di plastica e nicotina, ha cominciato a far rumore nei palazzi del potere. E quel rumore, a un certo punto, è diventato un voto. Nessuna resistenza, nessun colpo di scena. L’approvazione è arrivata secca, come una porta che sbatte con decisione.
Nel cuore di questa scelta c’è qualcosa di più di un semplice no. C’è il bisogno di cambiare tono, di dire che certi gesti — oggi quasi banali — hanno un peso. E che lo Stato, ogni tanto, ha il dovere di alzare la voce, non per punire, ma per indicare una via.
Obiettivi dichiarati: salute pubblica e tutela ambientale
La stretta francese sulle sigarette monouso ha due volti ben scolpiti: la salute e l’ambiente. Due campi minati che, quando si toccano, non lasciano molto spazio all’indifferenza. Da un lato c’è la crescente preoccupazione per l’uso disinvolto di questi dispositivi tra i più giovani — liceali, persino studenti delle medie — attratti da aromi zuccherini e packaging sgargianti che ricordano più le bibite gassate che un prodotto legato al tabacco. Dall’altro lato, un problema materiale e visibile: tonnellate di rifiuti elettronici che si accumulano senza possibilità di riciclo efficace, perché quei dispositivi non si smontano facilmente, né si recuperano in maniera sostenibile.
Si tratta di una scelta dal doppio peso specifico. Un tentativo di invertire la rotta, di spezzare la catena dell’usa-e-getta che ormai ha preso il sopravvento, come se tutto potesse essere consumato e buttato nel giro di un respiro. Non è solo un tema di norme, ma di immaginario: insegnare che non tutto può essere masticato e sputato via, che esistono gesti con conseguenze che restano anche dopo che il fumo si è dissolto. Una questione di responsabilità, personale e collettiva, che oggi ha trovato voce in una legge.
Le reazioni: tra sostegno politico e dibattito sociale
Una legge, anche quando trova il Parlamento tutto dalla stessa parte, non sempre riesce a mettere tutti d’accordo fuori dalle mura istituzionali. Il divieto delle sigarette elettroniche usa e getta ha scatenato opinioni contrastanti, tra chi lo ha salutato come un passo avanti necessario e chi invece lo considera una mossa troppo drastica, magari affrettata. I toni, nei giorni successivi all’approvazione, si sono accesi soprattutto tra alcuni commercianti del settore e giovani consumatori, abituati a quel formato tascabile, pratico, alla moda. C’è chi parla di proibizionismo fuori tempo massimo, chi teme la nascita di un mercato nero, chi invece sottolinea come l’abitudine alla puff fosse ormai fuori controllo.
Eppure, nonostante le voci critiche, il sostegno al provvedimento ha trovato terreno fertile nell’opinione pubblica. Medici, pediatri, associazioni ambientaliste e scuole hanno accolto il divieto con un senso di sollievo. Alcuni sindaci, soprattutto nei centri urbani più esposti al fenomeno, hanno espresso una piena soddisfazione.