Ha 49 anni, è architetto ed è originaria della Puglia, ma da tanto tempo vive e lavora ad Asti: Debora Lombardi lo scorso gennaio ha partecipato con una serie di fotografie dal titolo “Between Art and Science” al concorso Internazionale Sony World Photography Awards – uno dei maggiori concorsi fotografici a livello mondiale organizzati dalla World Photography Organisation che vede ogni anno la candidatura di migliaia di fotografi provenienti da più di 200 Paesi – ed è stata selezionata nella short list dei finalisti per la categoria “Wildlife & Nature”. Le sue foto verranno esposte nella galleria londinese Somerset House e da lì gireranno poi tutto il mondo: a seguito di questo piazzamento, il suo lavoro sui fiori agli ultravioletti ha avuto un notevole richiamo, ricevendo richieste di pubblicazione su siti, blog e magazine sopratutto esteri.
Da venerdì 8 e fino al 10 aprile una delle fotografie di Debora sarà esposta al Salone Internazionale di Arte Contemporanea al Carrousel du Louvre di Parigi.

Come e quando nasce la tua passione per la fotografia e che parte ha oggi nella tua vita?
“La fotografia accompagna e arricchisce da sempre la mia vita e il mio lavoro; da piccola rubavo la Polaroid di mio padre (di cui era gelosissimo e che tirava fuori solo per le grandi occasioni) e ne sprecavo le pellicole per realizzare delle istantanee improbabili che oggi verrebbero definite “sperimentali”; ho sempre avuto una macchina fotografica con me perché è sempre stata forte in me l’esigenza di conservare i ricordi, testimoniare gli eventi. Crescendo e specializzandomi in comunicazione visiva, la fotografia è diventata per me mezzo di indagine, oltre che un modo per dare voce a visioni alternative della realtà”.

Quando hai avuto l’idea?
“È durante il lockdown del marzo 2020 che la fotografia diviene anche la mia principale valvola di sfogo, dandomi la possibilità di non subire il “blocco” ma di trasformarlo in uno stimolo creativo e sperimentale allo stesso tempo.
Una sera, mi sono imbattuta nel blog di un biologo che illustrava l’affascinante fenomeno della fluorescenza di fiori e piante colpiti da luce ultravioletta, ho pensato subito che sarebbe stato interessante declinare questo fenomeno naturale in qualcosa di artistico e ho iniziato così a vagare con la mente mentre il mondo era fermo. Inizialmente raccolgo piante e fiori dal giardino condominiale (perché oltre non si può andare), sperimento dapprima su quelli più strani che possono innescare nell’immaginario di chi li guarda l’idea visiva del virus. Nasce così il mio primo progetto di fotografia a fluorescenza visibile indotta dall’ultravioletto “Covid-19 UVIVF” (pubblicato dalla rivista NPhotography n.105 e su siti del settore come il fotografo.it), piante e fiori che sollecitati da luce UV emettono una fluorescenza che li rende misteriosi, mostruosi e affascinanti allo stesso tempo; è un po’ come vedere il virus al microscopio elettronico.

Stai già lavorando a nuovi progetti?
“La fotografia a fluorescenza visibile indotta dall’ultravioletto ormai è la mia passione e continuerò sicuramente a sperimentare in questo ambito. Parallelamente ho sempre portato avanti anche altri progetti, uno tra tutti quello di una fotografia intimista e legata al paesaggio marino (dove sono le mie radici), per appagare l’esigenza di calma, ordine interiore e visivo che in questo periodo tormentato un po’ tutti abbiamo”.

Marianna Natale