“Mi chiamo Fatima e ho bisogno di aiuto”. Sono le parole di Fatima Issah al suo arrivo ad Asti, nel 2007, quando proprio grazie a quella telefonata, e alla risposta che ha trovato dall’altra parte, si è salvata dal fenomeno della tratta. In occasione della nona Giornata Mondiale di Preghiera contro la Tratta di esseri umani, l’Ufficio Pastorale Migranti ha organizzato la Santa Messa a Rocchetta Tanaro, presieduta dal vescovo Marco Prastaro, dove Fatima ha portato la sua testimonianza. Era venuta in Italia lasciando il suo Paese, il Ghana, il suo lavoro da poliziotta carceraria e la sua famiglia per inseguire le false promesse di chi le aveva garantito aspettative lavorative migliori. Eppure, il lavoro serale che la aspettava realmente una volta arrivata in Italia, era quello sul ciglio di una strada. A rispondere alla sua chiamata quella sera è stato Alberto Mossino, presidente di Piam Onlus che ha aperto per Fatima un’altra strada, quella della possibilità. 

Dove inizia la sua storia?

“Sono nata in Ghana e sono cresciuta ad Accra, dove ho studiato fino alle scuole superiori e poi in una scuola di cucito per tre anni. Dopo gli studi sono entrate nell’esercito come guardia carceraria e successivamente ho iniziato a lavorare come insegnante di cucito in prigione, prima in un carcere maschile, poi in uno femminile e poi in un carcere minorile”. 

Quando e come le sono state proposte aspettative lavorative in Italia?

“Con il mio lavoro guadagnavo poco. Ho conosciuto un signore che mi diceva che ero sprecata per quel lavoro, e che in Italia avrei guadagnato molto di più facendo le stesse cose. Mi ha proposto quindi di venire in Europa con lui e ho accettato: avevo due figli da mantenere, pensavo fosse una buona opportunità. Dopo aver fatto il passaporto abbiamo iniziato il viaggio per Dubai, poi Istanbul, il Kosovo, la Macedonia, infine la Grecia, prima di arrivare in Italia. Lui mi ha lasciato prima dell’ultimo volo per Milano, dicendomi che in aeroporto ci sarebbe stata una persona a prendermi. Quando sono atterrata, un signore mi aspettava con un foglio con sopra il mio nome, e insieme a lui sono arrivata a Torino”. 

Quando ha capito che cosa stava realmente succedendo?  

“Mi hanno portata in una casa, dove una signora mi ha detto riposarmi perché la sera dopo avrei lavorato. Non capivo perché avrei dovuto lavorare la sera, siccome pensavo di lavorare come guardia carceraria. Ho chiesto se il lavoro sarebbe stato in un ristorante ma ho capito che non sarebbe stato così. Mi hanno detto che avrei dovuto pagare un debito di 45 mila euro e ho subito capito che dovevo scappare. Ho fatto finta di accettare e la prima sera che mi sono trovata in strada una ragazza mi ha lasciato il volantino di Piam, dicendomi di chiamarli se avessi avuto bisogno di aiuto. Ho chiamato subito e mi hanno detto che sarebbero venuti a prendermi alla stazione”. 

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 17 febbraio 2023

 Federica Bassignana