Impressionante il curriculum di Gianfranco Ruscalla nelle competizioni internazionali, il 2011 è l’anno del quarto iride consecutivo di Lento Fumo (dopo gli exploit del 2008, 2009 e 2010). Nel 2004 è stato campione europeo, nel 2003 ha vinto la Coppa del Mondo senza dimenticare, come ha aggiunto lui, “4 secondi posti consecutivi, tanti podi e tanti piazzamenti”. Detiene dal 2008 il record del mondo, 3 ore e 33 minuti, ottenuto migliorando la sua stessa prestazione di 3 ore e 18.
Nei forum specializzati di Internet si legge del “campione del mondo astigiano di lento fumo” o del suo “doppio primato del mondo (con tanto di numero esoterico e palindromo, 3 ore e 33 minuti)”. C’è gente che chiede che tabacco usi e che pipa usi per essere così competitivo. C’è gente che sta fumando in questo momento con l’intento di strapparti il record. Che effetto fa essere un campione del mondo?
“È buffo, direi. E anzi mi crea un po’ di imbarazzo. Gareggio dall’83, ho iniziato quasi per caso, guardando i campionati italiani che si svolgevano quell’anno a Torino e ho scoperto di avere, per così dire, una buona predisposizione. Ho fatto tanta gavetta, comunque. E ho messo tanta passione”.
C’è una musica ideale per il lento fumo?
“Io non ascolto musica, non riesco a fare nient’altro. Ma è una mia abitudine: il mio più grande avversario si infila le cuffie dell’Ipod. La musica potrebbe togliermi concentrazione, il suo ritmo sfaserebbe il mio. Ma se dovessi scegliere, sceglierei il divino Bach. Lui di certo non ti agita”.
La lentezza, quindi, diventa un valore assoluto. È vero che, come scrive Kundera, “il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio”?
“Verissimo, soprattutto nella società di adesso. C’è questa parola magica che usiamo dappertutto, “nuovo”, dalla pubblicità in avanti: tutto quello che è nuovo deve per forza essere migliore del vecchio e, quindi, dobbiamo avere sempre di più, vedere sempre di più, sempre più in fretta, allargare il nostro sguardo su porzioni sempre più ampie di superficie. Nessuno si prende il tempo di scendere in profondità. Io credo nel valore della profondità che è fatica e conquista. L’uomo ha bisogno di profondità, per ancorarsi in qualche modo. E lo smarrimento in cui viviamo oggi mette a nudo una società disancorata”.
In uno sbuffo di fumo, i contorni del campione del mondo si sovrappongono a quelli, meno mondani ma altrettanto significativi, di professore di filosofia.
Davide Cavagnero