La prima edizione del Festival Lieve si è aperta con una grande serata di sport al Palco 19, con un’ospite di eccezione: l’indimenticabile calciatore Gianluca Zambrotta. 

Alla presenza dell’assessore allo sport (ormai ex) del Comune di Asti, Mario Bovino e sollecitato dalle domande del giornalista Davide Chicarella, Gianluca Zambrotta, campione mondiale nel 2006 in Germania, ha parlato a cuore aperto della sua esperienza sportiva e umana permettendoci di scoprire il valore della persona che va ben oltre quello del campione. Esterno a tutto campo (come si usa dire oggi) di caratura mondiale, Zambrotta ha partecipato a tre Mondiali e tre Europei e vinto una infinità di trofei, vestendo, fra le altre, le maglie della Juventus, del Barcellona e del Milan. 

Gianluca è partito raccontando dei suoi esordi  in uno dei vivai più importanti d’Italia, quello del Como, con il passaggio in prima squadra e poi l’arrivo al Bari di Matarrese e Regalìa con in panchina un certo Eugenio Fascetti che li portò dalla C alla A. Infine il grande salto alla Juventus.

“Non ho mai avuto difficoltà ad ambientarmi sia in provincia che in un grande club – ha dichiarato, – perché ho sempre lavorato con grande sacrificio e abnegazione”.

“I miei miti di ragazzo erano Pelè e Maradona , poi Ronaldo e Messi con cui ho anche avuto la fortuna di giocare…”. “Alla Juve con Ancelotti cominciai come ala, poi l’arrivo di Camoranesi mi costrinse ad arretrare e diventai terzino… Ma non mi dispiaceva affatto”.

Che ricordo ha di Lippi? 

“Lippi lo ricordo soprattutto ai Mondiali del 2006. C’era Calciopoli… Io giocavo nella Juve… Lui seppe isolarci, creò una bolla, dovevamo pensare solo al Mondiale. Fu creato uno scudo che insieme alla coesione del gruppo ci portò alla vittoria”. 

Che differenze di emozioni tra i rigori di Manchester 2003 (finale di Champions ) e quelli di Berlino 2006 finale dei Mondiali? 

“A Manchester nessuno voleva tirarli, a Berlino c’era la fila… Io sono sempre rimasto fuori dalla lista perché non ero proprio capace”. 

E cosa successe quattro anni dopo? 

“Arrivavamo da campioni in carica. C’erano molte aspettative, ma andò tutto storto. E’ comunque più facile vincere che ripetersi: non c’è più il fattore sorpresa, hai più responsabilità e gli avversari sono più competitivi. La stessa cosa vale per i nostri ragazzi vincitori all’Europeo che adesso devono qualificarsi per i Mondiali in Qatar. Si alza l’asticella e tu devi essere in grado di competere; sei sotto i riflettori”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 3 dicembre 2021

Massimo Allario