Il coronavirus ha forse allentato la sua presa? In Piemonte le vittime sono ferme a 4.107 (dati di mercoledì 8 luglio diffusi dall’Unità di Crisi), salgono anche i virologicamente guariti (25.245, +43 rispetto al giorno precedente) e i contagi aumentano di poco (31.459, +25). Numeri che fanno pensare a un netto passo in avanti rispetto ai mesi scorsi in cui la pandemia mieteva morti e contagiati. E il Piemonte è stata una delle regioni più colpite, vessate dall’emergenza. Colpe? Recriminazioni? C’è chi ha parlato di pasticcio piemontese, chi ha puntato il dito sui problemi strutturali della sanità regionale. Ne parliamo con l’assessore regionale alla Sanità Luigi Genesio Icardi.

A che punto è il Piemonte?

“Direi che la situazione è tranquilla. Tutto il Piemonte e  le nostre province hanno raggiunto il valore di “bianche”: il livello di rischio è quindi basso. Ogni giorno ci sono dei positivi e alcuni casi di positivi asintomatici specie nelle Rsa ma ritengo che oggi sia una situazione a basso rischio. L’epidemia è a livelli minimi anche grazie alla responsabilità di tutti: dopo il “lockdown” abbiamo mantenuto le regole di distanziamento sociale e le norme per la sicurezza che ci hanno portato alla situazione attuale”.

Si può tracciare un bilancio di questi ultimi mesi di pandemia in cui il Piemonte è stato anche al centro di pesanti critiche?

“Tutte le regioni maggiormente colpite dal covid sono state oggetto di critiche ma non bisogna mai dimenticare che spesso dietro a esse ci sono degli interessi. Le strutture che hanno responsabilità oggettive cercano di scaricarle sulle Regioni. Poi c’è la rabbia di chi ha perso qualcuno, di chi ha avuto persone in difficoltà a causa del covid. Certo è che, almeno inizialmente, la scienza non sapeva dare risposte certe, il quadro normativo era altalenante e contraddittorio e questo ha influito. Il  bilancio che posso fare è che il Piemonte è paragonabile alle altre regioni maggiormente colpite ma a oggi ha una situazione migliore rispetto, ad esempio, all’Emilia Romagna. Abbiamo avuto contagiati in più ma questo perché li siamo andati a cercare. Il vero dato che conta è quello delle vittime e ne abbiamo meno rispetto all’Emilia Romagna (all’8 luglio le morti per covid in Emilia sono state 4.269, ndr). Le critiche quindi sono state faziose o strumentalizzate, ma credo che in Piemonte potesse andare molto peggio”.

Che futuro ci aspetta oggi?

“Sono di ritorno proprio ora da una commissione salute dove è emerso il timore che nell’autunno possa esserci una nuova ondata. Noi però oggi siamo più preparati. Nell’incontro ho fatto presente la mia posizione sui vaccini antiinfluenzali. E’ importante vaccinarsi per limitare in futuro i casi di equivoci nell’eventualità di un nuovo picco di coronavirus. Anzi  ho proposto al ministro che i vaccini antinfluenzali diventino gratuiti per gli over 60 e per tutti gli operatori sanitari. Vero è che nel caso di questa eventualità (un nuovo picco in autunno) siamo più strutturati sul territorio. Abbiamo un protocollo importante e strategico per le cure a domicilio da applicare nelle prime 72 ore dall’insorgenza dei sintomi. Oggi gli ospedali piemontesi sono quasi vuoti, stiamo dimettendo la maggior parte dei pazienti e in terapia intensiva ne rimangono solo sette (siamo a mercoledì, ndr). Ma questa esperienza ha messo in luce in modo evidente alcune criticità del sistema sanitario piemontese: gli ospedali hanno saputo reggere l’ondata. A tutti i pazienti che lo necessitavano abbiamo dato ricovero o un posto in terapia intensiva a seconda delle esigenze; quindi posso dirmi orgoglioso della risposta ospedaliera: nessuno è stato messo in condizioni di non essere curato e questo non è accaduto ovunque. Siamo stati però carenti sul territorio e sulla prima linea. La sanità territoriale è stata travolta, non aveva la struttura e non era preparata in termini qualitativi e quantitattivi. Ora anche il territorio è più robusto, le falle emerse sono state colmate”.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 10 luglio 2020.