La tenuta economica delle aziende agricole è a rischio, a seguito di prezzi non remunerativi corrisposti a fronte di prodotti che, nonostante le difficoltà climatiche e gli agenti patogeni, mantengono buone proprietà. Il consumatore paga inoltre il prezzo di un sistema non equo, ed è soggetto a sua volta a squilibri di mercato.
Cia Alessandria-Asti traccia il quadro di una situazione difficile per gli imprenditori associati, che si trovano a fare i conti con costi di manodopera e di produzione in costante aumento, cambiamento climatico che impatta fortemente sulla quantità raccolta (come il caso delle nocciole) e un mercato che non corrisponde l’impegno necessario per chiudere la campagna agraria ad alti livelli.
I cereali hanno una produzione qualitativa nella norma, meno bene invece la resa delle nocciole, stressate dal cambiamento climatico che ha provocato una cascola impattante nel mese di luglio e molti gusci vuoti al momento della raccolta. La vendemmia è di buona qualità ma per alcuni vitigni il mercato è in crisi. Emblematico il caso del riso, per cui Cia ha fatto appello ai produttori di non svendere il risone, a causa di una speculazione in atto dell’industria.
Secondo l’Istat i prezzi al consumo dei beni alimentari in Italia (cibo e bevande non alcoliche) risultano avere raggiunto a luglio 2025 un livello più elevato del 30,1% rispetto a quello medio del 2019. Ma il settore primario non ha registrato un incremento dei prezzi corrisposti al produttore.
Tra i costi di produzione in aumento si ricordano, tra gli altri: gasolio, prodotti fitosanitari, concimi.
A pagarne le conseguenze, quindi, sembrano essere i produttori e i consumatori, primo e ultimo anello di una catena del valore disequilibrata.