Si presenta martedì 25 novembre alle 17.00, nella Sala Verde del Municipio di Castell’Alfero (Asti), la decima edizione di Oro Incenso Mirra – Presepi nel Monferrato.
Saranno otto i comuni coinvolti quest’anno nella rassegna, che prenderà il via ufficialmente sabato 7 dicembre: Aramengo, Castagnole delle Lanze, Castagnole Monferrato, Castell’Alfero, Cocconato, Frinco, Monale e San Damiano.
 
Durante la presentazione di Castell’Alfero, si terrà, a cura dell’Ecomuseo BMA, un momento di spettacolo dedicato ad “Artabàn. La leggenda del quarto Re Mago”, il poema contadino di Antonio Catalano che narra del Re Magio che ha smarrito la stella, ha vagato per trentatré anni impegnando la sua vita ad aiutare i poveri e gli oppressi, e infine è giunto a Gerusalemme il giorno della Crocifissione. Un interessante impianto narrativo mitico circolare, che unisce il Natale alla Pasqua. Questo personaggio, che è protagonista di una vasta letteratura internazionale, rivela un legame territoriale con l’area di Langa e Monferrato, come il pastore Gelindo.
Il gruppo folk di Castiglione d’Asti “J’Arliquato” proporrà alcuni canti popolari natalizi.
Al termine è previsto un momento conviviale.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
 
 
Dello spettacolo di parla Patrizia Camatel, collaboratrice del progetto per l’Ecomuseo Bma
 
Che cosa rappresenta Artabàn e perché questa figura del “quarto Re Mago” continua a parlare al pubblico di oggi e affascinare?


“Il Quarto Re Mago è il più “umano” dei Magi. Non è una statuina da Presepe, fissata in posa per sempre. Artabàn infatti “si perde”, fa strade alternative, erra per tutta la vita e intanto incontra il mondo e i bisognosi. Cosa c’è di più umano che sbagliare, cambiare piani, non sapere cosa fare e dove andare, e poi capire un giorno che proprio in quell’errare sta il senso? Gli altri Magi vedono la Stella, vanno a Betlemme, tornano a casa, son sempre uguali a se stessi. Artabàn “diventa” se stesso mentre viaggia, pensa, aiuta il prossimo. E cosa c’è di più immortale e contemporaneo del tema dell’aiutare il prossimo, dell’accorgersi di chi ha bisogno (non solo di beni materiali)? I Magi portano i doni noti, oro incenso e mirra, ma il Quarto Re è la nostra possibilità di chiedere un ulteriore dono, ciò di cui il mondo ha urgenza”.


Il viaggio di Artabàn unisce simbolicamente Natale e Pasqua: come nasce tradizione e quale messaggio desidera trasmettere?


“La figura senz’altro nasce nella mitologia del calendario contadino della nostra terra. È lì che ne ha trovata un’orma il prof. Piercarlo Grimaldi, antropologo. Egli ricorda il padre sarto che mentre cuciva salmodiava: “Quattro sono i tre Re Magi…” Una formularità antica, che attiene al mondo magico-rituale contadino e che unisce il momento della fine dell’annata agraria, dell’inverno, ai riti della rinascita primaverile”.


Il legame il Piemonte, il Monferrato in particolare, è forte: in che modo il territorio ha influenzato il racconto e la sua interpretazione scenica?


“Pur essendo Catalano di origine lucana, egli si è trasferito ad Asti con la famiglia fin dall’infanzia. Grazie al legame di amicizia e poi di collaborazione artistica con Luciano Nattino si è lasciato “impregnare” da storie popolari monferrine, come il Gelindo, altra figura del nostro presepe (che infatti appare nel racconto di Catalano). Per la composizione dell’operina poetica, pur partendo dai dati antropologici e letterari (ci sono in letteratura molti autori che hanno trattato la figura del Quarto Re, tra cui Pasolini), Catalano ha attinto dal suo mondo poetico che ci è ben noto, i personaggi “Meravigliati”, con occhi puri di bambini, che ancora si accorgono della bellezza che ci circonda e di quanto accade intorno a noi. Gli incontri di Artabàn (l’assetato, il ladrone, gli innamorati, la madre dell’Innocente…) formano una teoria di quadri in cui si sviluppa il tema dell’ascolto, del prendersi cura, dell’agire in prima persona.
Nella versione “catalanica” Artabàn giunge a Gerusalemme in tempo per incontrare Gesù risorto (altre versioni lo fanno arrivare alla Crocifissione, lì Artabàn muore sfinito ed è il primo ad entrare con Gesù in Cielo); dopo l’incontro, in cui i due si chiedono sostanzialmente “e ora cosa facciamo?”, entrambi si rimettono in cammino, ed ecco tornare a quel concetto tradizionale contadino dell’eterno ritorno dell’uguale, la circolarità dei ritmi della vita naturale, ma anche una riflessione sulla necessità di non sentirsi mai arrivati, mai chiusi al mondo e al suo divenire”.