Il commento al Vangelo di domenica 23 novembre (Lc 23, 35-43) a cura di Serena Avveduto
Oggi si celebra la Solennità di Cristo Re dell’Universo.
Spesso mi sono domandata chi sia questo re, completamente fuori dagli schemi, che ha una grandissima forza nonostante non possieda né esercito né armi.
Un re che, però, interviene molte volte nella storia di un popolo debole e fragile, Israele, determinandone la vittoria su nemici invincibili.
E proprio Lui, così grande e potente, si fa uomo e scende sulla terra, ma non impugna uno scettro come un sovrano, bensì sceglie di insegnarci qualcosa di molto più importante: amare.
Dio, attraverso la morte di Gesù sulla croce, ci mostra quanto il suo amore sia così immenso da perdonare tutti, senza alcun tipo di giudizio.
E il ladrone, accanto a lui sulla croce, coglie a pieno questa grandezza e capisce chi é veramente quell’Uomo inchiodato ingiustamente, che non si ribella.
Nonostante si riconoscesse peccatore e probabilmente non degno di essere perdonato, chiede a Gesù: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” e solamente questa sua umile richiesta lo salva.
Molte volte mi rivedo nel ragionamento dell’altro ladrone, “Se sei il Cristo salva te stesso e salva anche noi”, con l’idea che Dio debba risolvere i miei problemi, ma questo Vangelo ci invita a chiedergli cose molto più grandi, domandargli di essere salvati, affinché lui porti pace dentro ciascuno di noi.
Gesù ha dato la sua vita per noi e per la nostra salvezza e, come il buon ladrone, se lo desideriamo, siamo attesi in paradiso.


