carabinieriC’è la ‘ndrangheta dietro l’omicidio di Nicola Moro. E’ solo uno degli aspetti emersi nel corso della composita indagine portata a termine questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Asti. L’inchiesta era scattata nel settembre 2011 dopo il ritrovamento dell’imprenditore ferito da colpi di pistola in una zona vicino al casello autostradale di Villanova. L’uomo, abitante a San Paolo Solbrito, era morto poco dopo l’arrivo dei carabinieri, rivelando alcuni primi dettagli utili alle indagini. Da quelle prime informazioni i militari hanno cominciato a indagare scoprendo i collegamenti della vittima con diversi personaggi di origine calabrese che gravitano tutti nel Torinese. Moro avrebbe avuto stretti contatti con diversi calabresi tutti abitanti nell’hinterland di Torino. Proprio questi personaggi, con collegamenti diretti con la cosca “Locale di Cirò”, avrebbero consegnato a Moro 300 mila euro per mettere in piedi un grosso traffico di droga dalla Colombia al Piemonte. Il compito di Moro sarebbe stato quello trasportare cocaina e pasta di cocaina via mare dal Sud America, coprendo il traffico con l’importazione di pesce. Moro infatti era titolare della società Fischerhaus che all’epoca gestiva tre pescherie una ad Asti, in corso Matteotti, una a Costigliole, in via Roma, e l’altra a Villlanova, all’interno di un supermecato. Attività chiuse poco prima del delitto e che  sarebbero state una copertura per il traffico di stupefacenti. L’errore di Moro, abitante a Dusino San Michele, sarebbe stato quello di non onorare i patti, non organizzando il maxi trasporto dalla Colombia e usando il denaro per saldare i suoi debiti e investendolo nelle proprie attività nella speranza di poter rientrare delle spese. Non è andata così e ha pagato con la vita. Proprio lavorando per risolvere questo delitto gli inquirenti coordinati dal comandante provinciale Fabio Federici hanno scoperto una serie di reati non collegati direttamente all’inchiesta ma che gravitavano comunque intorno al gruppo di calabresi direttamente in contatto con una delle cellule attive dell’associazione a delinquere. Sono emersi reati legati al possesso di armi e droga Nel maggio 2013 i militari avevano scoperto la presenza di un’enorme “serra” di marijuana nascosta in tre magazzini della ditta Central Gru di Caselle, blitz che aveva portato all’arresto dei due “giardinieri” e alla denuncia di altre persone. La vasta operazione nel complesso ha portato all’emissione di sei provvedimenti di custodia cautelare in carcere emessi dal gip Elena Rocci su richiesta di Stefano Castellani  e Sandro Ausiello della procura della Direzione Distrettuale Anti Mafia di Torino. Nei guai sono finiti Giuseppe Bossio, 54 anni, calabrese residente a Rosta, e Giuseppe Chiricosta, classe ‘57, abitante a Santena, accusati sia dell’omicidio che di aver agevolato l’attività di un’associazione a stampo mafioso. Entrambi sono accusati anche di aver portato in luogo pubblico una pistola calibro 9 parabellum considerata arma da guerra. Maurizio Russo, 53 anni, di Vercelli deve invece rispondere della coltivazione illecita della droga nei capannoni della Central Gru; Thomas Pochì, classe ‘92, di Rivoli, è accusato invece di un ingente acquisto di hashish da diversi fornitori e da rivendere poi a terzi; mentre Massimo Agostinelli, 49 anni, deve rispondere assieme a Giuseppe Bossio di aver detenuto la Derringer e il kalashnikov. Gli uomini sono stati arrestati alle luci dell’alba di giovedì 7 maggio. Nel corso delle attività svolte dal 2011 ad oggi sono finiti in carcere altri sei soggetti per possesso di droga. Durante l’indagine sono stati scoperti 129 reati, denunciate 36 persone, sequestrate 36 chili di stupefacenti e 80 mila euro di contanti.