32 campi nomadi presenti in Regione sono il dato di fatto e dicono la consistenza e la rilevanza del problema. Si aggiunga la sostanziale assenza di soluzioni all’orizzonte in un clima di generale crescente, diffusa ostilità da parte dell’opinione pubblica, non sempre motivata da fatti reali.

È quanto emerso nell’incontro svoltosi ieri a Torino nella sede dell’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani), richiesto nei mesi scorsi per iniziativa dell’Assessorato Politiche sociali per aprire un confronto utile su un tema definito a ragione “difficile e delicato”.

Tutte Amministrazioni, la Città metropolitana come comuni e paesi di media grandezza, alle prese con insediamenti di lunga data, situati in aree marginali e con l’esigenza di assicurare  livelli essenziali  di vivibilità, igiene, insieme a un censimento costante dei movimenti, la verifica di redditi e patrimoni, il  rispetto della legalità. Da intendersi non a senso unico,  perché come richiamato dal Dirigente del Servizio stranieri del Comune di Torino “se va definita con chiarezza una elencazione di reati di varia natura, e non dare segnali di impotenza, occorre però offrire soluzioni a chi rispetta le regole”.

L’Assessore Mariangela Cotto, aggiornando della situazione astigiana, creatasi nel 2001 – 2002, con gli insediamenti di via Guerra 27, 77 persone di cui 14 minori e di via Guerra 36, 242  persone di cui 126 minori, di località Vallarone 27 residenti di cui tre minori (dati al 26.10.2017), ha espresso la posizione dell’Amministrazione “Siamo per un superamento dei campi, l’Europa fissa il limite al 2020, occorre accompagnare le persone verso soluzioni abitative in acquisto o in affitto”.

E la centralità della questione abitativa insieme a istruzione, lavoro e salute sono al centro della Strategia nazionale di inclusione dei Rom, dei Sinti e dei camminanti 2012 -2020 (Unar 2012, Ufficio nazionale antidiscriminazioni della Presidenza del Consiglio) andata meglio chiarendosi con l’esperienza in varie regioni italiane.

“Quindi  il tema dei finanziamenti di politiche inclusive resta il fulcro delle decisioni da intraprendere”  ha chiarito Elide Tisi, vice presidente di Anci Piemonte con delega alle Politiche di Welfare, Immigrazione, Edilizia sociale, che ha fornito un quadro  purtroppo recessivo dei provvedimenti economici via via succedutisi, “una legge regionale da cinque, sei anni senza copertura finanziaria, fondi ministeriali  non utilizzati e una attenzione andata a calare con l’imporsi della crescente ondata migratoria dal Mediterraneo”.

Presenti all’incontro anche gli Assessori alle Politiche sociali di Carmagnola Vincenzo Inglese, qui tre i campi e 350 persone di etnia Sinti, e di Collegno Maria Grazia De Nicola con un insediamento di 128 tra adulti e bambini Rom.

Gli amministratori hanno concordato la decisione di a) riaprire un’interlocuzione con la Regione interagendo con i Comuni coinvolti per definire risorse e condizioni volte al superamento dei campi nomadi  e a favore del sostegno abitativo, b) la creazione di un gruppo di lavoro dell’Anci Piemonte per verificare possibilità di finanziamento sugli attuali fondi europei, c) instaurare rapporti  di elaborazione e definizione normativa con l’Autorità giudiziaria e le forze dell’ordine, d) considerare i regolamenti in essere dei Comuni  che hanno campi autorizzati.

Il Sindaco Maurizio Rasero condividendo il percorso intrapreso sostiene che “il problema vada gestito insieme agli altri Comuni piemontesi, la Regione e il Governo, con l’obiettivo di ottenere dall’Unione europea oltre agli indirizzi anche i finanziamenti più adeguati”.

Al netto di quanto si riuscirà a fare si avverte l’urgenza di un deciso cambio di passo.

r.g.