Ad Asti dal 23 giugno al 3 luglio 2022 torna AstiTeatro, lo storico festival di teatro nazionale e internazionale, con la direzione artistica di Emiliano Bronzino, giunto alla quarantaquattresima edizione, organizzato dal Comune di Asti, con la collaborazione della Rete PATRIC e il sostegno di Regione Piemonte, Fondazione CRT, Fondazione CrAsti, Banca di Asti e MIBACT. Maggiore sostenitore è la Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando “ART~WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena” che guarda al consolidamento dell’identità creativa dei territori attraverso il sostegno alla programmazione nel campo delle performing arts e alla produzione creativa contemporanea, unendo ricerca, produzione, offerta e distribuzione in una logica di ecosistema per rafforzare le vocazioni artistiche del territorio.

44 edizioni dal 1979 hanno visto passare ad Asti infinite espressioni drammaturgiche e teatrali, co-produzioni internazionali con festival come Avignone, Kilowatt e Spoleto, oltre a innumerevoli prime nazionali. Asti da 44 anni è una città che respira teatro e che durante il festival diventa teatro, e ha modificato il suo assetto architettonico anche in quest’ottica, con interventi di riqualificazione urbana che hanno portato a nuovi luoghi di aggregazione e, nel centro storico, suggestive location per spettacoli teatrali.

AstiTeatroè un festival con la vocazione di luogo di scambio e di ritrovo. Dal 2017 il direttore artistico del festival è Emiliano Bronzino, regista diplomato al Teatro Stabile di Torino, sotto la direzione artistica di Luca Ronconi, per il quale ha lavorato come assistente per anni. È regista per il Piccolo Teatro di Milano, direttore artistico della Fondazione TGR Onlus e ha collaborato a lungo con Spazio Kor, Fondazione TPE e per l’INDA al Teatro Greco di Siracusa.

Spiega Bronzino: “In questi anni difficili AstiTeatro ha dimostrato di essere non solo un appuntamento fondamentale tra i festival nazionali di teatro, ma di essere una rassegna attesa dal nostro pubblico e vissuto come un momento importante dell’estate astigiana. Questa vitalità del Festival ci permette di guardare con fiducia ai prossimi anni, perseguendo gli obiettivi che ci siamo prefissati: collocare AstiTeatro come eccellenza nazionale e realizzare una attività che crei una sinergia forte tra Città e Festival. Per raccontare le linee tematiche dell’edizione 44 di AstiTeatro dobbiamo partire dall’importanza del Festival come vetrina drammaturgica nazionale, l’attenzione per la nuova drammaturgia italiana è al centro della proposta del Festival. Vanno citati anche i molti debutti presenti nel cartellone di quest’anno, a dimostrazione della forza attrattiva di AstiTeatro. Segnaliamo anche un filone tematico che si occuperà dell’utilizzo delle nuove tecnologie nello spettacolo dal vivo, riflessione fondamentale dopo due anni di sperimentazione di modalità differenti di fruizione. Quest’anno ospiteremo in particolare il lavoro di Fabrizio Sinisi, con il debutto di due suoi lavori, con l’idea di creare un focus su un autore vivente ogni anno. Anche quest’anno perseguiamo l’idea di offrire il festival al maggior numero di spettatori possibili, con appuntamenti per famiglie e musicali; con il desiderio di valorizzare spazi con appuntamenti site-specific, perseguendo l’obiettivo che ci ha guidato in questi anni di realizzare un Festival a disposizione della città”.

Aggiunge il dirigente del settore cultura e direttore del Teatro Alfieri Angelo Demarchis: “AstiTeatro ritorna quest’anno nella sua collocazione “temporale” storica, cioè tra l’ultima decade di giugno ed i primi di luglio. Questo a dimostrazione di un’esasperata volontà di ritorno alla normalità, a dispetto di tutte le difficoltà e di tutte le emergenze, vecchie e nuove, che dobbiamo continuare ad affrontare. Anche il ritorno della manifestazione prequel Scintille, in passato molto seguita, va letta nel segno del recupero del feeling con il pubblico degli appassionati, parzialmente privato in questi anni dell’offerta culturale e delle conseguenti occasioni di socializzazione che Asti era solita offrire, prima della pandemia. Scintille si svolgerà, pur mantenendo la consueta cadenza dei tre spettacoli serali in ciascuna delle quattro sedi, negli stessi cortili dei Palazzi storici (Palazzo del Michelerio, Palazzo Mazzola, Palazzo Alfieri e Palazzo Ottolenghi) che poi ospiteranno gli spettacoli di AstiTeatro e che rappresentano il cuore dell’offerta culturale cittadina”.

“Siamo lieti di contribuire alla realizzazione della quarantaquattresima edizione del Festival Asti Teatro – afferma Francesca Gambetta, responsabile della Missione Creare Attrattività della Fondazione Compagnia di San Paolo – La programmazione di AstiTeatro, selezionata nell’ambito del Bando Art~Waves, si colloca all’interno del progetto PATRIC Next di cui il Comune di Asti è capofila. Il progetto rappresenta un esempio virtuoso di partenariato pubblico-privato e propone un’offerta culturale di alto livello per il territorio. La presenza di due progetti di produzione sostenuti da Art~Waves all’interno della programmazione di Asti Teatro sottolinea la capacità del Comune di Asti e dei suoi partner di posizionarsi quale nodo principale di produzione, offerta e distribuzione per il territorio, attraendo talenti e realtà nazionali di rilievo”.

Due le mission che Emiliano Bronzino ha deciso di affrontare nella direzione artistica di AstiTeatro: generare un bene al servizio della Città di Asti e del suo territorio, e consolidare l’identità del festival e il suo ruolo nel panorama nazionale. Importanti per AstiTeatro anche le collaborazioni, come quella con il Festival delle Colline Torinesi, Kilowatt Festival, Attraverso Festival, In Scena! Italian Theater Festival New York e, nelle ultime edizioni, con Associazione Craft, con la quale si è sviluppata una particolare attenzione verso la creatività giovanile e il coinvolgimento degli under 25, non solo come pubblico ma co-progettando con loro percorsi laboratoriali e momenti di incontro con i protagonisti del festival.

Il festival AstiTeatro continua la sua azione di promozione delle nuove produzioni, ospitando nel 2022 diversi debutti e anteprime nazionali. Pietre nere di e con Enrico Castellani, Valeria Raimondi, una co-produzione con Babilonia Teatri (La Corte Ospitale), spettacolo che si sta sviluppando in periodi di residenza ad Asti e di incontro con i cittadini e artisti locali under 25. Altro debutto che prevede un coinvolgimento del pubblico nella fase finale del lavoro sarà quello di Secret Sacret di Teatrialchemici con Ugo Giacomazzi e Luigi Di Gangi che firmano drammaturgia, regia e recitazione. In programma anche Vita, Amore, Morte e Rivoluzione, vincitore del Bando ART-WAVES di Fondazione Compagnia San Paolo, Residenza Kilowatt Festival 2021, uno spettacolo documentario di Paola Di Mitri, con drammaturgia Paola Di Mitri e Davide Crudetti, che sperimenta la forma audiovisuale del documentario e lo spettacolo dal vivo prodotto da Cranpi. Nel 2022 il festival, in merito al filone sulla drammaturgia contemporanea emergente, verso la quale ha sempre avuto una grande attenzione, ha scelto di presentare il drammaturgo under 35 Fabrizio Sinisi con due debutti. La scelta artistica è stata dettata dalla conoscenza dell’artista, in quanto già presente nelle due ultime edizioni del festival con apprezzamenti dal pubblico e dalla critica. Il primo lavoro di Sinisi che sarà presentato è Incendi, progetto Hitler – secondo capitolo, di Fabrizio Sinisi con Alessandro Bay Rossi, Dario Caccuri, Marina Occhionero, quest’ultimadi origini astigiane, premio UBU come miglior attrice under 35, regia di Mario Scandale, produzione La Corte Ospitale. Nel 2021 era già stato presentato il primo capitolo del Progetto Hitler, La Gloria. Il secondo lavoro presentato è Favola, regia di Giorgia Cerruti, testo di Fabrizio Sinisi, della Piccola Compagnia della Magnolia, primo capitolo di una trilogia dedicata a Pier Paolo Pasolini. The Jokerman di e con Michele Maccagno, da una idea di Michele Maccagno, Francesco Maria Asselta, Marco Merlini drammaturgia di Francesco Maria Asselta è una riflessione sulla figura di Joker e il mondo contemporaneo prodotto da Elsinor

Tornano diversi artisti che ad Asti hanno trovato il luogo dove presentare il loro lavoro, iniziando da Carrozzeria Orfeo, una delle compagnie che ha caratterizzato il lavoro di scounting del festival negli anni passati, con Stupida Show! – Capitolo 1, Cattivi Pensieri uno spettacolo di Gabriele Di Luca con Beatrice Schiros produzione Carrozzeria Orfeo, La Corte Ospitale, Accademia Perduta/ Romagna Teatri, così come la Piccola Compagnia Dammacco con Spezzato è il cuore della bellezza, uno spettacolo con Serena Balivo e con Erica Galante ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco, Premio Ubu 2020-2021 nella categoria Nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica. Infine, torna il Teatro Filodrammatici di Milano con Stato Interessante scritto e diretto da Bruno Fornasari, con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Umberto Terruso. Teatro Sotterraneo, più volte ospitato nella programmazione delle precedenti edizioni, porterà Atlante Linguistico Della Pangea con Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini scritto da Daniele Villa. Elio Germano presenterà il suo Così è (o mi pare) spettacolo in VR con un nutrito cast di attori e Ascanio Celestini con il suo Museo Pasolini e Andrea Cosentino che debutterà con Rimbambimenti. Verrà presentato il nuovo testo di Francesco Niccolini, autore di L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi con Claudio Casadio in scena. Laura Sicignano debutterà con il suo nuovo spettacolo I treni della Felicitàcon Egle Doria, Federica Carruba Toscano, Leda Kreider, Sara Cianfriglia.

Altro importante appuntamento sarà la presentazione di “In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali”, curata da Oliviero Ponte Di Pino e Giulia Alonzo dell’associazione culturale TrovaFestival, per Altreconomia edizioni, una mappa che racconta oltre 300 festival, incluso AstiTeatro, eventi di pensiero, filosofia, letteratura, musica, teatro, cinema, arti di strada, ambiente e molto altro. Scrive Paolo Fresu nella prefazione: Questa guida nomade degli eventi culturali è un bel vagare. Una cultura in movimento che si muove sulle autostrade della poesia e del pathos, della ricerca e della indagine antropologica e sociale oltre che professionale e lavorativa in uno dei momenti più difficili per quell’esercito di figure che tessono la grande tela della industria creativa del paese.

Sempre TrovaFestival ha lanciato nel dicembre del 2021 “ComunicaFestival”, il primo concorso dedicato al mondo della comunicazione dei festival, in collaborazione con il MEC Master Eventi e Comunicazione per la cultura dell’Università Cattolica di Milano. Gli studenti e le studentesse hanno decretato AstiTeatro tra i cinque finalisti.

Questo il programma del Festival AstiTeatro 44: 

Giovedì 23 giugno

Dalle ore 21, con partenza da Piazza Libertà

Concerto itinerante “Fanfara urbana”

Bandakadabra + Mr T-Bone

Ore 22 Cortile del Michelerio 

Ok, Boomer

Con la Bandakadabra 

Special guest Mr T-bone

Andrea Brondolo snare drum; Gabriele Cappello sax alto; Luigi T-bone De Gaspari voce e trombone; Gipo Di Napoli base drum e washboard; Giorgio Giovannini trombone; Giulio Piola tromba; Filippo Ruà sousaphone; Vito Scavo trombone.

Produzioni Fuorivia

Anteprima Attraverso Festival 2022

Ingresso libero

“Ok, boomer” è il nuovo progetto della Bandakadabra in collaborazione con Mr T- Bone, storico trombone dei Bluebeaters, oltre che voce strepitosa. Lo spettacolo è una rilettura dei grandi successi internazionali in chiave Dixie e Swing Anni Trenta. Dai Daft Punk a Billie Eilish, passando per Bruno Mars e i Radiohead, con l’idea di avvicinare i più giovani alle atmosfere del Jazz Old Style e far conoscere agli spettatori più maturi le più recenti produzioni della musica pop. 
Un’occasione di incontro musicale tra generazioni diverse. Un modo per tenere insieme e incuriosire un pubblico di tutte le età. E dimostrare che quando un pezzo pop spacca, può essere suonato anche senza campionatori

Venerdì 24 giugno

Ore 16 e 20,30 Palazzo Alfieri

Così é (o mi pare)

Spettacolo in Realtà Virtuale per un numero limitati di spettatori, in collaborazione con Asti Musei

adattamento e regia Elio Germano
con Elio Germano, Gaetano Bruno, Serena Barone, Michele Sinisi, Natalia Magni, Caterina Biasiol, Daniele Parisi, Maria Sole Mansutti, Gioia Salvatori, Marco Ripoldi, Fabrizio Careddu, Davide Grillo, Bruno Valente, Lisio Castiglia, Luisa Bosi, Ivo Romagnoli, e con la partecipazione di Isabella Ragonese e Pippo Di Marca

Direttore della fotografia Matteo Cocco

Sound design Gabry Fasano

Costumi Andrea Cavalletto

Scenografia Federica Francolini

Make up design Dalia Colli

Hair design Daniela Tartari

Sound supervisor Luca Fortino

VR supervisor e final design Omar Rashid

Aiuto regia Claudio Aloia

Assistenti alla regia Martina Cavazzana, Rebecca Righetti

Un progetto Gold, produzione Fondazione Teatro della Toscana, Infinito Produzioni Teatrali.

Prodotto da Pierfrancesco Pisani, Alessandro Mancini, Omar Rashid, Luca Fortino, Elio Germano.

Le riprese si sono svolte presso la Tenuta Bossi dei Marchesi Gondi e il Teatro della Pergola di Firenze.

La produzione ringrazia Benedetta Cappon, Artisti 7607, Iman Pisani, Alfredo D’Adamo, Elena Bianchini, Gerardo Gondi, Luca Viola, Valentina Di Cesare, Giacomo Gandossi, Martina Rojas Chaigneau, Francesco Esposito, Margherita Landi, Matilde Arrighi, Duccio Cecchi, Ettore Bettarelli, Gilda, Didì.

Così è (o mi pare) è una riscrittura per realtà virtuale di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, adattato e diretto da Elio Germano, anche interprete di Lamberto Laudisi. È un progetto presentato da Fondazione Teatro della Toscana, Infinito Produzioni Teatrali, Gold Productions.

Per il Teatro della Toscana le nuove tecnologie si configurano come campi di ricerca per affrontare i classici da un punto di vista differente. La grande opportunità è quella di creare progetti specifici fruibili in maniera non sostitutiva al teatro. Ovvero, creazioni che nascono dal teatro e che al teatro ritornano. La sfida è sui contenuti e sui modi per realizzarli, come avviene in Così è (o mi pare).

Le riprese si sono svolte presso la Tenuta Bossi dei Marchesi Gondi e il Teatro della Pergola di Firenze, che con il suo Direttore artistico Stefano Accorsi ha fortemente voluto questo progetto, che segna proprio l’inizio di un cammino ideativo comune con Elio Germano.

In un salotto dell’alta borghesia si sviluppa Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello che mette in discussione l’idea di “verità assoluta”: un intero paesino viene turbato dall’arrivo del signor Ponza e della signora Frola, un genero e sua suocera che sembrano raccontare versioni diverse di una stessa storia con “protagonista” la moglie e figlia, la signora Ponza. I cittadini non sanno più a chi e a che cosa credere, ma non possono smettere di indagare alla ricerca di una verità che, forse, non esiste.

Così è (o mi pare) cala il testo pirandelliano nella società moderna, dove “spiare” l’altro risulta ancora più semplice grazie all’uso dei nuovi media. Lo spettacolo è stato infatti pensato per essere realizzato in realtà virtuale, un nuovo strumento tecnologico, tra cinema e teatro, in grado di porre lo spettatore al centro della scena. Tramite cuffie e visori il pubblico si trova a essere non più a teatro, ma all’interno del lussuoso appartamento dove si svolge la storia, più precisamente all’interno del corpo di uno dei personaggi, che vede e ascolta tutto: il Commendator Laudisi, anziano padre di Lamberto, su una sedia a rotelle, invenzione non presente nel copione originale. Si apre così la possibilità di un’esperienza unica nel suo genere, utile alla finalità del racconto e alla riflessione sul tema pirandelliano di cosa sia reale e cosa sia vero.

La prospettiva è duplice: individuale e collettiva. Attraverso la visione simultanea, lo spettatore si trova immerso nella stessa vicenda a cui assistono gli altri, ma può scegliere lui dove e cosa guardare. Contemporaneamente, nello stesso spazio, altre persone fanno la sua medesima esperienza tanto che al termine è possibile confrontarsi rispetto a quanto visto e sperimentato. Esattamente come a margine di uno spettacolo teatrale o di un film.

Ore 19 Diavolo Rosso

Presentazione guida TrovaFestival

L’Italia è un grande palcoscenico: “In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali”, curata da Oliviero Ponte Di Pino e Giulia Alonzo dell’associazione culturale TrovaFestival, per Altreconomia edizioni, una celebrazione della bellezza dell’incontro in un periodo di distanze fisiche e sociali. Un prontuario che non c’era e mancava: un vademecum unico, per completezza, affidabilità e originalità. 300 e più eventi, incluso AstiTeatro, divisi per regioni, territori e città. Una guida che lancia un messaggio: con la cultura “si mangia” e con un turismo intelligente e responsabile si fanno ripartire i territori, si crea un’attrattività di lungo termine e si valorizzano le attività locali. Partecipano all’incontro il Direttore Artistico del festival Emiliano Bronzino, il Direttore del Teatro Alfieri Angelo Demarchis e la Direttrice della Biblioteca Astense Donatella Gnetti.

Ingresso libero

Ore 20 Spazio Kor

Pietre nere

di Enrico Castellani e Valeria Raimondi
con la collaborazione artistica di Francesco Alberici
con Francesco Alberici, Enrico Castellani e Valeria Raimondi
e con Orlando Castellani
direzione tecnica Luca Scotton
produzione Babilonia Teatri e La Corte Ospitale
coproduzione Operaestate Festival Veneto
con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo
Si ringraziano: Daniele Costa, Nadia Pillon, Elisa Pregnolato, Jonel Zanato, Annalisa Zegna,
Stefano Masotti, Marco Pesce, Francesco Speri

Prima nazionale

Indagare il concetto di casa a partire da luoghi che, agli occhi dei più, case non sono. Spostare il punto di vista. Accogliere e adottare lo sguardo di chi questi luoghi li abita. Case di riposo, case famiglia, carcere, strada, ospedale, dormitori, centri d’accoglienza per chi li abita sono casa. O se casa non sono, sono il luogo in cui abitano. Vorremmo incontrare, conoscere e parlare con le persone che abitano questi luoghi. Vorremmo conoscere questi luoghi: abitarli, come ospiti, a nostra volta. Chiedere loro ospitalità. Ognuno ha la sua casa. Casa è il nostro corpo. Sono i nostri vestiti. È la persona amata. È un affetto. Una città, un quartiere. Casa è il luogo in cui siamo cresciuti. Casa è un oggetto, una foto, una lettera, un profilo su un social network.
Pietre Nere è lo spettacolo risultato dell’indagine condotta sul territorio di Asti all’interno di Casa Mondo, progetto vincitore del Bando Art Waves di Compagnia San Paolo. Per la creazione di Casa mondo invitiamo cinque artisti alla creazione di un’opera. A ciascuno di loro chiediamo di scegliere uno dei luoghi di indagine affinché sulla base della conoscenza e dell’incontro ne restituisca un’opera artistica. Daremo vita a uno spettacolo teatrale all’interno del quale i materiali ricevuti saranno voci, suoni, immagini in grado di nutrire la composizione e la riflessione.
Il nostro teatro si è spesso nutrito di linguaggi che si intersecano, si contraddicono e ci permettono di raccontare in modo articolato la realtà sfaccettata che viviamo.
Crediamo che la creazione di uno spettacolo si nutra di sguardi e linguaggi molteplici, ognuno in grado di portare una sensibilità e un umore diverso, ci possa permettere di creare uno spettacolo in grado di affrontare il racconto del concetto di casa inteso in senso ampio, largo, disteso e anticonvenzionale. La pluralità di sguardi e di linguaggi che ci assumiamo il compito di sintetizzare in una forma spettacolo avvertiamo possa dare luce a tutte le case che spesso restano nell’angolo, al buio, classificate come altro, come qualcosa che vive lontano da noi e con cui non abbiamo punti di incontro e di contatto.

Ore 22 Cortile del Michelerio

I treni della felicità

ideazione e regia Laura Sicignano

testo Laura Sicignano e Alessandra Vannucci

con Fiammetta Bellone, Federica Carruba Toscano, Egle Doria

musiche di scena eseguite dal vivo da Edmondo  Romano

scena Francesca Marsella

costumi Daniela De Blasio luci, video Luca Serra 

foto Donato Aquaro

tecnica Francesca Mazzarello

una coproduzione Fondazione Luzzati Teatro Della Tosse / Associazione Made’

Storie liberamente ispirate alle vite di Ida Cavallini, Rosanna De Luca, Elvira Suriani, Ada e Teresa Foschini, Maria Maddalena Di Vicino, Anna Berio, raccolte da Giovanni Rinaldi in C’ero anch’io su quel treno ed. Solferino.

E di Paola Zeni, in ©Gli occhi più azzurri, Le storie vere dei Treni dei bambini, Simona Cappiello. Colonnese Editore.

Prima nazionale

Una storia dell’immediato Dopoguerra che ha visto protagoniste le donne della neonata Udi nell’organizzazione di convogli che hanno trasferito “in Alta Italia circa 70 mila bambini provenienti da tutta la penisola in condizione di miseria assoluta. Non più treni di morte, ma “treni della felicità “che ricostruivano la vita. Il racconto dei lunghi viaggi come percorsi di formazione per i bambini, segnati dal trauma dell’abbandono si intreccia a quello delle famiglie ospitanti che, pur non ricche, li accoglievano come figli e delle madri, costrette ad abbandonarli per sfamarli. Storie pratiche di soccorso e storie emotive, di relazioni che sarebbero durate nel tempo. Storie di chi sapeva costruire comunità nell’idea che l’Italia si sarebbe risollevata e ricostruita con la collaborazione di tutti. Tre donne, le attrici, di età e provenienze diverse, si interrogano su quanto Storia e Memoria abbiano contribuito a costituire le loro identità, nel delicato equilibrio tra la finzione e la realtà del teatro, restituendo una storia del passato anche attraverso il proprio corpo e la propria biografia. Una riflessione   sulla maternità non solo come condizione biologica ma anche etica e politica.

Sabato 25 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti (in replica fino al 2 luglio)

La Stanza

Mixed media in Realtà Virtuale – spettacolo per uno spettatore, in collaborazione con Asti Musei

Regia Giulia Ottaviano e Alba Maria Porto

Con Elena Aimone, Charlotte Barbera, Mauro Bernardi, Giulia Damin, Alba Maria Porto, Raffaele Musella

Ideazione e produzione Asterlizze, con il contributo di Città di Torino – TAP  Torino Arti Performative, con il sostegno di ACTI Teatri Indipendenti, in collaborazione conArchivio UDI Genova, Archivio UDI Palermo, Archivio Donne Piemonte,Associazione Baretti, Superottimisti – Archivio regionale di film di famiglia.

Produzione: Asterlizze e Teatri del Terraglio 

Progettazione: Ximu.la

DoP: Line Kühl

Materiali d’archivio, fotografie, musica, video in Super 8 e recitazione, si mescolano tra loro in un’esperienza in realtà virtuale in cui il visitatore potrà rivivere l’atmosfera degli anni Novanta all’interno di una camera da letto tutta da esplorare, nei panni di una bambina alla scoperta della storia della propria madre e del suo passato.   

Il progetto diAsterlizze, compagnia torinese impegnata a lavorare sulla valorizzazione della memoria e sul tema dell’identità attraverso racconti autobiografici e testimonianze d’archivio, nasce dal ritrovamento dei diari del Coordinamento Femminista di Enna del 1975 e arricchisce la ricerca sul movimentonegli anni Settanta creando un ponte tra Norde Sud, traesperienze di vita passate e presenti attraversoil coinvolgimento di archivi piemontesi, liguri esiciliani al fine di diffondere e dare risalto allastoria dei percorsi di emancipazione femminilelocali.

La scelta dell’esperienza in VR nasce per sperimentare e rendere accessibili documenti, patrimoni e storie di valore in un’ottica di multidisciplinarietà e dialogo tra le generazioni.

Ore 20 Cortile dell’Archivio Storico

Secret Sacret

Ugo Giacomazzi drammaturgia, regia, recitazione 

Luigi Di Gangi drammaturgia, regia, recitazione

Beercock sound design e musiche originali

Produzione Teatrialchemici

Prima nazionale

Dopo anni in cui Francesco è riuscito a portare nel suo mondo la Perfetta Letizia tra uomini e uomini, animali e animali e uomini e animali, qualcosa comincia ad incrinarsi. La crisi nasce da un graffio di un gatto che il santo era in procinto di guarire. Questo graffio è l’inizio di una sorta di infezione che lo modifica fisicamente e moralmente e che lo costringe, per paura di essere visto deturpato, ad una quarantena volontaria in casa in cui sarà preda di un’inquietudine crescente. Chiara cerca di convincerlo con poco successo a tornare tra il popolo che invoca insistentemente la sua presenza: da quando Francesco si è chiuso in casa, infatti, dal bosco limitrofo si sono notate le tracce di un lupo feroce che terrorizza tutti. Mentre i cittadini organizzano ronde diurne e notturne a caccia del lupo, Francesco passa i suoi giorni in casa a ruminare sulla sua malattia circondato e oppresso vieppiù dagli animali sopravvissuti alle varie scanne del lupo che Chiara insiste a portare ogni giorno in casa.

Al quarantesimo giorno di reclusione, quando la casa è diventata ormai un’invivibile arca di Noè e Chiara è fuori per l’ennesima ronda, fratello Lupo fa visita a Francesco. I due sono adesso finalmente specchio l’uno dell’altro, una stessa creatura a confronto.

Ore 21.30 Teatro Alfieri

Rimbambimenti

di e con Andrea Cosentino 

drammaturgia sonora e musica dal vivo Lorenzo Lemme 

progetto scenico Paola Villani 

realizzazione marionetta A e B 

luci Raffaella Vitiello 

collaborazione artistica Rita Frongia, Giulio Sonno e Michela Aiello 

produzione Cranpi con il contributo di MiC – Ministero della Cultura con il sostegno di Fortezza Est

Prima nazionale

Un progetto performativo e musicale, fatto di composizioni e improvvisazioni, azioni e digressioni surreali ed estemporanee, giocando con i paradossi della fisica posteinsteiniana e le defaillance della memoria. Rimbambirsi: vecchiaia e infanzia che si ricongiungono, tra perdita del passato e ignoranza del futuro. Questa metafora si concretizza poeticamente sulla scena con l’irruzione di una marionetta a grandezza umana, manipolata in stile bunraku, che ha le fattezze del performer invecchiato e rugoso, ovvero l’incontro con il proprio doppio anziano come illuminazione poetica sulla reversibilità del tempo.

Una performance che parte come una conferenza sul tempo da parte di un fisico affetto da demenza senile e si trasforma man mano in un concerto spettacolo che, tentando di allinearsi alle concezioni di tempo e materia indicate dalla scienza contemporanea, smonta inevitabilmente l’ordine stabilito, il funzionamento del racconto, la possibilità di un prima e un dopo, le logiche causali, producendo anche in chi guarda una sorta di temporaneo rimbambimento che è la porta di accesso a questo viaggio filosofico-musical-sentimentale. Tra spiegazioni scientifiche e discorsi a vanvera, il performer dimentica progressivamente la sua parte, cerca di ricostruirla attraverso appunti e oggetti sulla scena dei quali fatica a ricordare l’utilità, si barcamena a costruire una funzione plausibile alla propria presenza, fino a perdere ogni cognizione di cosa sia lì a fare e chi siano quelle persone che l’osservano, in un processo inarrestabile verso la dissoluzione e l’entropia.

Ad accompagnarlo, un percorso musicale inizialmente rassicurante come una ninnananna e riconoscibile come un ritornello, che progressivamente si complica attraverso il sommarsi di campionamenti, poliritmie e loop-music, abbandonando il ritmo, la melodia, l’armonia, per immergere lo spettatore in un’esperienza sonora che ambisce a creare la libertà di un ascolto al di là di ogni schema. Il risultato è una conferenza esplosa, un mix incosciente tra musica tecnologica, teatro di figura, rigore scientifico e parole in libertà, una clownerie senescente in salsa punk.

Domenica 26 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 17 Teatro Alfieri

Quadrotto, Tondino e la luna

Di e con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci 

Musiche originali Diego Mingolla 

Scenografia Alice Delorenzi 

Disegno luci Emanuele Vallinotti 

Collaborazione alla drammaturgia Sara Brigatti

Produzione Fondazione TRG Onlus

Lo spettacolo è la storia delicata di un quadrato bambino di nome Quadrotto, venuto al mondo per curiosità e dalla curiosità spinto a conoscere e ad esplorare il mondo: un mondo quadro, che parla e si muove come lui. Di notte vede la luna, così tonda, così bella, ma così lontana che per conoscerla bisognerebbe saper volare.
È a questo punto che Quadrotto incontra un tipo strambo e che non sta mai fermo: Tondino. I due si rendono subito conto che non è affatto facile fare amicizia con chi parla un altro linguaggio ed è così diverso da te. Sarà una tempesta a mescolare forme e suoni e, grazie all’intervento dei bambini presenti, scopriranno un mondo nuovo dove tutto è possibile. Anche incontrare la Luna.
Quadrotto, Tondino e la Luna è uno spettacolo in quadri musicali sul tema della diversità. È il racconto di un’amicizia costruita passo dopo passo, nel confronto fra forme acute e tonde, nell’ascolto di suoni curvi e spigolosi, nell’incomprensione e nell’intesa.
Un prezioso aiuto ai due protagonisti arriverà loro dai bambini presenti in sala, chiamati a entrare nel tappeto della storia per rendere visibile l’invisibile. Solo allora Quadrotto e Tondino capiranno come unire le loro forme per riuscire a volare e cercare insieme la luna.

Ore 22 Cortile del Michelerio 

Museo Pasolini

Di e con Ascanio Celestini 

Voci Grazia Napoletano e Luigi Celidonio 

Musiche Gianluca Casadei 

Suono Andrea Pesce 

Produzione Fabbrica Srl  e Teatro Carcano

Contributo Regione Lazio e Fondo Unico 2021 sullo Spettacolo dal Vivo

Secondo l’ICOM (International Council of Museums) le 5 funzioni di un museo sono: ricerca, acquisizione, conservazione, comunicazione, esposizione. Come potrebbe essere un museo Pier Paolo Pasolini?

In una teca potremmo mettere la sua prima poesia: di quei versi resta il ricordo di due parole “rosignolo” e “verzura”. È il 1929. Mentre Mussolini firma i Patti Lateranensi, Antonio Gramsci ottiene carta e penna e comincia a scrivere i Quaderni dal Carcere. E così via, come dice Vincenzo Cerami: “Se noi prendiamo tutta l’opera di Pasolini dalla prima poesia che scrisse quando aveva 7 anni fino al film Salò, l’ultima sua opera, noi avremo il ritratto della storia italiana dalla fine degli anni del fascismo fino alla metà degni anni ’70. Pasolini ci ha raccontato cosa è successo nel nostro paese in tutti questi anni”. 

Ascanio Celestini ci guida in un ipotetico Museo Pasolini che, attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto, ma anche di chi l’ha immaginato, amato e odiato, si compone partendo dalle domande: qual è il pezzo forte del Museo Pasolini? Quale oggetto dobbiamo cercare? Quale oggetto dovremmo impegnarci a acquisire da una collezione privata o pubblica, recuperarlo da qualche magazzino, discarica, biblioteca o ufficio degli oggetti smarriti?

Cosa siamo tenuti a fare per conservarlo?
Cosa possiamo comunicare attraverso di lui?
E infine: in quale modo dobbiamo esporlo?

Lunedì 27 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 21 Spazio Kor 

L’Oreste – Quando i morti uccidono i vivi

di Francesco Niccolini

con Claudio Casadio

regia di Giuseppe Marini

illustrazioni di Andrea Bruno 

scenografie e animazioni Imaginarium Creative Studio
costumi Helga Williams 

musiche originali Paolo Coletta 

light design Michele Lavanga
aiuto regia Gaia Gastaldello 

direttore di scena Matteo Hintermann 

tecnico video Marco Schiavoni
collaborazione alla drammaturgia Claudio Casadio
voci di Cecilia D’Amico (sorella), Andrea Paolotti (Ermes),
Giuseppe Marini (dottore) e Andrea Monno (infermiere)
organizzazione Andrea Paolotti 

distribuzione Massimo Tamalio
uno spettacolo co-prodotto da Società per Attori e Accademia Perduta/Romagna Teatri
in collaborazione con Lucca Comics & Games

Prima regionale

L’Oreste è internato nel manicomio dell’Osservanza a Imola.
È stato abbandonato quando era bambino, e da un orfanotrofio a un riformatorio, da un lavoretto a un oltraggio a un pubblico ufficiale, è finito lì dentro perché, semplicemente, in Italia, un tempo andava così.

Dopo trent’anni non è ancora uscito: si è specializzato a trovarsi sempre nel posto sbagliato nel momento peggiore. Non ha avuto fortuna l’Oreste, e nel suo passato ci sono avvenimenti terribili che ha rimosso ma dai quali non riesce a liberarsi: la morte della sorella preferita, la partenza del padre per la guerra, il suo ritorno dalla campagna di Russia tre anni dopo la fine di tutto e poi la sua nuova partenza, di nuovo per la Russia, per una fantastica carriera come cosmonauta, e – come se tutto questo non bastasse – la morte violenta della madre, una madre che lo ha rifiutato quando era ancora ragazzino con i primi problemi psichici.
Eppure, l’Oreste è sempre allegro, canta, disegna, non dorme mai, scrive alla sua fidanzata (che ha conosciuto a un “festival per matti” nel manicomio di Maggiano a Lucca), parla sempre. Parla con i dottori, con gli infermieri, con un’altra sorella che di tanto in tanto viene a trovarlo, ma soprattutto parla con l’Ermes, il suo compagno di stanza, uno schizofrenico convinto di essere un ufficiale aeronautico di un esercito straniero tenuto prigioniero in Italia. Peccato che l’Ermes non esista.
l’Oreste è una riflessione sull’abbandono e sull’amore negato. Su come la vita spesso non faccia sconti e sia impietosa. E su come, a volte, sia più difficile andare da Imola a Lucca che da Imola sulla Luna.

Uno spettacolo originalissimo, di struggente poesia e forza, in cui fluiscono momenti drammatici e altri teneramente comici. Con un’animazione grafica di straordinaria potenza, visiva e drammaturgica, Claudio Casadio dà vita e voce a un personaggio indimenticabile, affrontando con grande sensibilità attoriale il tema importante e delicato della malattia mentale.
Dallo spettacolo è stato realizzato un libro che ne raccoglie testi e illustrazioni, pubblicato da Poliniani Editore.

A prima vista l’Oreste può sembrare un monologo – spiega l’autore Francesco Niccolini – dato che in scena c’è un solo attore in carne e ossa. Ma quel che attende lo spettatore è ben altro: grazie alla mano di Andrea Bruno, uno dei migliori illustratori italiani, e alla collaborazione con il Festival Lucca Comics, lo spettacolo funziona con l’interazione continua tra teatro e fumetto animato: l’Oreste riceve costantemente visita dai suoi fantasmi, dalle visioni dei mondi disperati che coltiva dentro di sé, oltre che da medici e infermieri. I sogni dell’Oreste, i suoi incubi, i suoi desideri e gli errori di una vita tutta sbagliata trasformano la scenografia e il teatro drammatico classico in un caleidoscopio di presenze che solo le tecniche del “Graphic Novel Theater” rendono realizzabile: un impossibile viaggio tra Imola e la Luna attraverso la tenerezza disperata di un uomo abbandonato da bambino e che non si è più ritrovato.

Martedì 28 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 20 Teatro Alfieri

Stato interessante

testo e regia Bruno Fornasari

con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Umberto Terruso
scena e disegno luci Fabrizio Visconti

costumi Mirella Salvischiani

Produzione Teatro Filodrammatici Milano

Prima regionale

Tre maschi, due politici e un uomo d’affari, devono affrontare un’inquietante gravidanza che potrebbe avere conseguenze politiche e sociali catastrofiche. Meglio lasciare che la natura
faccia il suo corso o intervenire prima che sia troppo tardi? Per risolvere la situazione i tre uomini di potere dovranno mettere da parte la loro aggressività e cercare di collaborare per salvaguardare “il bene comune”. Un compito tutt’altro che facile dato che il bene privato e il bene pubblico sembrano in conflitto continuo e il fattore competizione nella politica, come nei rapporti tra le persone, gioca un ruolo centrale e spesso distruttivo.
Stato interessante è una commedia paradossale che cerca di salvare tre maschi della specie, inconsapevolmente stanchi della propria mascolinità violenta, dal continuo gioco di prevaricazione che li imprigiona, provando a far rinascere in loro la fiducia in un futuro diverso e tutto da costruire.

Ore 22 Cortile del Michelerio

Stupida Show! 

(Capitolo 1: cattivi pensieri)

Uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo
Drammaturgia Gabriele Di Luca 

Con Beatrice Schiros

Regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti

produzione Carrozzeria Orfeo, La Corte Ospitale, Accademia Perduta – Romagna Teatri, Fondazione Campania dei Festival

Prima regionale

“Stupida Show!” è uno spettacolo per cuori coraggiosi: solitudine, differenze di genere, violenza, maternità, sessualità, razzismo, egoismo, pornografia, famiglia, individualismo, tensioni sociali sono solo alcuni dei temi che si intendono affrontare per accompagnare il pubblico nell’inconfessabile, nell’indicibile, nei nostri piccoli inferni personali per dare voce a tutta quella follia e a quelle frustrazioni che ci abitano, ma non abbiamo mai avuto il coraggio di confessare a nessuno.

In scena Beatrice Schiros, protagonista dei grandi successi di Carrozzeria Orfeo, una delle artiste più acclamate del teatro italiano, dotata di una comicità imprevedibile e irriverente, prototipo della donna determinata e senza peli sulla lingua.

In Stupida Show! sarà una cinquantenne sola e da sempre in guerra con la vita e il suo prossimo, alle prese oggi con il proprio corpo in declino, un’affettività sempre più traballante e sogni irrealizzabili. Una donna, però, in grado di trasformare le sue ferite e i fallimenti in comicità travolgente dove il destinatario del suo dialettico atto terroristico sarà il suo primo avversario naturale, l’amore. Beatrice Schiros non incarnerà certo il ruolo della tenera eroina, vittima di un mondo crudele, non sarà la donna da compatire, ma da temere. Si porrà come l’antieroe per eccellenza svelandoci i vizi, i lati oscuri e la follia di chi nella vita ha sempre inciampato malamente, di chi è stufa di sopportare e ha voglia di dircene quattro.

Spettacolo adatto ad un pubblico di età superiore ai 14 anni.

Mercoledì 29 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 20 Spazio Kor

Atlante linguistico della Pangea

concept e regia Sotterraneo

in scenaSara Bonaventura, Claudio Cirri, Lorenza Guerrini, Daniele Pennati, Giulio Santolini

scrittura Daniele Villa

luci Marco Santambrogio

costumi Eleonora Terzi, Laura Dondoli

sound design Mattia Tuliozi

elementi scenici a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione

macchinista costruttore Sergio Puzzo

produzione Sotterraneo

contributo ERT – Emilia Romagna Teatro, Fondazione CR Firenze

sostegno Regione Toscana, Mibac

Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory, è residente presso Associazione Teatrale Pistoiese ed è artista associato al Piccolo Teatro di Milano

Prima regionale

Nel mondo esistono “parole intraducibili”, concetti complessi raccolti in vocaboli unici che non esistono in altri idiomi. Sotterraneo ha selezionato decine di questi vocaboli – universali e culturospecifici al tempo stesso – e ha dialogato online con altrettanti parlanti madrelingua sul significato e l’uso di queste parole nella cultura di provenienza. Queste brevi “lezioni di intraducibilità” sono divenute la traccia per uno spettacolo che mette in scena le parole stesse, trasformando un piccolo dizionario in una sorta di drammaturgia atipica. L’intero spettacolo inoltre è attraversato dall’impossibilità di dar corpo ad alcuni concetti a causa delle limitazioni Covid, che da pure restrizioni si trasformano in una risorsa scenica in grado di mettere in campo un pensiero sulle relazioni umane e l’incomunicabilità, ora che la nostra specie è posta di fronte alla necessità di cooperare davvero su scala globale.

Ore 22 Cortile dell’Archivio Storico

Il Merito delle donne

Dal testo omonimo di Moderata Fonte
Adattamento teatrale di Jay Stern e Laura Caparrotti
Regia Laura Caparrotti in collaborazione con Jay Stern

Con Laura Caparrotti, Dalila Cozzolino, Laura Garofoli, Marta Mondelli, Sylvia Milton, Viola Misiti e Caterina Nonis 

Produzione Kairos Italy Theater, USA

In collaborazione con NYU’s Casa Italiana Zerilli-Marimò

Prima assoluta in lingua italiana

Kairos Italy Theater, la principale compagnia teatrale italiana negli Stati Uniti, in residenza presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò, presenta l’adattamento teatrale del testo omonimo, pubblicato nel 1600, dall’omonimo libro di Moderata Fonte. Adattato da Jay Stern e Laura Caparrotti, lo spettacolo è stato presentato in prima assoluta, nella sua traduzione inglese a cura di Virginia Cox, a New York nel gennaio del 2017 alla Casa Italiana Zerilli-Marimò at NYU in collaborazione
con la Carnegie Hall. Lo spettacolo inglese ha girato gli Stati Uniti ed è stato presentato a Firenze durante l’Eredità delle Donne del 2019.
Il testo, scritto nel XVII° secolo, è incentrato su un dialogo fra sette donne che affrontano il tema dell’eguaglianza di genere e delle responsabilità di mariti, fratelli, figli ed amanti. Sette donne di svariate età e condizioni – madri, mogli, nubili, separate e vedove – si ritrovano nel giardino di una di loro per accogliere la giovane sposa di ritorno dalla luna di miele. Nel parlare della dinamica coniugale, le donne iniziano a discutere sul ruolo degli uomini nella loro vita e nella società. Il discorso si fa così animato che la più anziana, dichiarata regina del giorno, propone che le donne si scontrino, tre contro tre, sul valore degli uomini e delle donne. Ne viene fuori un dibattito protofemminista che guarda a tutti gli aspetti del ruolo della donna nella società e presenta vari argomenti, di natura diversa, centrati su un solo importantissimo assunto, che il valore delle donne è superiore a quello degli uomini, se alle stesse vengono date le stesse possibilità. La conclusione finale, che arriva col concludersi del giorno, mette d’accordo tutte e dimostra che il Merito delle Donne è di molto superiore a quello degli uomini. Moderata Fonte era lo pseudonimo di Modesta Pozzo, una veneziana che fu in un certo senso un’anomalia. Non rinchiusa in un convento né libera di avere la meglio su codici di comportamento come poteva esserlo una cortigiana, la Pozzo era una madre e sposa rispettabile che produceva letteratura di generi comunemente considerati “maschile”: il romanzo cavalleresco e la conversazione letteraria.
Pubblicato nel 1600, “Il merito delle donne” prende spunto da quest’ultima tipologia, laddove Fonte immaginò una conversazione fra sette nobildonne veneziane, il cui dialogare esplora quasi ogni aspetto dell’esperienza femminile, sia in termini teorici che pratici. Queste donne, diverse per età ed esperienza, discutono ampiamente sella curiosa ostilità degli uomini verso il genere femminile, e del possibile rimedio.
Tramite un’opera intelligente e ambiziosa, Fonte cerca di elevare lo status delle donne a quello degli uomini, argomentando che le prime hanno le medesime innate abilità dei secondi e, se educate in modo analogo, provano di essere loro pari. Attraverso questa conversazione Fonte restituisce un’immagine della vita privata e pubblica delle donne nel Rinascimento, stimolando una riflessione sul loro ruolo nella casa, nella società e nelle arti.
Raffinato esempio di letteratura dialettale rinascimentale, è anche un testamento del perpetuo impegno sostenuto dalle donne, persino nel tentativo di riconciliare la femminilità con l’ambizione.

Giovedì 30 giugno

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 20 Spazio Kor

Spezzato è il cuore della bellezza

con Serena Balivo 

e con Erica Galante

Disegno luci Stella Monesi

Ideazione, drammaturgia e regia Mariano Dammacco

Produzione Piccola Compagnia Dammacco / Infinito / Operaestate Festival Veneto

Con il sostegno di L’arboreto-Teatro Dimora | La Corte Ospitale – Centro di residenza Emilia-Romagna e di CapoTrave/Kilowatt

Premio Ubu 2020-2021 nella categoria Nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica 

Prima regionale

Lo spettacolo Spezzato racconta la storia di un cosiddetto triangolo amoroso, lui, lei, l’altra e, tramite i frammenti e le immagini di questa storia, offre allo spettatore uno sguardo sull’Amore nelle sue pieghe dolorose e tormentate, attraverso la convivenza di tragedia e umorismo. In scena, Serena Balivo dà corpo e voce alle due donne protagoniste della storia e accanto a lei appare, agita da Erica Galante, la figura muta dell’uomo al centro del triangolo amoroso in uno scenario onirico. Il lavoro di creazione della compagnia è partito da alcune domande sull’amore e su come questo sentimento, fondamentale nella vita umana, possa trasformarsi, degenerare, tradire i desideri e le aspettative di chi lo vive.

La Piccola Compagnia Dammacco è nata nel 2009 dall’incontro tra Mariano Dammacco, attore, autore, regista e pedagogo teatrale di esperienza ventennale e alcuni giovani artisti che hanno aderito alla sua poetica e alla sua prassi di lavoro. Il percorso della compagnia si è presto evoluto in una ricerca artistica realizzata da Dammacco insieme all’attrice Serena Balivo, ricerca a cui si è poi unita la disegnatrice Stella Monesi e, dal 2019, l’attrice Erica Galante. La compagnia porta avanti il proprio lavoro perseguendo un’idea di teatro etico, un teatro che sia d’arte e d’autore e, al tempo stesso popolare, ovvero accessibile a tutti per contenuti e linguaggi. La compagnia svolge la propria ricerca contenutistica e formale incentrandola sul lavoro dell’attore e sulla composizione di drammaturgie originali. La compagnia ha creato finora cinque spettacoli: L’ultima notte di Antonio (2012), L’inferno e la fanciulla (2014), Esilio (2016), La buona educazione (2018), Spezzato è il cuore della bellezza (2020). 

Il lavoro artistico della compagnia ha ricevuto alcuni riconoscimenti: Esilio è vincitore di Last Seen 2016 (spettacolo dell’anno su Krapp’s Last Post), è vincitore del Premio Museo Cervi, è finalista al Premio Rete Critica 2016, è finalista al Premio Cassino OFF 2017, è Selezione Premio In Box blu 2017; L’inferno e la fanciulla è finalista al Premio In box blu 2016

Ore 22 Cortile del Michelerio

Incendi – progetto Hitler, secondo capitolo

di Fabrizio Sinisi
con Alessandro Bay Rossi, Dario Caccuri, Marina Occhionero, Luca Tanganelli
regia Mario Scandale

luci Camilla Piccioni

video Leo Merati

assistente alla regia Marialice Tagliavini
produzione La Corte Ospitale, Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico

Il primo capitolo del Progetto Hitler è La Gloria, lo spettacolo vincitore di Forever Young 2019/20, candidato ai Premi Ubu 2021 come miglior testo italiano o scrittura drammaturgica. Alessandro Bay Rossi e Marina Occhionero sono candidati ai Premi Ubu 2021 nelle categorie Miglior attore o performer under 35 e Miglior attrice o performer under 35.

Prima nazionale 

Dopo La Gloria, ambientato a Vienna e incentrato sulla vicenda del giovanissimo Hitler e delle sue ambizioni artistiche, il secondo capitolo della trilogia s’intitola Incendi, e si svolge a Berlino fra il 1930 e il 1933. La capitale tedesca, in questo periodo, è l’epicentro mondiale della libertà dei costumi e della sperimentazione sessuale, ma anche di un tumultuoso e contraddittorio fermento politico. Ci sono i socialisti di Weimar, la cui utopia non è mai stata così vicina. E ci sono i nazisti, con il giovane leader Adolf Hitler che diventa ogni giorno più popolare. Da un lato la Berlino euforica dell’erotismo e delle utopie – dall’altro la Berlino incubatrice di un male irrazionalistico e oscuro che pervade i discorsi, i pensieri, le idee, diffondendosi come un virus.

In questa Berlino così contraddittoria, si svolge la vita di un gruppo di sei giovani. Sei ragazzi che provano a imparare la vita, il sesso, l’arte, la politica. Al centro della vicenda c’è Sophie, arrivata a Berlino dalla provincia per insegnare filosofia in una scuola superiore, e il suo incontro con Folker, un giovane operaio disoccupato e depresso che bighellona da un comizio all’altro. I due si ritrovano in un vortice di eventi pubblici e privati, dagli scioperi delle fabbriche alle occupazioni delle case degli ebrei perseguitati fino al ritrovamento di un video misterioso. La figura di Hitler è sempre presente ma non si vede mai: dall’omicidio della nipote Geli Raubal nel 1931 all’incendio del Reichstag nel 1933, le sue vicende s’intrecciano continuamente, in un complesso gioco metateatrale, a quelle dei protagonisti.

Anche Incendi, infatti, è quello che Vasco Pratolini definiva «un crudele racconto di giovinezza»: un coming of age, il romanzo di formazione di una generazione, quella che ha conosciuto la tragedia del nazismo e della guerra, che tanto ha da dire al mondo d’oggi, sempre in bilico sull’orlo della catastrofe ecologica, politica, economica. Un mondo in uno stato d’emergenza.

Venerdì 1 luglio

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 20 Spazio Kor

Favola 

Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia

Creazione 2022

PROGETTO VULNERABILI 22.24

Spettacolo realizzato in coproduzione con TPE/Teatro Piemonte Europa, CTB/Centro Teatrale Bresciano, Teatro della Città/Catania, Gli Scarti/La Spezia; con il sostegno di TAP/Torino Arti Performative, con il supporto in residenza di Teatro di Sardegna, Dracma Centro Residenze (RC), Claps Circuito Lombardo (BS), in collaborazione con Fondazione Antonio Presti “Fiumara d’Arte”|Atelier sul Mare (Me).  

Testo di Fabrizio Sinisi

Ideazione, regia, costumi Giorgia Cerruti

In scena e in video Giorgia Cerruti e Davide Giglio

Con la partecipazione video di Elvis Flanella

Assistente alla regia Raffaella Tomellini

Disegno luci, consulenza scenotecnica Lucio Diana

Aiuto regia video, fotografia, montaggio Giulio Cavallini 

Musiche originali, sound design, fonica Guglielmo Diana

Operatore video Marco Rossini

Tecnico di Compagnia Marco Ferrero 

Responsabile organizzativo Angelo Pastore 

Segretaria di Compagnia Emanuela Faiazza

Ufficio Stampa Elisa Sirianni

Traduzione inglese dell’opera | Rossella Bernascone

Prima regionale

Una donna e un uomo, chiusi in una stanza. Per qualche ragione che non viene mai nominata, non se ne può uscire. In questo spazio claustrofobico, dominato solo da un grande schermo, la donna inscena tre racconti. Tre visioni, tre sogni, ognuno dei quali si verifica in un diverso momento della storia: a Londra nel 1617, a Parigi nel 1793, nella contea di Boone nel 1856. In ogni episodio lei “G.” e il marito “D.” sono protagonisti di una violenza, una sopraffazione dell’uomo sulla donna, del potente sull’inerme. Ogni episodio è un punto di snodo della modernità occidentale, un momento chiave per capire la contraddittoria identità del presente. Ma ogni sogno è anche un enigma attraverso cui si nasconde il trauma della donna, che attraverso questi racconti prova a toccare il trauma del suo passato: una figlia, di cui fin dall’inizio viene annunciata la presenza, ma che misteriosamente non si vede mai. 

Fabrizio Sinisi, Premio Nazionale dei Critici di Teatro, scrive per Giorgia Cerruti e Davide Giglio – anime fondatrici della compagnia di teatro contemporaneo Piccola Compagnia della Magnolia – un testo abissale e visionario, poetico e politico insieme: una danza a due, un rito laico attraverso cui una giovane coppia, nello specchio della propria relazione, mette radicalmente in discussione la giustizia della società attuale.

“Spesso il lavoro su un testo nasce da una sola immagine. Quella che mi hanno proposto Giorgia e Davide era la seguente: due esseri umani, un uomo e una donna, chiusi in una stanza, davanti a uno schermo. Poco dopo iniziava la pandemia, il lock-down, il delirio di questo tempo: quella clausura a due perdeva qualsiasi caratterizzazione intima e privata, e diventava metafora della nostra condizione: corpi costretti alla clausura, corpi urgenti, dirompenti verso l’esterno quanto più lo spazio intorno a loro si contrae. Quel movimento verso l’esterno diventa il movimento della fantasia, dell’ossessione, dell’oltranza: della favola, appunto”.Fabrizio Sinisi

“Tre anni fa chiesi a Fabrizio Sinisi di scrivere una “favola eretica”, un testo che abbracciasse il tema dell’eresia e dell’utopia entro l’arco temporale del sonno e del risveglio. Ne è nato Favola, una tragedia da camera contemporanea. I protagonisti – G. e D. – sono una coppia. Sul palco – luogo del reale – ripercorre le favole del proprio dolore (tre sogni in tre epoche diverse) e la ripetizione di uno schema tragico: la sopraffazione dell’uomo sulla donna, del padre sul figlio, del più forte sul più debole. Il ponte di accesso a questa via oscura è un grande schermo: luogo del rimosso, della trasformazione, o setaccio della memoria di sequenze perdute. Favola è l’esperimento di un teatro politico praticato con gli strumenti della poesia, un rito laico che mette in discussione la giustizia della società attuale”.Giorgia Cerruti

Ore 22 Teatro Alfieri

L’amore del cuore

di Caryl Churchill
traduzione Laura Caretti e Margaret Rose
un progetto lacasadargilla
regia Lisa Ferlazzo Natoli
con Tania Garribba, Fortunato Leccese, Alice Palazzi, Francesco Villano
suoni ambienti e spazio scenico Alessandro Ferroni

luci Omar Scala 

immagini Maddalena Parise 

costumi Camilla Carè 

aiuto regia Flavio Murialdi 

traduzione Laura Caretti e Margaret Rose

un progetto de lacasadargilla prodotto con La Fabbrica dell’Attore  
con il supporto di Theatron Produzioni e il sostegno di Bluemotion 

Di cosa tratta L’amore del cuore? L’argomento, la storia sono in qualche modo secondari, perché l’intenzione principale di Churchill è di distruggere il testo stesso, usandolo per smontare i meccanismi del teatro, della realtà e delle relazioni che all’interno di questa realtà si costruiscono moltiplicando abitudini, rimossi e abissi. Certo c’è un filo narrativo, una piccola storia familiare, punteggiata da fatti e incidenti non esplicitamente legati tra loro, ma percorsi tutti da una stessa preziosa inquietudine, in cui l’ordinaria perversità dell’istituzione familiare e dei suoi meccanismi relazionali e sociali è letteralmente ‘gettata in scena’, per spingersi fino a quella esplosione della parola, del linguaggio, del sistema di segni attraverso la cui mediazione diamo senso al mondo.
In questo che è un grande testo sull’attesa  c’è una famiglia – i genitori Alice e Brian, la zia Maisie, il figlio Lewis – che aspetta il ritorno dall’Australia della sorella maggiore Susy. Mentre quest’attesa accade (l’arrivo di Susy sembra realizzarsi tre volte e dunque forse nessuna è vera) emergono (ma saranno veri?) inquietanti ricordi del passato: una relazione adulterina di Alice, un misterioso cadavere in giardino. E si svelano tensioni irrisolte: il rapporto dei genitori con il figlio, le paure notturne di Maisie, gli accenni a una possibile pulsione incestuosa di Brian per la figlia, il suo desiderio auto-cannibalistico confessato in un crescendo angoscioso e orgasmatico.

L’amore del cuore inizia con un’ambientazione realistica da dramma domestico, ma subito la superficie di normalità si incrina in una delle molte interruzioni/riprese della narrazione che punteggiano il testo. I personaggi si fermano per ricominciare, come un disco rotto, da un punto immediatamente precedente, replicando azione e dialogo con piccole modifiche e/o aggiunte – riprese che creano un effetto di disorientamento causale e temporale, annullando la verosimiglianza del primo breve segmento e risignificando l’orizzonte di attesa. Come se si trattasse non di una rappresentazione, ma dei resti di una rappresentazione, in cui i personaggi incertamente recitano se stessi e la propria vita. Come se il testo stesso avesse dei ripensamenti e volesse riprovarci in altro modo.
Così per mettere in scena L’amore del cuore – in questa alternanza perfetta tra storie familiari e l’esilarante, cupissimo meccanismo a orologeria disegnato da Churchill – l’attore è costretto a prendere posizione sulla scrittura stessa, assecondandola, fraintendendola o ‘sabotandola’ – perché il testo lo richiede e il divertissement teatrale lo consente – mentre il regista continua il
lavorio di un vigile direttore d’orchestra cui però inesorabilmente scappa di mano l’organico.
Proprio per questo, scegliamo per L’amore del cuore la forma ibrida e ‘ambigua’ di quella che potrebbe a prima vista sembrare una messinscena, ma con l’intenzione di radicalizzarne e metterne a nudo il dispositivo interno, facendone – letteralmente – il disegno di regia. Mostrando, in tempo reale il ‘combattimento’ dell’attore e l’immediatezza delle sue reazioni di fronte alla parola ricordata, dimenticata e rimemorata – la sorpresa procurata dalla stessa frase ripetuta più e più volte nell’arco del testo, o gli inciampi suscitati dall’esplosione del meccanismo narrativo. Ma anche semplicemente lo stupore di un testo che pagina dopo pagina si srotola, si inceppa, si dipana e si incaglia, che perde e riprende senza sosta il filo della narrazione. Scelta artistica ed espressiva che – in una messinscena compiuta e dettagliata intorno a un tavolo familiare, ‘ambiente’ apparentemente realistico – mostra l’attore alle prese con il linguaggio stesso, rivelando il processo che lo porterà alla graduale – e forse involontaria – ‘caduta’ nel personaggio.

La scrittura di Caryl Churchill, come un vaso di Pandora, è piena di affascinanti trabocchetti drammaturgici, d’invenzioni e sperimentazioni sul filo della lingua e dell’azione, sotto cui sono disseminati i temi, la messa in scena della realtà, la frattura tra questo rappresentare e il rappresentarsi, come società o come uomini, rincorrendo quella cosa chiamata verità.

Sabato 2 luglio

Dalle ore 10 alle 19 Palazzo Mazzetti

La Stanza

(replica)

Ore 19.30 Casa del Teatro (via Goltieri)

OperettAlzheimer – Allegro ma non troppo

Tragicomico assolo a due mani
di e con Marzia Gambardella

con la complicità di Valentina Della Torre

MalaStrana Compagnie (Francia)

Prima regionale

La Signora in scena fa la sua giornata: un’Ave Maria, un po’ di radio, un pensiero, un ricordo…
La Signora in scena fa la sua giornata: un’Ave Maria, un po’ di radio, un pensiero, un ricordo…
La Signora in scena fa la sua giornata: un’Ave Maria, un po’ di radio…
Ma è davvero la radio che sta ascoltando?
E cosa ascolta poi? Con chi? Dove? Quando?
Domande inutili: la Signora in scena fa la sua giornata.
OperettAlzheimer è un amoroso omaggio al tragicomico assolo a due mani che accompagna i vuoti di questa malattia.
Un assolo, perché́ si è indicibilmente soli di fronte a chi non ti riconosce più. ̀Tragicomico, perché́ spesso (per fortuna) così è la vita. A due mani, perché́ solo queste abbiamo e a volte ahimé non bastano!
OperettAlzheimer è uno spettacolo senza parole – anche quando ce ne sono.

In scena marionetta e marionettista s’intrecciano, si mescolano seguendo la logica poetica dello spettacolo in cui la frontiera tra animato e inanimato si fa molto, molto sottile.
OperettAlzheimer è un Allegro ma non troppo, perché́ la Signora, io lo so, ha un bel carattere. Sebbene dimentichi continuamente tutto, confonda le cose, si confonda, si arrabbi e di nuovo si dimentichi, lei ha un bel carattere: canticchia, sorride… e fa la sua giornata: un’Ave Maria, un po’ di radio, un pensiero, un ricordo…
I brani recitati alla radio e dal vivo sono estratti da l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. La Signora da giovane conosceva a memoria capitoli interi di questo poema ed oggi le piace molto riascoltarlo.

“La marionetta è uno strumento drammaturgico molto potente, il suo luogo è nel confine tra concreto e astratto, tra animato e inanimato, tra vita e non-vita. Con la sua sola presenza la marionetta ci racconta di questo luogo, ne diventa testimonianza. La sua figura è perturbante, ambigua: con il suo semplice esserci la marionetta evoca quel confine, lo rende concreto ai nostri occhi, portandoci nel luogo dove gli opposti convivono. Nel mio lavoro marionetta e marionettista si intrecciano, si accavallano, si mescolano e confluiscono in quel confine, rendendo visibile in modo immediato ciò̀ che è molto complesso, forse impossibile, spiegare a parole”. Marzia Gambardella

Ore 21.30 Teatro Alfieri

Argonauti e Xanax

Drammaturgia e regia Daniele Vagnozzi 

con Luigi Aquilino, Daniele Vagnozzi, Denise Brambillasca, Gaia Carmagnani, Pietro De Nova, Eugenio Fea, Ilaria Longo 

assistente alla regia Noemi Radice 

assistente alla drammaturgia Valentina Sichetti 

scenografie e costumi Gaia Carmagnani 

paesaggi sonori Danilo Randazzo 

organizzazione Carlotta Spitaleri

una produzione Compagnia Caterpillar Con il patrocinio di Ordine degli Psicologi della Lombardia nell’ambito della residenza artistica al Teatro Filodrammatici di Milano Con il sostegno di Fondazione della Comunità Monza e Brianza Onlus e Teatro Binario 7 Progetto scuole in collaborazione con Jonas Monza Brianza Onlus presso il Liceo Statale Carlo Porta di Monza. Si ringrazia ACS Abruzzo Circuito Spettacolo Progetto Zone Libre

Prima regionale

“Panico. È l’esperienza del limite della vita. È la paura della paura”.

Nel poema epico Le Argonautiche di Apollonio Rodio, giovani eroi salpano alla ricerca di un inestimabile tesoro. Oggi, però, gli Argonauti sembrano non salpare mai, intrappolati dalle mura dell’ansia e degli attacchi di panico. Come molti di loro, Marco, si è chiuso in casa e respinge qualsiasi tentativo di aiuto da parte dei suoi amici fino all’arrivo di Sara, l’unica che riuscirà a mostrargli una possibile quanto pericolosa via di fuga. Mitologia e attualità si mescolano in Argonauti e Xanax, un viaggio avvincente nel nostro presente, sospeso tra paura e sogni, amicizia e isolamento, un presente in cui è facile perdere la rotta senza il lavoro di squadra. Un vero e proprio thriller teatrale sulla nuova era, l’era dell’ansia.

È evidente che la parola “ansia”, oggi, fa parte del nostro dizionario quotidiano e quasi ognuno di noi sa, per esperienza diretta o indiretta, cosa sia un ansiolitico, un tranquillante o un attacco di panico. Ma cos’è la paura? La paura è questo cane che si morde la coda e che più morde più ha fame, in un cerchio senza fine. A meno che non smettiamo di mordere e rompiamo il cerchio, a meno che non si tenti di vincere l’ansia di ciò che verrà con quello che c’è, che è presente. E il presente è una pianta che si coltiva sempre con qualcuno, mai da soli. Argonauti e Xanax è il piccolo ma feroce tentativo di coltivare questa pianta, di riprendersi qualcosa, di tornare a casa. La necessità di parlare di ansia e panico è nata, a fine 2018, di certo dal mio amore per la psicologia e dalla mia formazione, ma soprattutto da un allarme sociale. Guardandomi intorno, infatti, vedevo quanto fossero aumentati intorno a me gli amici, i coetanei e gli adulti, intrappolati oggi giorno da queste esperienze. Nella nostra società ansia e panico sono diventati un tabù al contrario, ne parliamo ovunque, nelle canzoni, nei film, al lavoro, a scuola, pensiamo di conoscerli, ma non sappiamo niente di loro. Secondo l’ISTAT nel 2017 erano tre milioni gli italiani che soffrivano di disturbi d’ansia, secondo altri studi nel 2020 saremmo arrivati a sei milioni. È qui che entra in gioco il teatro. A raccontare ciò che è enorme e nascosto, per renderlo leggero e manifesto. 

Domenica 3 luglio

Ore 20 Spazio Kor

Vita amore morte e rivoluzione

uno spettacolo documentario di e con Paola Di Mitri
collaborazione alla drammaturgia e creazione cinematografica Davide Crudetti
con la partecipazione in video di Ida Palmisano
progettazione e realizzazione scene Paola Villani
musiche originali Gaspare Sammartano

suono Hubert Westkemper
luci Raffaella Vitiello
collaborazione artistica Gabriele Paolocà
materiale d’archivio famiglia Di Mitri
produzione Cranpi
in coproduzione con A.M.A. Factory
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e di Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito
del bando “ART~WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena”
in collaborazione con ZaLab, Artinvita – Festival Internazionale degli Abruzzi
con il sostegno di A.n.t. “Primavera Non Bussa”, Centro di Residenza della Toscana
(Armunia – CapoTrave/Kilowatt), Teatro delle Forche, TRAC_Teatri di Residenza Artistica
Contemporanea, Teatro Biblioteca Quarticciolo, ATCL Circuito multidisciplinare della Regione Lazio per Spazio Rossellini

Anteprima nazionale

Muovendosi in una cartografia intima fatta di ricordi, filmini di famiglia e vecchie fotografie, la regista Paola Di Mitri ricostruisce la sua storia famigliare per trovare risposta ad una ferita personale che si sovrappone e si perde nelle cartografie di chi abita oggi Taranto e documentando il ritorno nella sua città dell’infanzia e delle feste.  Con l’aiuto dei supporti digitali presenti sulla scena e a seguito di un’inchiesta sul campo accompagnata da azioni partecipative, la storia personale lascia spazio alla dimensione collettiva per ridisegnare una geografia emotiva, sensoriale, storica e urbanistica di Taranto; una città cancellata e riscritta più volte, pensata per essere volano del Sud, ma che da sempre non è che campo di battaglia operaio, sfruttamento della forza lavoro, disastro ambientale, emergenza sanitaria, simbolo di una situazione meridionale mai risolta. Taranto si fa icona delle contraddizioni della società contemporanea dove gli interessi, la rabbia, la speranza e le preoccupazioni si confondono, mozzando il fiato alla rivoluzione.

Il progetto parte dal recupero, lo studio e il riuso di materiali d’archivio storico e familiare con
l’intento di salvare e trasmettere, attraverso il teatro e l’uso di dispositivi digitali, un patrimonio
visivo molto spesso nascosto e inaccessibile e restituendo, attraverso il recupero della memoria, un ritratto inedito del nostro Paese. Il progetto si concentra soprattutto sui materiali d’archivio famigliare, composti da filmati amatoriali, fotografie, diapositive e racconti tramandati oralmente, che rappresentano un’eccezionale testimonianza sociale e culturale del mondo a cui appartengono, pezzi importantissimi di memoria collettiva, documenti per osservare i cambiamenti di una collettività e di un territorio, per guardare alla storia italiana da un’ottica microsociale e ad altezza d’uomo.

Vita Amore Morte e Rivoluzione è un progetto nato attivando una politica di ascolto, con la convinzione che le persone, la loro conoscenza e la loro competenza siano la risorsa principale di un luogo.
Durante la prima fase d’indagine lo spettacolo si è nutrito di incontri, visioni, persone, realtà che abitano il territorio tarantino e con le quali si è giocato a costruire una mappa emotiva e affettiva grazie al progetto Cartografie, un ciclo di workshop svolti al Teatro Crest di Taranto e il Teatro delle Forche di Massafra.
Cartografie è nato con l’idea di coinvolgere un gruppo di cittadini nello sviluppo di un racconto non stereotipato della città, attraverso l’uso del video partecipativo, pratica di produzione audiovisiva condivisa riconosciuta dall’UNESCO quale tipologia di azione sociale che offre strumenti di espressione a gruppi esclusi dai mezzi di comunicazione di massa.
Con l’idea che Taranto sia una città, dall’antichità ad oggi, più volte scritta e cancellata, condannata a un destino particolare proprio perché particolare si presenta la sua geografia, si è giocato a immaginare come a questa struttura evolutiva urbanistica ne possa corrispondere una umana ed emotiva.
Il progetto Cartografie è nato in collaborazione con ZaLab associazione per la produzione, distribuzione e promozione di documentari sociali e progetti culturali.

Lo spettacolo è stato pensato mettendo assieme due linguaggi e pratiche differenti: le arti sceniche e le tecniche cinematografiche. La sinergia di questi due linguaggi dà vita a un teatro documentario in grado di mettere al centro della ricerca la possibilità di narrare grazie a un metodo di creazione partecipativa utilizzando il linguaggio della narrazione teatrale e le tecniche di ripresa documentaria.
Obiettivo della ricerca è la composizione di una uno spettacolo documentario capace di far dialogare il teatro con il cinema del reale, cercando di dare ai due linguaggi quello che naturalmente non hanno nei propri codici espressivi: al cinema la presenza reale e in carne ed ossa dell’attore, e al teatro la possibilità di andare oltre la scatola scenica sperimentando nuove tecniche di narrazione che contemplino l’uso degli strumenti digitali.
Scenicamente si indagano le potenzialità dell’utilizzo di una telecamera, di uno smartphone, di uno schermo, di supporti audiovisivi e di come questi dispositivi influenzano la costruzione di una drammaturgia contemporanea e lo sviluppo di un racconto teatrale.

Ore 22 Teatro Alfieri

The Jokerman
di e con: Michele Maccagno 

ideazione: Michele Maccagno, Francesco Maria Asselta, Marco Merlini 

drammaturgia: Francesco Maria Asselta 

regista collaboratore: Marco Merlini 

scenografia: Marco Rossi 

costumi: Gianluca Sbicca 

light designer: Gianni Pollini 

consulenza musicale: Emanuele De Checchi 

produzione: Elsinor Centro di Produzione Teatrale 

in collaborazione con: Riff Raff Teatro e Pav Academy 

Prima nazionale

Ogni epoca agisce secondo il proprio paradigma. O forse sarebbe ancora più interessante sostenere come ogni paradigma agisca la propria epoca e ne consenta le proprie “finite possibilità”. Lungo questo perimetro che credo essere soprattutto cognitivo, resta sempre plausibile intravedere il fantasmagorico spettacolo dell’impossibile, ovvero del proibito, che è una forma del possibile: è ciò che si potrebbe anche, ma no. Sono forme e spazi ipotetici proibiti che conosciamo a malapena, e questo vale anche per quei soggetti che li abitano con maggiore frequenza. Potenzialmente le azioni e i pensieri potrebbero essere infiniti, incommensurabili. Eppure nella realtà, così come la conosciamo come esseri umani, questa infinita possibilità si scontra contro una forza selezionatrice, frutto del paradigma dell’epoca in cui si vive. Di fronte a ogni scelta perdiamo qualcosa, anche se non sempre ne abbiamo piena coscienza. È in questo spazio di decisione, è nel libero arbitrio che si insedia la questione del male. Non ci fosse la possibilità della scelta, se nella natura così come la conosciamo non fosse previsto lo spazio per la libertà, non potrebbe esistere il male. Sono forme e spazi ipotetici che conosciamo solo perché ogni azione, o pensiero, è sempre il risultato di una scelta, e nella scelta percepiamo l’esistenza di un altro mondo, la possibilità autentica dell’altro. È una fantasmagoria, una flebile luminescenza che rischiara appena quel territorio che abbiamo deciso di non attraversare. Sappiamo che c’è, è lì accanto a noi e lo sentiamo, ne percepiamo la presenza: ne conosciamo però solo la soglia. In fondo è quello il territorio abitato Joker: in ciò che abbiamo deciso di non essere, e in molti casi in ciò che ci affascina come possibilità. Il personaggio di Joker è un mito della contemporaneità che ci interessa nella misura in cui risulta fondativo per il presente, e come ogni mito fondativo vive in comunione e unità con i miti antichi. Anzi, ne trae nutrimento. Un segno semi-ovale. Joker è un anarchico, e come tutti gli anarchici odia dipendere dalla società. Però non potrebbe esercitare il magistero del suo pensiero se ciò che combatte alla fine si disgregasse. Ed è a questo che serve essenzialmente l’elemento ludico: Joker non può che essere questo, è alterno, scostante, imprevedibile. Se fosse un soggetto centrato, metodico, costante, non sarebbe Joker. Se volessimo uscire dal contesto narrativo, e guardarci intorno nella realtà e nei tipi psicologici, sarebbe più un terrorista e non un nazista, ad esempio. Il terrore non è uno sterminio. Il terrorismo si nutre quasi esclusivamente di simboli, la Shoah quasi esclusivamente di numeri. Sottomettere il nemico non è cancellarlo. Nella sottomissione ci sono elementi tipicamente jokeriani: l’ipotesi del rovesciamento dello status quo, la pochezza dei mezzi rispetto al proprio nemico, l’attacco simbolico nel territorio stesso del nemico per farne saltare l’architettura gerarchica. L’Olocausto invece è uno sterminio triste, ripetitivo, industriale. Impossibile classificare questo genere di male come possibile azione jokeriana. Sembra una differenza da poco: è un abisso. In questo è un soggetto speculare al suo nemico, due figure mitiche, due forze opposte che non possono esistere l’una senza l’altra. Sono lo yin e lo yang, un’antitesi che genera narrazione, possibilità di racconto. Joker è un segno. Nell’ipotesi di uno spettacolo che sia esso stesso la possibilità spettacolare di uno studio su Joker, la scelta è quella di utilizzare gli strumenti dell’archeologia per cercare l’essenziale. La struttura dello pièce condividerà molto della propria natura con l’attività dello scavo, della ricerca. Perché forse non appare a una visione di superficie, ma quel segno rosso che è la sua essenza, l’essenziale (il suo sorriso, sottolineato dal sangue del taglio sul viso, quella cicatrice umida e malsana) è la scelta estetica che sintetizza secoli di querelle e di dispute filosofiche, tomi sulla Teodicea e sulla possibilità dell’esistenza del male nonostante la presenza di Dio, discorsi sul bene e sul male che insistono come potenti forze generatrici sociali. Dietro quel ghigno rosso sangue, potente e simbolico, risiedono le forze delle antiche feste di cambiamento stagionale, la notte orrorifica di Ognissanti (divenuta mondialmente riconosciuta come Halloween) e il Carnevale, la cristianità e il paganesimo, le antiche maschere del riso demoniaco (l’amante di Joker non si chiama casualmente Harley Quinn, che tanto ricorda Arlecchino) e i miti nordici della Caccia Selvaggia, alla base della nascita del riso, secondo le ricerche antropologiche. Batman è qualcosa di più della Legge, è il sigillo della convivenza, è la possibilità del progetto e del futuro. Joker è il caos, la paura primordiale del disordine, è l’ombra della fine. Batman attua azioni che nessun uomo di legge potrebbe fare, lui fa il lavoro sporco: Joker è lo sporco. Batman ha una maschera, Joker è una maschera. Sembra niente, è un abisso. E in molte scene è su quell’abisso che si combattono tenendosi stretti. È sempre molto in alto che Batman cerca di salvare invano o salva miracolosamente Joker, in quella che è una continua variazione sul mito da più di ottant’anni. L’elemento auto-biografico. Il titanismo è tipico di queste maschere così studiate, così ricercate, così stilizzate dall’opera degli autori. Sono rappresentazioni di qualcosa di troppo grande: Batman come la forza del bene, Joker come la minaccia all’essenza stessa di ciò che crediamo essere umano, Gotham come fosse la miniaturizzazione del mondo fisico e delle dinamiche sociali. Non è un semplice racconto, è un universo: tutto si tiene. Eppure all’interno di questa smisurata massa narrativa, l’unica forma di spettacolo e quindi di nostra partecipazione alla festa, è la possibilità dell’immersione di un attore in questa dimensione ciclopica. Un elemento di estraneità in un contesto così rotondo e perfettamente plastico. Bisogna trasformarsi in luce, una luce estranea, una capacità di illuminare la radici del mito di Batman e Joker attraverso la propria esperienza personale. Ma per stare dentro questo quadro, per potersi muovere in questo ordito narrativo così potente, cercando di portare alla luce una propria interpretazione del mito in questione, occorre esserne all’altezza: se questo mito, come tutti i miti, parla di noi, allora parliamo davvero di noi, evitando come la peste gli escamotage auto-biografici, così in voga, e cercando piuttosto di usare lo strumento della confessione, per capire se la nostra vita potrebbe rappresentare un calco perfetto di quel racconto. Che cos’è Joker? E cos’è il male per me? È questo che dobbiamo chiederci, mentre raccontiamo come la figura di Joker sia perfetta per incarnarlo, e da quale notte dei tempi ci sia arrivata in dono la sua maschera demoniaca. E allora mentre queste figure colossali si combattono nel loro orizzonte degli eventi, e quasi non percepiscono la nostra presenza, non ci resta che una sola possibilità: fare luce, filtrare all’interno del quadro come se si fosse un raggio, per poter raccontare l’origine di questa figura, cercando di allestire un’archeologia spettacolare, portando in dono l’elemento autobiografico. Se penso a un esempio possibile, plastico, per riuscire a spiegare le funzioni e la struttura di questa idea di spettacolo, direi che occorrerebbe avere la stessa funzione della luce ne “La vocazione di San Matteo”, di Caravaggio: un corpo estraneo, alieno, che illumina con la propria direzione il composto di personaggi in quell’osteria. In fondo, a quel risultato finale, a quel compromesso tra il male e il ridere, a quel taglio rosso, come ci si è arrivati, se non partendo da esperienze personali? Come si è potuto sintetizzare in un solo personaggio, tutto questo? Insomma, che cos’è The Jokerman?

Tornano gli aperitivi “Pensiero profondo” alle 19 nel cortile interno del Diavolo Rosso, durante i quali sarà possibile incontrare i protagonisti del Festival.

Questo il calendario degli incontri: 23 giugno “Pietre Nere”, 24 giugno presentazione guida TrovaFestival, 25 giugno “Rimbambimenti”, 26 giugno “L’Oreste”, 27 giugno “Stupida show!”, 28 giugno “Il merito delle donne”, 29 giugno “Spezzato è il cuore della bellezza”, 30 giugno “Favola”, 1 luglio “OperettAlzheimer, 2 luglio “Vita amore morte e rivoluzione”, 3 luglio chiusura con Emiliano Bronzino.

Inoltre, è previsto un laboratorio gratuito legato allo spettacolo “Secret Sacret”.

Il 20 giugno dalle 16 alle 20, e il 21 e 23 giugno dalle 10 alle 14 alla Casa del Teatro in Via Goltieri, e il 24 giugno dalle 10 alle 14 nel Cortile dell’Archivio Storico avrà luogo un laboratorio esperienziale e interattivo dove la voce e il corpo dei partecipanti guideranno l’esplorazione personale e istintiva alla ricerca di un luogo da abitare e d’incontro.

 Si riprenderanno i temi per dello spettacolo per costruire un’azione di comunità come stimolo per riscoprire il senso dell’origine in una scelta di povertà in cui i gesti si stagliano semplici sulla scena e la parola incarna l’azione come una pietra.

Nel teatro creato insieme l’azione diventa simbolo, metafora, magia necessaria contro lo spauracchio dell’irrilevanza e dell’invisibilità.

Si lavorerà con i corpi e le voci, con le pietre che ognuno riuscirà a portare e con quelle che si troveranno sul posto per costruire il luogo da abitare con il canto che ci richiama all’azione e l’ascolto che crea l’incontro. La comunità sarà parte dell’azione scenica, dapprima in uno spazio intimo che si apre poi all’accoglienza di chi verrà ad assistere all’evento. Lupi tra gli uomini e uomini tra i lupi.

Il laboratorio è gratuito e aperto a tutti previa prenotazione su www.allive.it , non sono richieste precedenti esperienze teatrali per partecipare.

Infine, aspettando AstiTeatro, dal 5 al 22 giugno in vari bar e locali della città arrivano gli “Incontri”, con Sergio Danzi e Marco Zanutto, momenti di disturbo culturale all’ora dell’aperitivo. Prossimi appuntamenti, tutti alle 19: 19 giugno Circolo Antiche Mura, 20 giugno Caffè Vittoria, 21 giugno Fuoriluogo, 22 giugno Cafelait.

Biglietti spettacoli: 10 euro; 8 euro ridotto abbonati stagione Teatro Alfieri, over 65, under 35, possessori Kor Card e tessera plus Biblioteca Astense; 5 euro ridotto operatori. 

Biglietto speciale 5 euro lo spettacolo “Quadrotto, Tondino e la luna” (fuori abbonamento). 

Biglietto 10 euro (ridotto 8 euro) per lo spettacolo in VR “Così è (o mi pare)” (fuori abbonamento).

Ingresso spettacolo in VR “La stanza” (fuori abbonamento) + visita mostra di Palazzo Mazzetti: prenotazione obbligatoria con ritiro biglietto spettacolo (5 euro) presso biglietteria Teatro Alfieri. Presentando il biglietto alla cassa di Palazzo Mazzetti sarà possibile ritirare un secondo biglietto da 5 euro che darà la possibilità di visitare nella stessa giornata la nuova mostra “Il Vetro è vita. La collezione Pino e Donatella Clinanti”.

Bandakadabra “Ok, boomer” e presentazione guida Trovafestival: ingresso libero.

Per Under 25: 3 biglietti gratuiti per spettacoli a scelta. 

Abbonamenti: 108 euro per18 spettacoli, 70 euro per 10 spettacoli.

Prevendite aperte presso la biglietteria del Teatro Alfieri, aperta durante il festival tutti i giorni dalle 10 alle 17, un’ora prima nei luoghi di spettacolo, e online su www.bigliettoveloce.it. Info 0141.399057 – 0141.399040. Prenotazioni www.allive.it 

Durante il festival sarà attivo tutti i giorni dalle 15 alle 18 un punto informativo al Diavolo Rosso (Piazza San Martino).

Saranno inoltre disponibili menu a prezzo agevolato presso il Gat Rustì di via Bonzanigo e il Diavolo Rosso.

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