FRANCO TESTORE - GAZZETTA D'ASTISOGLIO – Sotto al titolo “Camici bianchi in noir”, domenica 20 ottobre decollano gli incontri dei “Mesi del giallo” in Val Rilate. L’appuntamento è per le 17 a Soglio, nei suggestivi spazi delle Antiche Cantine di Palazzo Comunale (ingresso libero). Protagonisti tre medici con la passione della scrittura: Giuseppe Naretto, anestesista rianimatore in un ospedale torinese, presenterà i due fortunati libri stampati a soli sette mesi di distanza, tra il 2012 e il 2013, da Ponte alle Grazie: “Notti di guardia” e “L’orizzonte capovolto”. Con lui ci sarà Michele Bracciotti, odontostomatologo a Bra, con il suo primo romanzo, “La Sfinge della Vite” (Araba Fenice), mentre l’oncologo astigiano Franco Testore, pluripremiato con il libro autoprodotto “Il bacialè”, modererà l’incontro. Originale il personaggio che Naretto mette al centro dei suoi due romanzi: il medico investigatore Massimo Dighera. Come il suo autore, lavora nella rianimazione di un grande ospedale: “E’ il medico che vorremmo incontrare se mai finissimo in ospedale – ha scritto Alessandro Perissinotto, affermata penna torinese – per lui verità e umanità sono inseparabili”. Una notte (“Notti di guardia”) nel suo reparto viene ricoverato Aldo Martinez, vittima di un gravissimo incidente stradale. Per uno come Dighera, stare al fianco chi lotta tra la vita e la morte è storia di tutti i giorni, ma di fronte a quest’uomo ammutolito, immerso nel suo sonno indotto, in lui scatta qualcosa: sente il bisogno di capirci di più. Perché un manager in carriera, di ritorno da un viaggio d’affari, si getta all’improvviso contro un Tir? Ha così inizio un’indagine che dal letto d’ospedale passa al luogo dell’incidente. Abituato a confrontarsi con la sinistra prossimità della morte, Dighera sperimenta il disorientamento che si prova, talvolta, di fronte alla nudità del cuore di un altro essere umano: forse vittima, forse carnefice, forse entrambe le cose. Ne “L’orizzonte capovolto” la vita di Dighera scorre tranquilla, a Torino, fino a quando non viene investito da un’automobile mentre fa jogging: ha una brutta frattura, finisce in rianimazione, dove per una volta è paziente e non medico, e fa l’esperienza istruttiva e straniante di vivere le paure dei suoi pazienti. In reparto incontra Davide, un ragazzo che ha salvato dalla morte molti anni prima, e che non ha superato il trauma dell’incidente in montagna in cui ha rischiato la vita: ha completamente dimenticato la dinamica della tragedia, ed è visitato da incubi. Dighera, per la prima volta dopo anni di lavoro disperatissimo in reparto, ha molto tempo libero, che gli permette di pensare alla storia di Davide e di cominciare una nuova indagine. Dopo il torinese Giuseppe Naretto (dal 2006 si occupa di etica e comunicazione nei processi di cura ed è uno dei fondatori del blog nottidiguardia.it) toccherà a Michele Bracciotti, pisano di origini, ma residente a Bra. In “La Sfinge della Vite” la parte del protagonista tocca al trentenne Corso Ciuti, laureato in entomologia agraria che non esercita la professione, ma anche cameriere, la sera, nella pizzeria dell’amico Ranieri, fidanzato in perenne conflitto con la bella Mara e un tormento per l’agente di polizia Giorgio Lentini, anch’egli suo amico fin dai tempi del liceo. Corso è tutto questo, è un individuo che sceglie di non scegliere, che rifiuta istintivamente tutto ciò che può omologarlo al modo di vivere comune. Seguendo il suo istinto irrefrenabile, combatterà contro chi si ostina a considerare casuali alcuni fatti di cronaca dei quali lui stesso è testimone, in un gioco d’azzardo che metterà più volte a repentaglio la sua incolumità.