SONY DSCCi saranno ancora pagine da scrivere sulla drammatica giornata del 24 luglio 1944 a Valfenera,  quando i tedeschi minacciarono di bruciare il paese, ma soprattutto c’è ancora molto da raccogliere   e ricostruire sulla storia del movimento partigiano del Nord Astigiano.   Ne hanno convenuto ieri Israt e Comune a conclusione dell’incontro “Valfenera brucia”, voluto per   ripercorrere il tragico evento di 70 anni fa: Municipio strapieno e con molti giovani. In prima fila la   vedova del comandante partigiano Giovanni Scagliola, “Piero”, che in frazione Villata fissò la sede   della brigata Domenico Tamietti (Giustizia e Libertà) dopo aver fatto base a Cellarengo. “Invece Gino Cattaneo, socialista originario di Collegno – ha raccontato Mario Renosio, direttore   dell’Israt – si insediò a Ferrere, con la Divisione Matteotti, appena qualche settimana prima dei   drammatici fatti del 24 luglio: quel giorno, sulla strada tra Ferrere e Villanova, decise con i suoi   uomini di assaltare un camion tedesco diretto ad Asti: voleva fare prigionieri da scambiare con il  fratello diciassettenne Renzo, anche lui partigiano, arrestato a Torino e destinato alla fucilazione, come poi effettivamente avvenne”. Ma l’attacco a sorpresa si trasformò in un violentissimo scontro a fuoco quando sopraggiunsero altri   automezzi nemici: finì con un ferito e due morti, tra cui il comandante della Luftwaffe insediata ad Asti. Reparti tedeschi e repubblichini, sopraggiunti in paese, iniziarono a girare casa per casa per   prendere gli uomini (per ogni tedesco morto, dieci italiani fucilati era la consegna), pronti anche a  seguire l’ordine: “Alle 4 e 45 del pomeriggio evacuare il paese, alle 5 e un quarto incendiarlo”.  Lo ha ripetuto Ester Maria Cotti, testimone di quei fatti, rimasta sola a trattare con il comandante tedesco mentre in paese cercavano di mettersi in salvo. Aveva poco più di vent’anni e un grande   coraggio: sfollata da Torino, conosceva il tedesco e questo, insieme alla sua caparbietà, si rivelò determinante. “Trattai con lui alla pari – ha ricordato la protagonista di quel giorno, divenuta poi   cittadina onoraria di Valfenera – sempre tranquilla: volevo salvare il paese. Anche per aver soccorso   con altri il militare ferito e l’ufficiale che poi morì, il comandante mi assicurò: non bruceremo la sua   casa. Io replicai: non deve bruciare il paese, non la mia casa”. Al termine di una trattativa concitata,  la decisione di dare fuoco ad alcune abitazioni e cascine: quelle di Casabianca, le più vicine al luogo   dell’agguato.   La ricerca casa per casa dei repubblichini costò un ferito, Giovanni Battista Novarese, dichiarato   inabile permanente, e un morto, Carlo Tione, giardiniere dei conti Quirico, colpito dai tedeschi: notizie che il sindaco Paolo Lanfranco ha ricavato da nuove carte che il Comune ha da poco   acquisito. La ricerca minuziosa si è spinta, attraverso l’Israt, fino all’Ufficio storico della Stato Maggiore dell’esercito, dove affluirono le richieste per il risarcimento dei danni dovuti all’incendio, e anche oltre: “Abbiamo contatti in corso con la Germania – ha indicato Lanfranco – per cercare   di rintracciare i famigliari dei tre tedeschi coinvolti nell’agguato e offrire loro una ricostruzione   puntuale dei fatti: i valfeneresi non solo non parteciparono all’azione, ma soccorsero i feriti”. In sala anche Barbara Baino, consigliere delegato alla Cultura della Provincia, amministratori di   Ferrere, Cisterna, Villanova, Dusino San Michele. “Proprio a Dusino – ha ricordato Renosio – il   giorno di Pasquetta del 1945 un gruppo di civili venne messo contro il muro della chiesa per una   rappresaglia tedesca che, per il deciso intervento del comandante Piero, non fu portata a termine”.   Un fatto da approfondire, come altre pagine ancora da scrivere del movimento partigiano del Nord   Astigiano.