“L’onorevole Pd Massimo Fiorio, in una recente intervista sui media locali, attribuisce al professor Stefano Rodotà quella qualifica di “casta” che, evidentemente, si sente pesare addosso. Farebbe meglio a riflettere, lui e il Partito che rappresenta, sulle cialtronesce vicende di cui sono stati protagonisti. Quanto alla “casta”, ciò che la qualifica è la sua separatezza dai corpi vivi, di donne e uomini, che dovrebbe rappresentare. A partire dal genere: qualsiasi rappresentanza (partitica, istituzionale, associativa, del mondo del lavoro, dei movimenti, ecc.) che non sia perfettamente duale, che non rispetti la conformazione dell’umanità che è fatta appunto da uomini e donne, e non da individui neutri, è una “casta”. I Saggi di Napolitano lo erano. E tutti i candidati “veri” alla Presidenza della Repubblica, tutti proposti dal Pd, erano maschi, al di là delle chiacchiere su possibili candidature femminili che non sono andate al di là delle ipotesi. Queste cose Rodotà le dice da una vita. E “casta” c’è, dovunque si eserciti un potere su qualcuno/a, che si tratti di un grande o di un piccolo potere: licenziare ingiustamente, schiacciare un interlocutore con il peso della propria cultura, concedere un diritto come se fosse un favore, usare una posizione di prestigio per trinciare giudizi senza contradditorio. Come fa Fiorio. Rodotà è un giurista di fama internazionale, che su questi nodi fondamentali studia e scrive e parla da una vita. Pensare di liquidarlo con una frase supponente e offensiva è proprio tipico della “casta”. Queste sono le cose serie, cioè la necessità di un cambiamento profondo, una rivoluzione umana, se noi umani vorremo farla. Certo ci vuole capacità di lotta, volontà, continuità. Se questo percorso lo si vuole iniziare. Altrimenti, ci meritiamo la casta”. Michele Clemente, Monica Parola referenti Nodo Astigiano di A.L.B.A. (Alleanza Lavoro Benicomuni Ambiente)