“Partiamo dal fatto che la salute umana è più importante di qualsiasi profitto e che essa non può essere nè barattata, nè messa sullo stesso livello di altre attività antropiche.
 Asti è una città inquinata, e non lo dico io o qualche cittadino che non ne può più di respirare monossido di carbonio o benzene al posto dell’ossigeno, ma lo dicono i dati di Legambiente: 55 mg di PM 10 e PM 2,5 su un metro cubo di aria per più di 90 giorni all’anno. Al di là delle statistiche e degli studi scientifici fatti da vari enti e associazioni, non servono degli scienziati per capire che l’aria di Asti è marcia, satura di sostanze chimiche nocive alla salute umana. La giornata del 16 febbraio in piazza San Secondo ci ha fatto capire che la battaglia che stiamo portando avanti è molto sentita dalla cittadinanza. Cittadini che vivono in zone ad alto rischio come via Brofferio, via XX Settembre hanno manifestato apprezzamento per la nostra iniziativa. Nel contempo hanno manifestato tutta la loro rabbia per la situazione non più sostenibile causata dall’invasione delle auto in quelle zone. Tra l’altro, a parte l’inquinamento che crea grossi problemi legati alle vie respiratorie, c’è anche il problema della viabilità pedonale e il problema legato all’inquinamento acustico. Le migliaia di auto che percorrono ogni giorno in modo caotico e disordinato il nostro bellissimo centro, lo stanno dequalificando e degradando. Per rispondere a chi sostiene che la chiusura del centro storico potrebbe creare molti problemi economici ai commercianti, rispondo dicendo che noi siamo con i commercianti. 
I commercianti sono strozzati dai grandi centri commerciali. La grande distribuzione in questi anni è stata favorita dalla politica di sviluppo dell’economia globalizzata che le amministrazioni comunali, sia di centro sinistra e che di centro destra, hanno favorito negli anni. Quindi i commercianti potrebbero solo giovarne positivamente da una eventuale chiusura del centro storico. Il centro storico con opportune politiche di promozione e di riqualificazione culturale, ludica, e commerciale potrebbe rivivere un nuovo periodo di prosperità, aumentando anche la qualità della vita di chi lo abita e di chi decide di fruirne per fare spesa, per frequentare ristoranti, pizzerie, bar”. Francesco Coccia