PALIO DI ASTI - PRIMA BATTERIA“Domenica, avendo sfilato, mi trovavo nel parterre di piazza Alfieri; e stavo per assistere alla prima batteria del Palio quando (forse per un terribile incidente, forse per errore del fantino) il cavallo Mamuthones è morto rovesciandosi oltre il canapo. La reazioni sono state tantissime, e molto diverse tra loro: da un lato chi, animalisti in testa, ha chiesto l’immediata soppressione della manifestazione; dall’altro quelli che, come me e tanti altri amanti del Palio, la pensa diversamente. Le tesi si sono scontrate duramente in questi giorni, e l’eco del dibattito è stata ulteriormente amplificata dai social network. Se ogni opinione è lecita, però, una narrazione fedele, e mai tendenziosa, dei fatti e una giusta dose di coerenza sono d’obbligo, specie da parte di chi fa informazione. Quanto alla fedeltà narrativa, ho trovato piuttosto ingiusto il titolo in prima pagina di un giornale di lunedì: “Asti, quel cavallo morto per far giocare dame e cavalieri”. Non mi è chiaro cosa Gianluca Nicoletti intendesse per “giocare”. Ma se aveva in mente qualcosa di prossimo al “divertirsi”, sappia che nessuno (ma proprio nessuno!) si è divertito a veder morire un cavallo; e meno di tutti chi, come le dame e i cavalieri reduci dalla sfilata, si trovava in piazza mentre la tragedia si consumava. Chi c’era è testimone di una piazza completamente ammutolita; dei pianti di molti presenti, e della disperazione stampata sui volti; dell’applauso generale alla decisione di rinviare la corsa, il cui clima festoso era ormai completamente guastato. Non si ama il Palio senza amarne i protagonisti, ovvero i cavalli. Tantomeno la morte di un così splendido animale è necessaria alla corsa, come invece faceva intendere il titolo: il Palio non è una corrida, né un combattimento tra cani, che devono invece finire con una vittima. Negli anni sono anzi stati fatti enormi sforzi sul lato della sicurezza, e infatti i risultati si sono visti: dal 2003 i cavalli vittime sono stati 5, Mamuthones compreso. Se in passato le morti erano nell’ordine di una a corsa, oggi il loro numero è stato drasticamente abbattuto. Infine, la decisione di sospendere il Palio è stata presa non per la morte del cavallo, come scritto da tanti giornali (anche nazionali), quanto per la pioggia fittissima. Quanto alla coerenza, sarebbe meglio se chi sostiene che una corsa non vale il mettere in pericolo la vita di un cavallo, tenesse a mente che nemmeno cinture e scarpe in pelle crescono sugli alberi. La stessa carne, come insegna qualunque vegetariano, è rinunciabile: il che rende il mangiare animali un piacere non necessario, non diversamente dal vederli correre. L’unica differenza: per fare una bistecca o una borsa è indispensabile uccidere; per correre un Palio, no. Forse sarebbe il caso di ricordarlo all’ex Ministro Brambilla, in prima linea contro il Palio, la quale quando non fa politica commercializza prodotti ittici (spero almeno che quei pesci si siano suicidati!). Sarebbe anche opportuno farlo presente a Bruno Gambarotta, che su La Stampa di martedì, invitava a sopprimere la corsa e a valorizzare le Sagre: inciampare su un piatto di agnolotti sarebbe, a suo dire, meno violento che inciampare contro un canapo. Peccato che alle Sagre 2013, tra agnolotti d’asino (Calliano), al sugo di carne (Rocca d’Arazzo) e con sugo d’arrosto (Viarigi), non ci fosse neanche un piatto di agnolotti non condito a carne. Chissà quante vittime per un piatto di agnolotti…”. Enrico Goitre