La questione dei ‘costi della politica’ è da tempo al centro dell’interesse dell’opinione pubblica. “Giustamente – dice il consigliere regionale PD Angela Motta – i cittadini, chiamati a fare sacrifici davvero ingenti, non tollerano che possano persistere sprechi e privilegi a favore della cosiddetta ‘casta’. Il Governo con la manovra ha voluto affrontare il capitolo dei ‘costi della politica’ prevalentemente colpendo le istituzioni intermedie, ovvero le Province (con la soppressione di quelle con meno abitanti, tra cui Asti) e i Comuni (con l’accorpamento di quelli più piccoli)”.
Prosegue Motta: “Da tempo si è radicata la convinzione che Province e Comuni siano di per sé causa di sprechi e costi inutili, e questo luogo comune ha creato il terreno fertile per i provvedimenti voluti dal Governo, provvedimenti populisti coerenti con la visione antidemocratica di questa destra secondo la quale basta un uomo solo al comando mentre tutto il resto (a cominciare dal Parlamento) rappresenta solo un ostacolo, una perdita di tempo e un costo da abolire. Siamo pronti a ragionare e discutere di riduzione dei costi e semplificazione amministrativa, ma non accettiamo la demagogia di gruppi di potere che in una notte, messi con le spalle al muro dalla Comunità internazionale, hanno pensato di risolvere i problemi del Paese colpendone l’anima della struttura amministrativa costituita da Province e Comuni e venendo a infierire su quegli enti che spesso costituiscono l’unico presidio per un territorio fragile, da tutelare e proteggere. Gli amministratori dei nostri piccoli Comuni svolgono un servizio prezioso e indispensabile, lo fanno praticamente gratis gestendo vasti territori che comprendono boschi, coltivazioni, acque. Sono le Province e i Comuni a garantire i servizi, a tutelare l’ambiente naturale e culturale, a occuparsi di asili, scuole, strade, rifiuti, attività commerciali, ecc. Sono loro a rappresentare il livello dello Stato più vicino al cittadino.
Davvero crediamo che enti intermedi non servono? Davvero pensiamo che si possa difendere il nostro territorio, contrastandone l’abbandono e la desertificazione, e garantire servizi adeguati ai residenti senza le Province e sopprimendo i piccoli Comuni sotto i mille abitanti?
Il Partito Democratico ha presentato una proposta di legge costituzionale finalizzata al riordino dell’amministrazione statale e regionale con la quale si propone di razionalizzare le circoscrizioni provinciali. Questo è quello che serve: non cancellare tout court, ma razionalizzare, accorpando le Province e rivedendone i confini, istituendo le città metropolitane e favorendo l’associazionismo tra i Comuni. Se scegliamo la strada della ‘razionalizzazione’, allora possiamo ragionare su come ridisegnare i confini dell’astigiano. Accorpamento con la Provincia di Alessandria o con quella di Cuneo? Oppure un allargamento del territorio della nostra Provincia facendo diventare ‘astigiane’ realtà territorialmente e culturalmente contigue come il Monferrato alessandrino (Casale) e l’acquese, Alba e Bra o il chierese? Perché non proporre un ‘referendum’ tra gli astigiani, una consultazione popolare per conoscere le opinioni dei nostri concittadini sul destino della Provincia di Asti? Infine, non mi voglio sottrarre al tema dei ‘costi della casta’. Non è vero che i ‘problemi sono altri…’, perché si sa che il benaltrismo non ha mai risolto nulla ma è il codice morale di chi vuole lasciare le cose immutate. La crisi non permette a nessuno di rifugiarsi nell’immobilismo. Sprechi, inefficienze, privilegi e costi eccessivi ci sono in politica, eccome. E bisogna andare a colpirli, cominciando degli ‘enti inutili’, veri ‘cimiteri di elefanti’ utili solo a mantenere clientele piazzando l’amico di turno, dalle società partecipate (ex municipalizzate) troppo spesso utilizzate come agenzie di collocamento dei politici o ex politici, e ponendo fine allo scandalo che vede partiti oramai scomparsi continuare a godere del finanziamento pubblico. Ma, al tempo stesso, deve esserci l’onestà intellettuale di riconoscere che esistono altre ‘caste’ in questo Paese che ritengono di essere immuni dai sacrifici: basta ricordare i Top Manager che, anche se responsabili del fallimento o dell’indebitamento dell’ente da loro gestito, non rispondono mai delle loro colpe ma vengono premiati con liquidazioni milionarie”.
“So – conclude Motta – in quanto consigliere regionale, di essere una privilegiata. Ma credo di poter affermare, senza timore di smentita, che svolgo il mio lavoro onestamente e al servizio della comunità e non sono legata ad interessi clientelari o di parte che potrebbero influenzare il mio operato. Gli stipendi dei politici sono indubbiamente alti e in un momento di forte crisi economica in cui si chiedono sacrifici occorre ridurre le indennità ed eliminare i privilegi, ma è essenziale che chi fa politica sia libero da condizionamenti o interessi di parte. La democrazia ha dei costi necessari senza i quali non è più possibile operare per il bene comune. E quando la democrazia viene indebolita, ecco che si moltiplicano la corruzione e le tangenti, ovvero quei ‘costi della cattiva politica’ che vengono pagati dai cittadini”.