Per noi il cioccolato è un dolce intermezzo, una coccola di gusto, ma per i coltivatori e i produttori della filiera spesso si rivela un boccone amaro. La produzione del cacao è legata a questioni di carattere ambientale e sociale che minano gravemente la biodiversità dei paesi produttori e la sopravvivenza di tutte quelle famiglie di coltivatori che stanno alla base dell’industria cioccolatiera, che poco si cura del benessere di ambiente e lavoratori. Oltre il 90% del cacao mondiale proviene infatti da piccole piantagioni a conduzioni familiare con un’estensione media che non supera i 2,5 ettari. Tuttavia, nonostante i piccoli produttori siano la spina dorsale dell’intero settore, il loro guadagno non supera il 6-8% del valore finale di vendita. Il resto della torta, principalmente, viene spartito tra le industrie multinazionali che dominano la trasformazione e la commercializzazione del prodotto. A rivelarlo la ricerca “Cacao corretto”, condotta nel 2019 dall’associazioni Mani Tese.

Il cacao viene coltivato prevalentemente in Ghana, Camerun, Nigeria, Madagascar e Costa d’Avorio. Dal punto di vista botanico, la pianta del cacao cresce soltanto in zone forestali calde, a una temperatura compresa tra i 20 e i 30 gradi, con elevato tasso di precipitazioni e umidità, all’ombra delle cosiddette “piante madri”, ovvero alberi più alti che con le loro chiome la proteggono dall’esposizione diretta ai raggi solari e ad altri agenti atmosferici. Tutti i paesi produttori si trovano quindi nel tratto pluviale a ridosso della fascia equatoriale che attraversa l’Africa, l’Asia e l’America Latina. Tuttavia, più del 70% del cioccolato viene lavorato e consumato in Europa, Stati Uniti e Australia. Chi compie il lavoro più duro, perciò, non usufruisce del prodotto che ne risulta e non beneficia dei suoi guadagni.

Ma esiste un cioccolato buono per tutti?

“La campagna sul cacao del commercio equo-solidale vuole accendere i fari su una delle più sfruttate produzioni coloniali ed offrire ai consum-attori un’alternativa concreta: la filiera Altromercato”, spiega la presidentessa della Cooperativa della Rava e della Fava, Giulia Grosso. “Il cioccolato equo-solidale rispetta i diritti dei lavoratori, non fa lavorare i bambini come spesso accade in queste piantagioni, applica coltivazioni sostenibili e diversificate per non impoverire il terreno, garantisce un guadagno fisso concordato con i produttori e una filiera a basso impatto fino alla logistica e al packaging”.

Dal 9 al 20 febbraio alla Bottega AltroMercato di via Cavour 83 ad Asti sarà lanciato il cioccolato “manifesto”: proviene dall’Ecuador, si chiama “Nacional Arriba”, è biologico e fair trade. Fondente extra 70%, è dolcificato con un 15% di zucchero integrale di canna Dulcita originaria sempre dell’Ecuador, per un sapore intenso e avvolgente. Viene confezionato in un packaging sostenibile, riciclabile nella carta.

“La filiera di questo cioccolato, dalle fave monorigine alla tavoletta, è composta da produttori certificati Fair Trade: sono organizzazioni di migliaia di contadini che da anni lavorano nell’economia sociale e praticano agricoltura biologica” – conclude Giulia Grosso. “Fair Trade significa garantire prezzo equo ai produttori, continuità nei rapporti commerciali e pre-finanziamento. Dopo il caffè, questo è il secondo prodotto manifesto di AltroMercato”:

Con 20€ di spesa in prodotti alimentari AltroMercato, una tavoletta di Cioccolato Manifesto sarà in omaggio.

Elena Fassio