Marie France è contemporaneamente triste e felice, ma questa non è una malattia che si possa curare al Cardinal Massaia. All’ospedale si può guarire d’altro: lei lo sa bene.
Nel 2009, per una malattia genetica del sangue, era entrata al Massaia che non riusciva nemmeno più a camminare: necrosi a entrambe le teste dei femori, avevano detto i dottori, e lei, a 36 anni, era ormai sconquassata dal dolore che aveva iniziato a tormentarla da bambina.
Arrivava dalla Costa d’Avorio, attraverso un’organizzazione non governativa (Mission Sinan), con la speranza di un’operazione che avrebbe potuto rimetterla in piedi.
Anche allora era triste e felice: triste perché aveva dovuto distaccarsi da sua figlia di 2 anni e mezzo, felice perché credeva nei medici astigiani e nella possibilità di ricominciare a camminare. Non sapeva una sola parola di italiano, ma capiva perfettamente quali operazioni e e percorso di cura avrebbe dovuto fare, complice la sua laurea in anestesia e rianimazione che fino ad allora le aveva garantito un posto di lavoro sicuro in un centro ospedaliero universitario della capitale Abidjan.
Colleghi ivoriani che avevano avuto la fortuna di seguire corsi di formazione al Massaia l’avevano indirizzata lì, mettendola nelle mani (è proprio il caso di dirlo) del primario di Ortopedia Francesco Romeo. Lui se n’era preso cura, finendo per “adottarla”, come tanti altri medici, infermiere e personale dell’Asl che si erano adoperati per rendere i suoi ricoveri meno difficili, dettati dai tempi dei due interventi chirurgici, avvenuti a distanza di un anno l’uno dall’altro per la collocazione delle protesi ai femori, cui era seguita una lunga fisioterapia per ricominciare a camminare davvero. “Per le piccole e grandi cose – racconta Marie France – ho sempre avuto qualcuno vicino a me: chi si è occupato di lavare i miei vestiti, chi mi ha insegnato l’italiano, chi mi ha dato forza per sentirmi meno sola e superare la nostalgia della mia terra e della mia famiglia. In ospedale ho trovato tanti amici e questo è un fatto che non si può dimenticare”.
Il suo nome per intero è Alloua Marie France Sinali: questo hanno registrato all’Anestesia e Rianimazione del Massaia quando lei ha ottenuto l’autorizzazione a seguire uno stage di due mesi e mezzo che è da poco terminato. Frequenza volontaria, cioè a costo zero per l’Azienda, che però le ha assicurato la possibilità di conoscere e approfondire molte cose: “Soprattutto le tecniche anestesiologiche più facilmente ‘esportabili’ – spiega il primario Silvano Cardellino – e che d’ora in poi Marie France potrà applicare all’ospedale di Abidjan. Affiancata dal nostro personale, durante lo stage ha frequentato la sala operatoria, la sala parto e approfondito la terapia antalgica. Qui è stata accolta con calore e con un po’ di rammarico abbiamo dovuto distaccarci da lei: ci rassicura il pensiero che, in qualche modo, resteremo in contatto”.
Ecco perché Marie France è, al tempo stesso, triste e felice: “Torno a casa. Ritrovo la mia famiglia d’origine e mi allontano da quella che mi ha adottata. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutata, per la mia salute e per la mia formazione professionale. L’ho detto ai miei colleghi ivoriani: io torno, ma voi fate di tutto per andare ad Asti a imparare. Ho avuto assistenza medica e calore umano, adesso è ora che sia io a trasmetterli agli altri. La vita è anche questo: sono contenta di averlo capito qui da voi”.