Nasce da uno scaffale di un supermercato, l’Algoritmo per calcolare la dignità dei vignaioli. “Sì, da quando abbiamo trovato una bottiglia di Barbera d’Asti Docg a 1 euro e 49 centesimi”, spiega Secondo Rabbione, Vice direttore Coldiretti Asti e responsabile del Centro Studi Vini del Piemonte. “Abbiamo stappato la bottiglia (vino rosso scadente) e l’abbiamo paragonata alla “Barbera Amica” (tutta un’altra cosa). L’abbiamo analizzata (sicuramente non fa male alla salute), ma poi abbiamo ragionato sui costi produttivi”. Risultato: Impossibile aver prodotto, sul territorio d’origine, a un costo così basso. GLI INTERROGATIVI Da cosa può derivare un costo così basso? Sulla base di alcune casistiche, gli esperti di Coldiretti hanno avanzato le seguenti ipotesi: 1.    Un prezzo “civetta” del supermercato; 2.    Gravi difficoltà economiche del produttore di uve o del vino, fino al punto di svendere il prodotto; 3.    Vini di basso costo, magari con prodotto proveniente da fuori regione o straniero. LA RISPOSTA Analizzando le tre possibilità, la risposta al quesito del basso prezzo, non può che essere univoca: qualcosa non funziona lungo la filiera produttiva. Nel primo caso, non è tollerabile che con tutti gli sforzi che si fanno per promuovere il territorio e la Docg, un supermercato possa pensare di svendere così il prodotto. Nel secondo caso, esisterebbero ancora personaggi (che Coldiretti chiama furbetti o parassiti della filiera) che, senza fare nulla d’altro, approfittano delle debolezze del mercato per comprare a pochissimo uve e/o vino e rivendere a poco. Nel terzo caso si tratterebbe di azione truffaldina, purtroppo già verificatasi in altri casi. IN OGNI CASO E’ UN FURTO DI VALORE E DI IMMAGINE Vista dalla parte di un produttore che lavora giornalmente per accrescere la qualità del suo vino e soddisfare le esigenze dei consumatori, come dovrebbe fare chi produce una Docg, trovare una bottiglia di Barbera d’Asti a neanche un euro e mezzo, rappresenta un furto di valore e di immagine. L’INQUINAMENTO COMMERCIALE In alcuni casi siamo anche in presenza di quello che Coldiretti definisce un “Inquinamento commerciale”, cioè il vino viene prodotto a regola d’arte, senza sofisticazioni, ma sempre sfruttando il nome delle denominazioni e del territorio si immettono sul mercato prodotti di scarso valore qualitativo, magari tagliati con barbera provenienti da fuori regioni o addirittura stranieri. Da notare come queste azioni determinino uno svilimento del prodotto. L’ALGORITMO Ed ecco l’Algoritmo che calcola tutti i costi di trasformazione in mosto da un chilogrammo di uva e relativa vinificazione, compresa ovviamente la manodopera. Il risultato è che per produrre un litro di “Barbera Amica” da uve diradate e selezionate, frutto di un progetto qualità di Coldiretti che coinvolge oltre 100 produttori, ci vogliono almeno 3 euro. “Questo è il valore – puntualizza il Presidente di Coldiretti Asti, Roberto Cabiale – del prodotto sfuso, quindi senza calcolare l’imbottigliamento e relativo confezionamento e lasciando fuori altre variabili più o meno oggettive, come il territorio di provenienza, ad esempio se ricade in zona Unesco, il valore dei terreni, l’incidenza di altre problematiche oltre alla Flavescenza dorata della vite. In ogni caso, per ora, ci siamo fermati ai soli costi di produzione, e quindi al valore minimo del prodotto, o meglio, alla soglia minima per dare la giusta dignità al lavoro”. APPLICAZIONE DELL’ALGORITMO “L’Algoritmo può effettivamente fare chiarezza – rileva il Direttore di Coldiretti Asti, Antonio Ciotta -, molti nostri associati si rivolgono al Centro Studi Vini del Piemonte per avere indicazioni sul valore del loro vino e andare sul mercato con un prezzo giusto. Anche perchè non esiste una sola barbera, ne esistono molti tipi, con caratteristiche di qualità molto diverse tra di loro, con costi di produzione differenti. Per questo occorre creare una forbice di prezzi partendo dai costi di produzione reali della Barbera di alta qualità”. “Stiamo mettendo a punto – sottolinea Rabbione – un sistema per certificare la qualità e per arricchire l’algoritmo, non solo con metodiche analitiche, ma anche sensoriali”. A questo punto i “furbetti” della filiera non avranno più scampo. Il laboratorio che certifica la qualità del vino Il Centro Studi Vini ha ottenuto l’accreditamento del Ministero Ci sono voluti tre anni di investimenti, sacrifici e duro lavoro, ma il 15 marzo scorso, il Centro Studi Vini del Piemonte ha ottenuto dal Ministero delle Politiche Agricole il decreto di autorizzazione per il rilascio dei certificati di analisi nel settore vitivinicolo con il sistema qualità rilasciato dall’ente nazionale “Accredia”. In pratica chi si rivolge ai laboratori di San Damiano d’Asti del Centro Studi Vini del Piemonte, riceverà d’ora innanzi un certificato di conformità alle norme internazionali, nello specifico secondo la norma ISO 9001:2015 (Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti) e la UNI EN ISO IEC 17025:2005 (Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura). Il Centro Studi Vini del Piemonte fa parte del sistema Coldiretti, è unità locale di Impresa Verde Asti Srl, ed è retto sotto la responsabilità di Secondo Rabbione con la gestione della qualità curata dalla dottoressa Roberta Gariglio, coadiuvata da Federico Bianco.