PizzacampodelpalioIl Palio di Asti è finito sulle prime pagine nazionali, e domenica anche al Tg1 delle 20. Finalmente, qualcuno potrebbe esclamare. Peccato che ci sia finito per la morte di un cavallo. Non sarà facile andare avanti. Nulla sarà  come prima. Si sono accentuati i toni delle due fazioni pro e contro la corsa. Credo, dagli umori, che in questo momento ci sia una maggioranza di chi non vuole più la corsa. Francamente, talvolta, il Palio sembra circoscritto ai membri di piccoli clubs, bacino di buoni voti per alcuni e vetrina per un assessore che fa vedere quanto è bravo. In realtà, se si vuole continuare, vanno rivisti almeno la partenza e il luogo della corsa. La partenza va semplificata: il mossiere fa entrare i cavalli secondo l’ordine di chiamata; giunto l’ultimo dà il via. Chi non è allineato peggio per lui. Continuare a svolgere il palio in piazza Alfieri non è più pensabile sotto un profilo viabile: per due settimane la viabilità cittadina risulta paralizzata oltre il normale, anche per la coincidenza dell’apertura delle scuole. Ad Asti c’è una piazza, tra le più grandi d’Europa, che si intitola Campo del Palio: perché non si torna a correre lì (dal 1967, anno della rinascita, all’88 fu sede della competizione)? Studiando, naturalmente, un piano parcheggi negli ingressi periferici della città. Da questa tragedia gli amministratori devono imparare che non possono vivere di rendita: s’inventino qualcosa di nuovo, culturalmente, come fecero i grandi del passato. Stefano Masino