Il 18 ottobre, Giornata Europea contro la tratta di esseri umani, voluta dalla Commissione Europea e giunta alla diciassettesima edizione, è l’occasione per riflettere su un fenomeno sempre in evoluzione e spesso invisibile come la tratta e lo sfruttamento sessuale, ma anche e sempre di più anche lavorativo, in Italia. Un fenomeno che crisi geopolitiche, conflitti, cambiamenti climatici e povertà non fanno che aumentare, moltiplicando il numero delle persone in difficoltà e dunque delle potenziali vittime delle organizzazioni criminali che lo controllano. 

Occasione per guardarsi intorno e, numeri alla mano, capirne di più. “Dal 2015 ad oggi sono arrivate in Italia, passando per la Libia, più di 20 mila donne nigeriane, la maggior parte delle quali identificate dall’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, come vittime di tratta”, spiega Alberto Mossino, presidente di PIAM Onlus – capofila delle rete Antitratta Piemontese, impegnata dal 2000 ad Asti nell’accoglienza e nel supporto delle vittime – che di recente è stato unico relatore italiano a una prestigiosa conferenza dell’ONU a Siracusa sulle vittime di tratta dalla Nigeria all’Europa. 

I DATI 2023: IL PIEMONTE PRIMA REGIONE PER EMERSIONE DEL FENOMENO

A fornire un quadro del 2023 sono gli ultimi dati del Numero Verde Antitratta (800 290290, sempre attivo), secondo i quali dal primo gennaio al 12 ottobre 2023 in Italia sono state prese in carico 1666 persone. E il Piemonte è la prima regione italiana per numero di denunce e prese in carico, dunque di emersione del fenomeno: simbolo di un lavoro capillare ed efficace di progetti ed enti in campo, e in rete, ormai da decenni. Le persone assistite complessivamente sono state 233 in Piemonte (14% del totale), e poi 230 in Emilia-Romagna, 189 in Sicilia, 166 in Lombardia, fino alle 3 della Valle d’Asta e all’una del Molise. 

Delle 1666 persone sono 1050 le donne, 517 gli uomini e 99 le persone transessuali (e il 97% di tutti questi maggiorenni). Provenienti in maggioranza dalla Nigeria (806, il 48,4%) e poi da Pakistan (112), Marocco (97), ma anche ad esempio dal Brasile (78). 

Lo sfruttamento sessuale è uno dei generi di schiavitù rilevati, il principale, e riguarda 615 persone (il 36,9%). Ma emergono forme di sfruttamento diverse, come appunto quello lavorativo(425 persone, il 27,6%), violenze (46 persone), economie criminali forzate, matrimoni forzati

E proprio allo sfruttamento lavorativo, al contrasto di lavoro nero, sommerso e caporalato sempre più diffusi, è dedicato ad esempio l’Infopoint aperto negli scorsi mesi alla Cgil di Asti – per le province di Asti e Alessandria – nell’ambito del progetto Common Ground, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali che ha come capofila la Regione Piemonte (PIAM è partner per il Sud Est della Regione con la Comunità San Benedetto al Porto, gli Enti di Formazione Enaip, Casa di Carità e Cnos Fap, e poi Cia e Flai-Cgil). 

IL LAVORO DI PIAM

Quanto a PIAM, Progetto Integrazione Accoglienza Migranti, nel 2022 ha accolto nei programmi antitratta 19 persone (dei 175 rifugiati complessivamente accolti nell’anno), di cui 15 adulti, 11 donne e 4 uomini, e 4 minori. Proveniente principalmente dalla Nigeria (10) e poi da Pakistan, Kenya, Gambia. Il lavoro che da 23 anni fa la ong di Asti – che ha contribuito tra l’altro a redigere le linee guida per la presa in carico delle vittime di tratta che segue tutto il sistema di accoglienza nazionale Sai – ruota intorno ai diritti e all’emancipazione delle persone, supportandole nella formazione culturale e professionale. Nel 2022 ad esempio sono stati attivati specificamente per le vittime di tratta un corso per aiuto cuoco e uno per addetti alle pulizie. Tanto che è arrivata al 63% la percentuale delle persone hanno trovato un’occupazione stabile (ristorazione e turismo i settori con più inserimenti lavorativi), condizione fondamentale per una vera integrazione all’uscita dai programmi di accoglienza. 

Ma chi sono, che storie hanno e come aiutare le vittime di tratta e nello specifico di sfruttamento sessuale? È stato il cuore dell’intervento di Mossino alla “Conferenza sulla protezione e l’assistenza delle vittime di tratta dalla Nigeria all’Europa”, organizzata appunto dall’ONU con il Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights a Siracusa dal 2 al 4 ottobre scorsi. 

“Vittime di inganni, riti e giuramenti di obbedienza, ad esempio i “juju” – ha spiegato Mossino – Le ragazze provenienti dalla Nigeria si ritrovano sotto minaccia e a dover ripagare un debito da circa 35 mila euro”. Un business criminale che fino a qualche anno fa era gestito da altre donne, le “madam”, oggi soppiantate invece dai “cults”, organizzazioni criminali nigeriane, vere e proprie mafie perseguite come tali in Italia. “E l’attività di contrasto alla mafia nigeriana avviene anche grazie alla collaborazione tra le forze di polizia e le ong: perché le indagini nascono grazie alle segnalazioni degli sfruttatori, e queste sono possibili solo quando le vittime, una volta entrate nei programmi di protezione, vengono sostenute a tal punto da fidarsi degli operatori, e iniziare a parlare, a raccontare la loro vera storia. Un percorso delicato – il messaggio che PIAM vuole lanciare anche in occasione della Giornata europea contro la tratta – Che dimostra come finanziare i programmi di assistenza e protezione per le vittime di tratta contribuisca non solo all’empowerment delle beneficiarie, ma anche al contrasto delle mafie e dei trafficanti”