Antonio-PascaleBattute finali per il giro di interviste che la Gazzetta d’Asti propone in esclusiva agli scrittori finalisti al premio Asti d’Appello. L’edizione 2014 si chiuderà al Teatro Alfieri il 30 novembre con la proclamazione del vincitore che si aggiudicherà i 10mila euro in palio. A tutti gli autori abbiamo fatto le stesse domande. Dopo Hans Tuzzi, dal premio Comisso, autore del libro Morte di un magnate americano (Skira), Marco Polillo, in concorso con Il convento sull’isola (Rizzoli) dal Premio Cortina d’Ampezzo e Paola Mastrocola, autrice di Non so niente di te (Einaudi) dal Premio Via Po, Francesco Pecoraro, che con La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie) è stato finalista al Premio Strega e Luciana Capretti dal Premio Cortina d’Ampezzo con Tevere (Marsilio), Claudio Paglieri, con il libro L’enigma di Leonardo (Piemme) dal premio Scerbanenco oggi intervistiamo Antonio Pascale, con Le attenuanti sentimentali (Einaudi) dal premio Viareggio. Ci può parlare del suo libro in concorso? “La vita è quello che accade mente si pensa ad altro”, diceva La Capria, e allo stesso modo io, nel libro, mentre cerco di costruire una trama e ordinare il mondo mi accorgo che la vita passa e disordina tutto. Mi trovo costretto a raccontare questo comico (il libro è divertente) disordine sentimentale, attraverso le esperienze comuni della vita di ogni giorno. I sentimenti, in senso lato, naturalmente, sono l’unico modo che abbiamo per raccontare la vita. Sono sentimenti moderni, conflittuali, tragicomici, animati da alcune domande: perché siamo quello che siamo, e perché siamo arrivati fin qui?”  Come descriverebbe l’esperienza dei premi letterari in Italia? “Vista la situazione economica e gli scarsi numeri dell’editoria, i premi sono come delle borse di studio: ti permettono di proseguire gli studi, svolgere le tue ricerche e usufruire di un titolo di pregio”. Conosce gli altri autori coinvolti nel Premio d’Appello e cosa si aspetta dal Premio Asti d’Appello? “Sì li conosco tutti. Mi aspetto una gara leale e spero divertente tra colleghi, tutti impegnati, chi in un modo chi nell’altro, a capire perché ci succede quello che ci succede”.