Nel suo cuore c’è uno spazio per la città in cui ha vissuto da ragazzo, Asti. Nella sua testa la consapevolezza dei traguardi che è riuscito a raggiungere, ma anche delle difficoltà che ha dovuto superare. E la certezza che, per vincere ancora, dovrà dimostrare il suo valore. Matteo Piano, pallavolista, è argento alle olimpiadi di Rio 2016 e reduce da Tokyo 2020, dove con la nazionale italiana si è fermato ai quarti di finale sconfitto dall’Argentina.
Durante le olimpiadi di Tokyo in un post su Instagram insieme ad Alice Sotero, hai rivendicato la rappresentanza astigiana sul palcoscenico mondiale. Ti senti legato alla tua città di provenienza?
Si, sono uno che si affeziona molto. Asti è la città in cui sono nato e ci vivono le persone che amo. Credo sia una città che sa regalare affetto e soprattutto negli ultimi anni me ne ha dato molto. È lì che ho iniziato a giocare a pallavolo. Ho poi avuto la fortuna di essere chiamato dal Piacenza e ha così avuto inizio la mia carriera.
A 30 anni hai in palmares una serie di trofei nel campionato italiano, diverse medaglie a livello europeo e mondiale con la nazionale, ma soprattutto due partecipazioni alle olimpiadi con l’Italvolley, tra cui l’argento di Rio 2016. Ci puoi spiegare cosa significa per un’atleta del tuo livello arrivare alle olimpiadi?
Io sono uno che si appassiona alle storie, a cui piace scoprire cosa c’è dietro le persone. Non ho mai provato piacere nel vedere le partite e basta. L’olimpiade ti sa dare questa emozione in più, le amavo già da bambino. Spinge gli atleti a lottare per qualcosa di importante per tutto il mondo. La massima espressione dello sport. Arrivarci con la pallavolo è stato realizzare un sogno. Nel villaggio olimpico, poi, prendi parte alle vittorie e alle delusioni degli altri atleti, finisci per conoscerne le storie e a capire come sono arrivati a quel punto. A livello empatico è qualcosa di gigante.
Come Italvolley, come siete arrivati a Tokyo?
Siamo arrivati consapevoli di quello che sarebbe stato l’evento. Io sono felicissimo di come sono arrivato, forse come squadra non eravamo al meglio delle condizioni fisiche, ma con una squadra che cresceva nel percorso olimpico. Quando non sei al meglio devi essere bravo a capirlo e tentare di fare il meglio con quello che si ha.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 3 settembre 2021
Danilo Bussi