Nel palazzo vescovile, mentre Francesco Ravinale risponde alle domande dell’intervista, il telefono squilla quasi ininterrottamente e il campanello continua a suonare: segno che il lavoro a tempo pieno dei vertici della diocesi non conosce requie, neanche in questi primi, caldissimi, pomeriggi d’estate. In occasione dei 50 anni dell’ordinazione sacerdotale del vescovo di Asti abbiamo voluto ripercorrere con lui queste decadi, in un colloquio aperto che spazia dalla famiglia d’origine agli studi, dalla vocazione alle passioni di padre Francesco. Che emozioni ha provato il giorno dell’ordinazione, nel 1967? “Ricordo perfettamente quel giorno. Ricordo in particolare la presenza della mia famiglia, dopo che per 13 anni era stata ai margini della mia vita quotidiana. E poi ho un ricordo forte del giorno in cui dissi la mia prima messa, io che passavo per una persona fredda mi commossi sulle prime note del canto “Al tuo santo altar”. Com’era essere prete 50 anni fa? “Allora come oggi un prete è un uomo che si pone a servizio, totalmente a servizio. All’inizio io ero stato assegnato al servizio dei ragazzi e il mio parroco mi puntualizzò: “Tu non sei il prete dei ragazzi, tu sei il prete”. Lì per lì ne fui un po’ seccato ma poi capii che questa consapevolezza faceva del prete il punto focale di un’intera comunità”. Ricorda cosa ha provato quando fu nominato vescovo? “Non ho avuto tempo di reagire… Il mio vescovo mi annunciò la cosa di corsa al telefono. Era l’11 febbraio. Mi spaventai un po’, ma quella notte dovevo partire per la Terra Santa, e il pellegrinaggio riequilibrò le mie emozioni”. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 23 giugno 2017. Marianna Natale