“Il provvedimento emanato dal Governo “tecnico”, prevede che il territorio venga ripartito mediante l’applicazione di alcune formulette matematiche e con un righello e un compasso, quasi fossimo ai tempi del Congresso di Vienna e della colonizzazione dell’Africa, si va a ritagliare una nuova geografia dell’Italia.
Bisogna ricordare che sulla questione del futuro della nostra Provincia non siamo certo all’anno zero, basti pensare ai vari progetti avviati con più o meno fortuna nel tempo, come “Enolandia” e l’inserimento nei progetti Unesco che interessano Langhe, Roero e Monferrato, ma soprattutto alle reti di relazioni e di economie con altri territori.
Per questo, anche in quanto eletta al Consiglio regionale del Piemonte in rappresentanza della comunità astigiana, considero inaccettabile un ridisegno delle Province del Piemonte incardinato sul principio dei quattro quadranti che porti inesorabilmente alla fusione tra Asti e Alessandria o, meglio, all’annessione della prima da parte della seconda. Il che non vuol dire affermare l’intoccabilità dei confini della nostra Provincia così come oggi sono, poiché la sopravvivenza dell’Ente può passare proprio da un allargamento ai territori limitrofi e complementari come Alba, Bra, Chieri, Acqui, ecc., garantendo ai cittadini il mantenimento degli attuali servizi.
Chi ha responsabilità nella cosa pubblica non può permettersi di affrontare le vicende sul futuro con atteggiamenti superficiali e soprattutto non può piegarsi alle sirene del populismo.Bisogna avere il coraggio e la serietà di spiegare che la cancellazione tout court delle Province non comporta di per sé rilevanti risparmi,come dimostrato da autorevoli studi tra cui un report dell’università Bocconi.
Anzi, eliminare la Provincia diAsti sarebbe UN COSTO che gli astigiani non si possono permettere. Conti alla mano siamo pronti a dimostrare questa affermazione (basti pensare al cambio di cartelli, carta intestata dei Comuni e degli enti, alle anagrafi, ai programmi informatici). Ma soprattutto il nostro territorio verrebbe privato della sua identità, destinato a un progressivo impoverimento, schiacciato da una visione “urbano centrica” per cui solo le metropoli contano qualcosa.
A proposito di costi, poi, sarebbe bene spiegare chi dovrà pagare gli ingenti debiti dei cugini alessandrini, perché nella fusione il rischio è che gli astigiani si debbano fare caricodi colpe non loro.
Ho l’impressione che l’accanimento contro le Province, additate all’opinione pubblica come istituzioni inefficienti, sia funzionale a fare da alibi all’incapacità di mettere mano ai troppi sprechi presenti nell’amministrazione centrale e periferica dello Stato. Per esempio, se si parametrasse il costo della macchina pubblica al numero degli abitanti e alla produttività di un territorio si eviterebbe di avere in alcune aree (e non mi riferisco ad Asti), camere di commercio con più dipendenti e dirigenti delle imprese che rappresentano, e così via.
Si trovi davvero il coraggio difare tagli alla spesa, senza ricorrere ad agnelli sacrificali.
Pertanto, rivolgo un appello a tutte le istituzioni, alle categorie e soprattutto ai cittadini, affinché si dia vita a una mobilitazione per impedire la cancellazione della nostra Provincia e perché, insieme ad altri territori contigui (albese , acquese e chierese) si giunga a un patto per un’aggregazione alla pari, dove nessuno è egemone, ma dove al centro vengano poste le esigenze delle persone.
Riprendiamoci la nostra dignità:una mobilitazione e un dibattito serio sono l’unica strada per impedire decisioni calate dall’alto e irreversibili.
Sono disponibile a battermi conforza affinché Asti rimanga Provincia e fare squadra con chi condivide questa proposta, superando le barriere ideologiche e politiche, per ripartire con una nuova identità territoriale, che sia anche nuovo modello di sviluppo ed opportunità per i nostri cittadini.
Tutto si può ancora decidere e almeno questa volta non lasciamo la parola agli altri per poi lamentarci”.

Angela Motta –  Consigliere Regionale PD