Quale futuro per le famiglie che dal 2010 vivono nell’ex mutua occupata di via Orfanotrofio. Se lo chiedono gli attiivisti del coordinamento Asti Est che merecoledì mattina hanno organizzato un presidio davani alla sede dell’Asl At. Un sit in figlio della dura sentenza che ha condannato famiglie e attivisti. Ventritrè imputati in tutto per pene complessive per decine di anni, oltre al pagamento 15 mila euro di provvisionale e 3800 euro come saldo delle spese processuali che dovranno sostenere gli imputati. Una situazione aggravata dallo sgombero della decina di famiglie che ad oggi ancora vivono negli ex ambulatroi di via Orfanotrofio di proprietà dell’Asl At, visto che ci sarebbe in ballo una trattativa di vendita della struttura a una società che la trasfomerà in una casa di riposo.
Sul tavolo una vecchia ma attuale questione del Ccordinamento Asti Est, “quale funzione bisogna attribuire agli edifici dismessi, oltre all’ex mutua, anche la maternità e il vecchio ospedale.

Sulla questione è intervenuta anche la Camera del Lavoro della Cgil Asti.

“Questo è un gigantesco problema sociale che non può essere risolto da una sentenza. Ci chiediamo: è lecito continuare a colpevolizzare la povertà, anche quando il fenomeno è diventato ormai così esteso da rendere ridicolo attribuirlo all’indolenza o alla cattiva volontà? Niente lavoro o pensione, niente reddito, niente casa? Almeno sull’ultimo anello di questa infernale catena occorre intervenire in fretta, anche ripensando la destinazione di troppi immobili della nostra città che continuiamo a vedere vuoti e non utilizzati, dalla ex Maternità al vecchio Ospedale all’ex Upim e tanti altri. Immobili – soprattutto pubblici – abbandonati all’incuria a fronte di persone per strada: una contraddizione lampante, che ci auguriamo venga affrontata con la serietà che merita. Nel frattempo, non possiamo rinunciare ad un esercizio di umanità, e diciamo che esistono violazioni della legge che nascono non dalla propensione a delinquere ma dal bisogno. Oppure da chi non vive il bisogno in prima persona ma si fà carico del problema per senso di solidarietà. E’ difficile non tener conto delle motivazioni profonde di certi comportamenti”.