Nursind (Sindacato delle Professioni Infermieristiche) periodicamente è costretto a ritornare sul problema del sovraffollamento del Pronto Soccorso di Asti. La causa principale di questa continua criticità, che ormai perdura da anni, è il blocco dell’uscita, cioè l’impossibilità di ricoverare i pazienti, dopo il completamento della fase di cura in Pronto Soccorso, nei reparti degli ospedali a causa dell’indisponibilità dei posti letto. Questo, nonostante i due reparti di Medicina A e B abbiano la disponibilità di 42 posti letto rispettivamente, oltre a 10 posti al di fuori da Medicina A e B in tutti gli altri reparti ospedalieri. L’occupazione di tutti i posti letto è infatti ormai satura al 100% (anche nei reparti di geriatria e lungo degenza), e come testimoniato dal segretario territoriale di Nursind, Gabriele Montana: “Non esiste un giorno in cui un letto possa rimanere libero per almeno 24 ore”. Tutto questo, come spesso avviene, si ripercuote sul reparto di Pronto Soccorso, dove la situazione è assai critica e sotto l’occhio di chiunque vi transiti. Sovraffollamento, con gente che staziona su carrozzine, sedie e barelle all’interno del reparto astigiano di prima emergenza sono ormai situazioni all’ordine del giorno. Il problema che si manifesta nei Pronto Soccorso è purtroppo simile in tutti i sistemi sanitari nazionali, ma la criticità origina all’esterno. Il sovraffollamento del Pronto Soccorso di Asti non è infatti dovuto ad una carenza di personale. “L’ASL ha assunto infermieri in Pronto Soccorso in questi ultimi mesi. Il problema non è quindi legato strettamente al numero di personale, anche se da questo punto di vista sarebbe necessario l’equiparazione del numero degli infermieri presenti di notte a quelli presenti di giorno” – ha detto il segretario territoriale Nursind Gabriele Montana – “Attualmente sono 7 gli infermieri in servizio nelle ore diurne, mentre solo 6 quelli presenti durante le ore notturne. Nella maggior parte dei casi però, non vi è differenza tra giorno e notte, quindi da questo punto di vista l’ASL deve migliorare, garantendo l’equità in presenze durante le 24 ore”. Per Nursind Asti però, i principali punti critici che hanno portato alla crescita del fenomeno del sovraffollamento del Pronto Soccorso, sono da individuare in 5 diversi fattori: la riduzione di posti letto per acuti, (passata in dieci anni dal 5/1000 al 3/1000 abitanti); l’aumento della vita media e dei grandi anziani over 75 anni con bisogni socio-sanitari; l’aumento delle malattie croniche respiratorie, cardiovascolari, metaboliche e neoplastiche; una inadeguata rete di assistenza domiciliare socio  sanitaria; una insufficiente presenza di strutture integrate, ambulatoriali sul territorio, in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini in alternativa al ricorso ospedaliero delle cure. Tutto questo, insieme agli accessi inappropriati frutto di una cultura popolare generale non idonea a gestire situazioni di questo tipo, contribuisce all’affollamento del Pronto Soccorso, con il conseguente effetto di non riuscire a gestire l’utenza che vi transita, una riproposizione del problema ormai ricorrente e costantemente irrisolto. A far le spese di questa situazione è in primis il personale medico, infermieristico e di supporto, che lavora in condizioni ad alto rischio clinico e ad alta probabilità di “burn-out”, per il sovraccarico operativo, la conflittualità più elevata e l’impossibilità di garantire contestualmente l’efficacia dell’azione di cura, l’equità e il rispetto dell’autonomia dei pazienti. Per Nursind, una possibile soluzione del sovraffollamento potrebbe essere quella di creare un sistema che vada a gestire le cronicità a domicilio, in modo da non farle divenire poi acuzie che inevitabilmente andranno gestite all’interno del Pronto Soccorso. Un’ipotesi potrebbe essere la valorizzazione e l’istituzione dell’Infermiere di famiglia o di comunità. L’elevato numero di “Codici Bianchi” (quelli meno gravi), infatti, è la testimonianza che il servizio offerto dai medici di medicina generale non è efficiente/sufficiente. Il fenomeno dei “rientri” (persone che si scompensano e rientrano più volte nella struttura ospedaliera) è il chiaro segnale che dopo la dimissione non vengono seguiti adeguatamente. La figura dell’Infermiere di famiglia o di comunità è una figura di raccordo con la struttura ospedaliera, col medico di medicina generale, il medico specialista, il fisioterapista e il distretto socio sanitario. Come nella struttura ospedaliera l’infermiere si occupa di rilevare, registrare e comunicare i parametri clinici, effettuare la somministrazione dei farmaci, attuare la prevenzione delle infezioni e delle complicanze delle procedure (per es. fleboclisi…), dell’allettamento (piaghe da decubito…) della gestione dei presidi (cateteri venosi e urinari…), di informare sui corretti stili di vita e sui comportamenti, così tale professionalità può essere espressa a domicilio dell’assistito o in un ambulatorio. Ci rendiamo conto delle ristrettezze imposte dalla Regione Piemonte, ma le stesse non possono far venir meno l’assistenza al cittadino che va garantita così come vanno garantiti i diritti dei lavoratori. Ma il problema del sovraffollamento del Pronto Soccorso non può essere risolto solamente così, ecco quindi che Gabriele Montana, segretario territoriale Nursind, si auspica la creazione di un tavolo in cui sindacati, Ipasvi, ASL e tutte le relative parti interessate dal problema si possano incontrare per analizzare al meglio le criticità del sistema e per cercare di risolvere in comunione il problema del sovraffollamento, perché: “Non si può più andare avanti così. Gli infermieri non possono più lavorare in queste condizioni” – ha detto Montana – “In questo modo, infatti, sia l’utenza che l’infermiere sono martoriati, ed il rischio di un errore è dietro l’angolo. Non aspettiamo che avvenga qualcosa di eclatante per poi intervenire, ma agiamo sin da subito per preservare la salute degli astigiani e degli infermieri”.