Da un campione di circa duemila pazienti, studiati a partire dal 2003 nell’ambito del progetto nazionale Esopo, l’Asl AT ha ora un quadro più preciso sull’osteoporosi (rarefazione del tessuto osseo): “Anzitutto – indica il fisiatra Salvatore Parello – va sfatata la convinzione che sia una malattia tipicamente femminile, anche se la menopausa, insieme all’età, si conferma tra i fattori predisponenti. Le donne, avendo una densità ossea in assoluto più bassa, sono 4 volte più a rischio degli uomini: ne è colpito il 23% oltre i 40 anni (il 14% dei maschi oltre i 60 anni). Rispetto ad altre patologie, in Italia per l’osteoporosi siamo al primo posto in Europa tra gli ultra65enni e al primo nel mondo tra gli ultra 85enni”.

Proprio quest’anno la Regione ha dettato le linee guida per la prevenzione, diagnosi e terapia della malattia, indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un’emergenza per il prossimo futuro, a fronte del progressivo invecchiamento della popolazione e sapendo anche che l’età è la principale causa di perdita della massa ossea.

Un ruolo importante – ricorda Parello, responsabile del Centro osteoporosi Ospedali Riuniti dell’Asl AT – lo giocano i medici di base, che devono saper misurare i fattori di rischio per il paziente e sensibilizzarlo per tempo: per prevenire l’osteoporosi si può infatti incidere con l’educazione sanitaria, cioè curando la salute prima di farlo con la malattia”. Da poco l’Asl ha terminato un corso di formazione per i medici di famiglia.

Intanto i dati astigiani di “Esopo”, ricavati studiando tra l’altro densità e resistenza ossea dei duemila soggetti coinvolti, confermano la tendenza nazionale (il progetto ha visto impegnati complessivamente 83 centri specializzati delle aziende sanitarie). Nella fascia tra i 40 e i 49 anni il 9,4% delle donne risulta affetta da osteoporosi e il 38% da osteopenia (perdita della massa ossea), disturbo che predispone all’osteoporosi. Al 34% degli uomini tra i 60 e i 64 anni è stata diagnosticata l’osteopenia, all’11,8% l’osteoporosi. “Purtroppo molto spesso – dice Parello – le rotture del femore e del polso, conseguenti a cadute e dovute prevalentemente alla minore resistenza elastica dell’osso, non vengono messe in relazione all’osteoporosi, così come la microfrattura delle vertebre dorso lombari. In Italia il 6-7 per mille dei pazienti sopra i 65 anni subisce la rottura del femore che, per il 50% dei casi, porta poi a forme di disabilità nell’anno successivo alla caduta. E per le Aziende sanitarie la spesa per far fronte al ricovero, intervento chirurgico e riabilitazione del paziente supera quella di altre malattie, come l’infarto o il tumore. Senza contare i costi sociali, derivanti dalla disabilità permanente o dall’inabilità a camminare”. In Italia le 80 mila fratture di femore censite sono responsabili di una spesa che, solo per l’assistenza ospedaliera, supera gli 800 milioni di euro.

Un ruolo importante viene attribuito alla prevenzione, aspetto su cui l’Asl AT insiste, con iniziative di sensibilizzazione, ormai da una decina di anni. Ai cittadini viene sottolineata l’importanza di uno stile di vita corretto, che va dall’alimentazione all’attività fisica, o indicati i fattori predisponenti alla malattia (magrezza, altezza, ecc.). Un semplice esame del sangue evidenzia eventuali carenze di calcio o vitamina D, mentre attraverso controlli più complessi i medici precisano la diagnosi e mettono a punto la terapia.