Otto ore di trattative a oltranza, una negoziazione estenuante per spingere un uomo che aveva preso in ostaggio il suo figlioletto ad arrendersi. Siamo in un alloggio di Nizza Monferrato, una casa di famiglia che ieri, domenica 29 settembre, si è trasformata in una scena da film.

L’allarme è scattato alle 11.30. Un operaio macedone di 44 anni che abitava con la moglie e i due figli in un appartamento di piazza Marconi ha dato in escandescenze. Ha chiuso la moglie sul balcone, si è barricano in casa col bimbo più piccolo 6 anni (il maggiore di 9 anni era fuori casa assieme ad alcuni parenti) e ha minacciato di farsi saltare in aria. Da capire cosa abbia scatenato questa reazione, si sa solo che l’operaio la sera prima era stato sottoposto a un Tso, Trattamento Sanitario Obbligatorio e portato all’ospedale di Asti, dal quale la notte si era allontanato tornando a casa, lì dove sua moglie l’aveva riaccolto. M ala mattina successiva, domenica, la situazione è precipitata. L’uomo ha chiuso lei sul balcone, chiudendosi in casa, vaneggiando di fare saltare l’alloggio e asserendo di avere un detonatore.

Le operazioni di soccorso

Immediatamente la complessa macchina dei soccorsi si è messa in moto. L’area è stata circoscritta e messa in sicurezza. Nella fattispecie sono stati eliminati tutti i rischi, quindi è stata interrotta l’erogazione del gas e i condomini che non si trovavano in casa non sono stati fatti rientrare, ma non è stato necessario evacuare l’edificio, visto che il rischio esplosione non sussisteva.
Intanto, nel giro di una manciata di minuti, è stata istituita la vera macchina operativa. E’ arrivato il negoziatore, un carabiniere accuratamente selezionato e testato, il maresciallo Alessandro Pinna, che ha cominciato ad aprire un canale di comunicazione con l’operaio barricato in casa insieme al bimbo.
Intanto sono stati attivati anche i carabinieri del Sos, squadre operative di soccorso del primo reggimento carabinieri di Moncalieri e sono stati presi i contatti telefonici con il Gis, Gruppo Intervento Speciale, di Livorno. Una macchina che ha coordinato le operazioni assieme ai carabinieri del comando provinciale, in primis il comandante provinciale tenente colonnello Pierantonio Breda, della compagnia di Canelli con il comandante Alessandro Caprio e con gli uomini della stazione di Nizza del maresciallo Nicola Morfino.
Il primo passo è stato mettere in sicurezza la donna dell’operaio, fatta allontanare dalla casa con una scala dai vigili del fuoco. Poi sono cominciate da un lato le trattative fra l’uomo e il negoziatore, che è rimasto sempre in contatto diretto con il macedone e suo figlio.
Contemporaneamente, sotto traccia, si sono messe in moto le strategie per eventuali irruzioni; sono state studiate nel dettaglio la planimetria dell’appartamento ma anche la disposizione dei mobili e la struttura degli infissi.

L’estenunate negoziazione

“Nonostante fossimo pronti per ogni eventualità abbiamo optato per una trattativa a oltranza visto che avevamo messo in sicurezza la zona e che avevamo eliminato ogni rischio e pericolo”, ha piegato il comandante Breda.
Anche se la situazione è rimasat tesa a lungo.
“Per rassicurarci sulle condizioni del bambino, ogni lasso di tempo stabilito il negoziatore si metteva in contatto con lui, gli parlava e gli faceva alcune domande”, ha continuato Breda.
E durante la negoziazione durata oltr e8 ore l’uomo, in gergo Sic, soggetto in crisi, ha posto alcune condizioni chiedendo di incontrare alcune persone, un amico, l’ex datore di lavoro e persino i genitori che erano in viaggio dalla Macedonia all’Italia e che sono stati prelevati d’urgenza dai carabinieri e portati il più velocemente possibile a Nizza.
Una situazione tesa, insomma, che si è risolta solo nel tardo pomeriggio.
“L’intera macchina, a struttura piramidale, ha funzionato. Ognuno ha fato la propria parte ed è stato necessario mettere in sicurezza anche il negoziatore per permettergli di svolgere il sui delicato compito nella maniera migliore. Per questo gli è stata dedicata una squadra incaricata di proteggerlo da eventuali rischi”, ha continuato Breda.

La resa

Solo lunghe ed estenuanti ore di colloqui, con il timore che quel detonatore che l’operaio diceva di avere fra le mani e che i carabinieri invece aveva accertato non esistesse, ci fosse davvero, intorno alle 18.45 l’uomo si è arreso.
Ha liberato prima il bambino. “Il padre gli ha fatto credere che si trattasse solo di un gioco” continua Breda.
Poi si è messo un completo di giacca e cravatta e si è consegnato al maresciallo Pinna.
“Scusa Alessandro, scusatemi tutti voi carabinieri”, sono state le sue parole al momento della resa.
Ora l’operaio si trova in carcere a Quarto con l’accusa di sequestro di persona.
“E’ stato molto emozionante, mi sono sentito utile alla società come carabiniere”, ha commentato il maresciallo Pinna.