E’ stata l’ironia il denominatore comune degli ultimi due incontri de I mesi del giallo organizzati dall’Associazione Comunica in collaborazione con la Biblioteca Astense e la Comunità Collinare Val Rilate: sabato il pubblico si è divertito, a Palazzo Alfieri, con Loriano Macchiavelli, padre del sergente Sarti Antonio, mentre il giorno prima Stefania Bertola ha fatto sorridere, con la sua galleria di personaggi strampalati, a Montechiaro.

Incalzato dalle domande di Giovanni Pensabene, nel ruolo di lettore appassionato dei suoi gialli, Macchiavelli ha spiegato perché, nel 1987, decise di uccidere la sua creatura: “Era diventata troppo ingombrante nella mia vita. I lettori mi fermavano per strada e mi dicevano: salutami Sarti Antonio. Il colmo si è avuto quando il direttore della Feltrinelli di Bologna un giorno mi ha affrontato a male parole negando che il mio personaggio fosse andato nella sua libreria a cercare un volume, cosa che avevo scritto in un racconto. A quel punto ho detto basta. E ho riservato un colpo di pistola al sergente, facendo immaginare ai lettori che fosse quello fatale. Da lì, però, sono cominciati i guai: gli editori esigevano testi con Sarti Antonio e rifiutavano atri personaggi, i lettori incalzavano per riaverlo. Così quando l’ho fatto ricomparire, nessuno ha trovato particolari stranezze in tutto questo”.

Deluso da Bologna, dove finora ha sempre ambientato le storie del suo detective, Macchiavelli ha annunciato che il 17 febbraio Sarti Antonio tornerà in libreria, in una nuova storia che si dipanerà tra Toscana e Emilia. Molte le domande del pubblico, a partire dalla fortunata collaborazione con Francesco Guccini, con cui ha inventato il maresciallo Benedetto Santovito. In chiusura due promesse: “Mi sono trovato bene qui. Se vorrete – ha detto Macchiavelli agli organizzatori – il prossimo anno tornerò ad Asti a presentare la mia ultima fatica. E siccome questa è una bellissima Biblioteca, se dovesse mancarvi qualche mio libro, ve lo donerò volentieri”. 

Accanita appassionata di gialli, Stefania Bertola ha però ammesso di “non saperli scrivere”. “Tuttavia – ha raccontato a Montechiaro, nella conversazione condotta dalla giornalista Betty Martinelli – qualcosa di misterioso nelle mie storia lo metto sempre, per tenere in sospeso i lettori fino alla fine”. La scrittrice torinese, alle prese con un nuovo romanzo, ha raccontato la magia della scrittura (“Puoi mettere nero su bianco tutto quello che non esiste e dare una vita ai personaggi che ti piacciono di più”), le sue fonti di ispirazione, il profilo dei protagonisti delle sue storie: “Metto in loro qualche mia idea sulla vita: le donne sono positive e posseggono il senso dell’amicizia, gli uomini sono proprio quelli che mi piacerebbe incontrare, per caso, un giorno”. 

Sabato 22 a Settime. La rassegna “I mesi del giallo”, ideata dall’Associazione Comunica in collaborazione con Biblioteca Astense, Provincia di Asti, Comunità Collinare Val Rilate, Comuni di Asti, Costigliole, Isola, Montiglio Monferrato, Fondazione CRT, prosegue questa settimana dentro alla storia contemporanea.

Cosa Nostra, cose nostre: la mafia tra noi è il titolo dell’incontro ospitato sabato 22 novembre nelle Antiche scuderie del castello di Settime (ingresso libero). Liliana Maccario, referente dell’Associazione Libera-Asti, converserà con Ombretta Ingrascì, che nel 2007 ha firmato il libro Donne d’onore-Storie di mafia al femminile (Bruno Mondadori Editore), e con Maurizio Laudi, procuratore della Repubblica di Asti. 

L’incontro vuole da un lato mettere a fuoco il ruolo delle donne all’interno della mafia negli ultimi trent’anni e dall’altro tracciare una mappa della presenza di Cosa nostra e della ‘ndrangheta sul territorio piemontese.

Il primo tema sarà affidato a Ombretta Ingrascì, che su questo argomento lavora da anni, alternando il lavoro di ricercatrice con l’attività di educazione alla legalità nelle scuole.

Dalle funzioni tradizionali del codice culturale mafioso, istigatrici di vendetta e merce di scambio nelle politiche matrimoniali a quelle più moderne di corrieri della droga, mediatrici finanziarie, messaggere e boss, il coinvolgimento femminile in Cosa nostra e nella ‘ndrangheta è diventato sempre più attivo fino a mettere in crisi lo stereotipo della donna ignara della attività criminali degli uomini della propria famiglia.

Nel libro Donne d’onore, attraverso l’esame di documenti giudiziari, ma soprattutto grazie alle testimonianze dirette dei protagonisti e dei collaboratori di giustizia, l’autrice restituisce uno spaccato inedito del sistema mafioso, ricomponendo il complesso e contraddittorio universo femminile della mafia, in cui tratti di continuità convivono con elementi di rottura rispetto al passato.

Che la mafia non sia un fenomeno prettamente meridionale lo spiegherà il procuratore Maurizio Laudi, secondo cui “in Piemonte non ci sono segnali evidenti di infiltrazione nell’amministrazione né di condizionamento del voto: ma temiamo che la nostra regione, per come è strutturata, possa diventare luogo di reinvestimento di capitali illeciti soprattutto nel settore edilizio, turistico e alberghiero”.

Con il magistrato si parlerà dunque della presenza delle organizzazioni mafiose in Piemonte, quali attività illegali svolgono e quali sono connesse a quelle legali, come si sviluppano i rapporti tra il sistema criminale e quello finanziario legale, vale a dire in quali settori la criminalità reinveste i propri capitali. Lente d’ingrandimento anche sulle azioni di contrasto,  sull’idoneità degli strumenti legislativi e dei mezzi a disposizione di chi indaga.

Al termine della serata la Comunità Collinare Val Rilate offrirà un brindisi con stuzzichini e vini tipici.