Il commento alla Parola di domenica 20 ottobre 2019 (XXIX Domenica del Tempo Ordinario) a cura di padre Gerardo Bouzada.

Come dovrebbe essere la nostra preghiera di supplica perché Dio ci ascolti?

Santo Tommaso ci risponde nel proemio alla preghiera domenicale: “fiduciosa, giusta, ordinata, devota ed umile”. Come deve essere, allora, la nostra preghiera? Primo, preghiera fiduciosa. Perché la preghiera abbia maggiore successo, deve trasparire fiducia amorevole e umile per provocare la misericordia di Dio: “me invocherà e lo ascolterò” (Sal 90,15). San Claudio della Colombière dirà: “coloro che si stancano dopo aver pregato per un po’, mancano di umiltà o fiducia; e in questo modo non meritano di essere ascoltati. Sembra che tu intenda essere obbedito immediatamente come se fosse un comando; son sapete che Dio resiste all’orgoglioso e è contento degli umili? Cosa? Tuo orgoglio non ti permette di soffrire perché ti fanno chiedere più di una volta per la stessa cosa? Disperarsi presto nel chiedere è avere poca fiducia in Dio” (L’abbandono fiducioso alla Divina Provvidenza). Secondo, la preghiera ordinata. Cioè dobbiamo chiedere le cose per la nostra salvezza eterna, e per questo, essere liberi di cadere nelle tentazioni. Terzo, preghiera perseverante e “schiacciante”, come quella della vedova del vangelo. La perseveranza è la virtù che rinvigorisce la volontà in modo che non abbandoni la via del bene. E quarto, preghiera devota. La devozione non è altro che una volontà pronta a donarsi a tutto ciò che appartiene al servizio del Signore.

Perché la nostra preghiera non arriva a Dio?

Ecco alcune delle cause. La prima, l’uomo dice a Dio: “Dammi la terra e rimani con il cielo“. Questo si chiama materialismo. Chiediamo cose della terra: salute e soldi, lavoro e fortuna, passare gli esami e ascendere nel lavoro. E le cose spirituali? La grazia, la fede, la fedeltà a Dio e alla propria coscienza, senso di giustizia e della Chiesa, esperienze di Dio e desiderio di cielo. Seconda causa, l’uomo dice a Dio: “O mi dai la terra o rimani tu con il cielo”. Una specie di testardaggine. Per alcuni cristiani, la preghiera è come il gioco di parchis. Entrano nel tempio, lanciano i dadi della preghiera nel magico altare… e dunque o vinci una parte o perdi tutto. Questo non è il Dio autentico, ma il Dio pagano. Una preghiera commerciale. Terza causa, l’uomo dice a Dio: ”Dammi il cielo e della terra parleremmo dopo”. Questa preghiera giunge al trono di Dio. Quest’uomo sarà ascoltato da Dio, e sarà in grado di superare questa società materialista, edonista, sessista, secolarista, neopagana, decadente… e sarà figlio di Dio, quando la maggior parte degli uomini rimarrà figli degli uomini, del tempio e del tramonto.
Infine, pregare chiedendo qualcosa a Dio non significa lasciare tutto nelle sue mani e sederci sul divano della pigrizia. Mosè, anche se oggi appare con le braccia alzate, non è certamente una persona sospettata di pigrizia e inibizione. Era il grande servo e condottiero attivo del villaggio; ma ha dato alla preghiera un’importanza decisiva. Né Gesù ci invita alla pigrizia: nella parabola dei talenti è chiaro che dobbiamo far sì che i talenti di Dio si moltiplichino per il bene di tutti. Oggi è anche chiaro che Dio non è obbligato a darci ciò che chiediamo. Sa di cosa abbiamo bisogno. Sarà Sant’Agostino chi ci dirà perché Dio non ci ascolta, o ci ascolta con il silenzio. “Quando la nostra preghiera non è ascoltata è perché: siamo cattivi e indisposti per chiedere. Perché chiediamo male, con poca fede, perseveranza o poca umiltà. Perché chiediamo cose cattive, o che risulteranno per qualche ragione inconvenienti per noi” (Civitate Dei, 20,22). Gesù finisce la sua parabola con una domanda sconcertante: “Quando verrà il Figlio del uomo, troverà fede sulla terra?”. Senza la preghiera piena di fede, non sposteremmo le montagne dei nostri problemi e quelli dell’umanità e della Chiesa. Come è la mi preghiera?

LETTURE: Es 17, 8-13; Sal 120; 2 Tm 3, 14 – 4, 2; Lc 18, 1-8