Oggi, martedì 25 dicembre, è Natale e continua la rubrica, firmata da don Paolo, un percorso di commento alla Parola di Dio della domenica, destinato soprattutto alle persone malate, che non potendo essere presenti fisicamente alla santa Messa, trovano proprio in questo spazio, un aiuto a parteciparvi spiritualmente. “La liturgia del Natale del Signore è ricchissima: sono quattro le Messe, con preghiere e brani della Parola di Dio propri, che scandiscono, quasi a sottolineare che è giunta la pienezza del tempo (kairos), le ore natalizie, dalla vigilia, alla notte, dall’aurora al giorno. Due preghiere della Messa della vigilia – dopo la comunione e colletta – collegano la grazia del Natale al presente (Eucaristia) e al futuro (giudizio finale) della nostra vita. “Concedi ai tuoi fedeli, o Padre, di attingere nuova forza da quest’annuale celebrazione della nascita del tuo unico Figlio, che si fa nostro cibo e bevanda nel sacramento di salvezza”. “O Padre, concedi che possiamo guardare senza timore, quando verrà come giudice, il Cristo tuo Figlio che accogliamo in festa come Redentore”. I testi della Messa della Notte evidenziano soprattutto il contrasto tenebre/luce, notte/giorno: in una situazione di tenebra e di buio viene a brillare, per grazia (II lettura) e non per meriti e abilità umane, la luce di Dio, nella persona di Gesù, “la luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9). “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9, 1-6, I lettura). La salvezza che Gesù viene a donarci, non è una semplice operazione cosmetica, un abbellimento magari utile ma non strettamente necessario. È invece la luce che viene a illuminare chi cammina nelle tenebre, e non sa come uscirne, e più ci prova e più il buio si infittisce. Gesù ci porta una salvezza davvero attesa e necessaria! Il vangelo sottolinea come la nascita di Gesù avviene mentre Giuseppe e Maria sono a Betlemme per registrarsi al primo “censimento di tutta la terra” (Lc 2,1). Senza che Cesare Augusto e gli altri ‘Grandi’ potessero minimamente sospettarlo, nel primo elenco dei nomi di tutti gli uomini è presente anche il nome Figlio di Dio fatto uomo. Dio si compromette con la storia umana, specialmente con la storia dei piccoli che non contano, salva l’umanità dal di dentro, assumendo ciò che è da salvare. “Solo ciò che è assunto è redento”, diranno i Padri della Chiesa durante le dispute cristologiche dei primi secoli. Il bambino che i pastori trovano nella mangiatoia di una stalla (Lc 2,15-20, vangelo dell’Aurora) è “erede di tutte le cose, mediante lui è stato fatto il mondo. È irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente” (Eb 1,2-3, II lettura Messa del Giorno). È il “punto di osservazione” sul Natale della liturgia del Giorno, il presepio visto “dall’alto”, nel disegno eterno di Dio, che decide per puro amore e pura grazia di salvare l’uomo mandando il proprio Figlio. Il bambino per il quale non c’è posto nell’albergo, è il Logos, il Verbo di Dio che si fa carne, per venire ad abitare in mezzo agli uomini, che sembrano non accoglierlo (Gv 1,14, vangelo del Giorno). L’unigenito Figlio del Padre si fa uomo per dare a chi lo accoglie “il potere di diventare figlio di Dio” (Gv 1, 12). La salvezza che Dio ha pensato per gli uomini non è soltanto la remissione dei peccati, una grande amnistia, ma, molto di più, è l’elevazione dell’uomo, attraverso la grazia che è il dono della stessa vita divina, alla dignità di figlio di Dio, a consorte della stessa natura divina, come dirà s. Pietro nella sua seconda lettera (1,4). Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio. É la grazia che domandiamo con la preghiera natalizia della Chiesa. “O Padre, trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha innalzato l’uomo accanto a te nelle gloria. Il Salvatore del mondo che oggi è nato e ci ha rigenerati come tuoi figli, ci comunichi il dono della sua vita immortale. Amen”.