pierangelo cantarella“L’economia locale è ancora in affanno. Le imprese con ordini e fatturato in crescita rimangono ancora una minoranza”. Sono due delle conclusioni dell’indagine congiunturale relativa alle piccole e medie imprese piemontesi condotta dall’Ufficio studi dell’Api Torino, che ha esaminato la situazione del secondo semestre del 2013 e le prospettive per il 2014. Api Torino è un’associazione di categoria aderente a Confimi Impresa (Confederazione dell’industria manifatturiera italiana e dell’impresa privata) come Api Asti (che riunisce circa 200 piccole e medie imprese astigiane ed è presieduta da Andrea Cirio). “Dal confronto con le precedenti rilevazioni – spiega Fabio Schena, responsabile dell’Ufficio studi di Api Torino – emerge un recupero di ordine congiunturale. Ma le differenze (i cosiddetti saldi) tra le dichiarazioni di aumento – diminuzione riferite ai livelli di ordini e fatturato rimangono negative anche per la seconda parte del 2013. Il saldo ordini, infatti, è pari a – 3,7% (contro il precedente – 23%), il saldo fatturato a – 4,8% (contro il precedente – 26,8%)”. L’attuale livello di ordini raccolti dalle imprese garantisce però attività nei limiti di appena 30 giorni per ben il 45% delle aziende (contro il 35,9% osservato a giugno 2013). Per il 33,1% si arriva fino a 3 mesi, mentre solo per l’8% la copertura è superiore a 6 mesi. Per il 26,8% delle imprese gli ordini sono aumentati, mentre si sono ridotti per il 30,5%. Per effetto della domanda estera, in particolare di quella europea, il livello degli ordini mostra complessivamente una ripresa, limitando le perdite del mercato Italia. Per il secondo semestre consecutivo, infatti, le imprese che operano anche sui mercati esteri hanno registrato una situazione migliore delle altre. Medesima tendenza mostrano i livelli di fatturato: il 38% delle imprese che operano sui mercati europei ha incrementato il proprio fatturato, mentre il 16,8% lo ha visto in calo. Per quanto riguarda la produzione il 27,2% delle imprese manifatturiere ha visto aumentare il livello della produzione, segnando un saldo positivo pari a + 2,2%, in miglioramento rispetto al precedente saldo pari a – 17,9%. Ancora una volta è stata determinante la domanda dei mercati esteri, verso cui il comparto manifatturiero mostra una elevata propensione ad operare (pari al 65,7% delle imprese manifatturiere). A livello occupazionale si registra una maggiore stabilità, contrariamente a quanto avvenuto nelle rilevazioni semestrali dall’inizio del 2012. In particolare frena il flusso in uscita, pari al 14,2% dei casi dopo tre semestri consecutivi attorno al 24 – 25%. Inoltre il 25,8% delle imprese ha dichiarato di aver fatto ricorso ad ammortizzatori sociali, in lieve calo rispetto al 27,9% di sei mesi fa. In lieve aumento gli investimenti (il 44,4% degli imprenditori intervistati ha realizzato nuovi investimenti negli ultimi sei mesi, contro il 42,2% del semestre precedente) mentre non si assiste a miglioramenti rispetto al problema dei ritardi nei pagamenti. La quota di imprese che continua a denunciare difficoltà ad incassare i propri crediti rimane stabile attorno al 71%. Il 15,6% è fornitore della Pubblica amministrazione che, secondo le dichiarazioni delle imprese, paga con un ritardo medio di 10,1 mesi. Nel caso del “cliente grande industria”, che coinvolge il 47,5% del campione oggetto dell’indagine, l’attesa media è di 7,5 mesi. Per quanto riguarda, infine, l’accesso al credito, il 43,8% del campione intervistato ha avanzato richieste di nuovi finanziamenti agli istituti bancari. Per il 14,6% le richieste hanno avuto un esito negativo, in aumento rispetto al precedente 11,9% e al 9,2% di dodici mesi fa. Nel 72% dei casi l’esito negativo è stato determinato dalla Aderente a Confimi Impresa valutazione negativa da parte degli istituti di credito; nel 40% dalle eccessive garanzie richieste; nel 24% dalla rinuncia da parte dell’imprenditore per l’applicazione di tassi di interesse troppo elevati; nel 20% dei casi per effetto di procedure di erogazione troppo lunghe e complesse. Il livello di fiducia per il primo semestre 2014 è guidato da un generale stato di incertezza, sebbene gli ottimisti prevalgano sui pessimisti (28% e 21,5%). Il 30,1% degli imprenditori rappresenta aziende che, in larga misura, hanno chiuso negativamente il 2013 e non prevedono cambiamenti rilevanti per i prossimi sei mesi. In particolare sulle previsioni degli indicatori congiunturali pesa la persistente debolezza della domanda interna. I settori più colpiti sono quelli delle costruzioni e del commercio, con saldi previsionali ampiamente negativi. Al contrario, sui livelli di produzione le previsioni sono cautamente ottimiste, in ragione delle maggiore presenza delle imprese manifatturiere sui mercati esteri. Per il primo semestre del 2014 sale al 33,2% la percentuale degli imprenditori che prevede l’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Con riferimento alle previsioni per il primo semestre 2014, i nuovi investimenti si riducono al 39,2% dei casi. Al contrario, il 60,8% degli imprenditori non ne ha programmati: nel 42,7% dei casi si tratta di imprese che non hanno realizzato investimenti nemmeno nel periodo luglio – dicembre 2013. “Dai risultati dell’indagine emergono dei piccoli segnali positivi per quest’anno. Naturalmente è importante che tali segnali vengano raccolti da chi determina le politiche industriali del nostro Paese ma soprattutto vengano supportati e incentivati -ha commentato Andrea Cirio, presidente di “Api Asti” -. Il Governo deve necessariamente mettere al centro dell’attenzione il rilancio del sistema industriale manifatturiero delle PMI, ossatura portante dell’economia italiana, e non solo con slogan e parole per poi “indietreggiare” al momento opportuno in sede di legiferazione. Vista la situazione in cui si trovano la maggior parte delle nostre imprese, occorre un intervento consistente e una strategia di reindustrializzazione che metta al centro della programmazione politica ed economica almeno quattro questioni fondamentali su cui intervenire subito e in maniera incisiva, cercando la copertura finanziaria necessariamente nella riduzione della spesa pubblica improduttiva (assolutamente folle!!) e precisamente: immediato avvio della riduzione del cuneo fiscale e della tassazione sulle imprese (Irap, imposta addirittura anticostituzionale e da escludere categoricamente alle imprese in perdita, Imu/Tares e Tax service); rapida e totale erogazione dei crediti alle imprese dovuti dalla PA con estensione del principio di compensazione fra crediti (fiscali e non) e debiti fra PA e imprese; credito d’imposta automatico su ricerca e sviluppo; abbattimento del costo dell’energia. Naturalmente su questi ed altri punti la nostra associazione ha avuto modo di consegnare al vicepresidente del Consiglio dei ministri  Angelino Alfano un’ampia memoria contenente proposte concrete e sostenibili e soluzioni ai problemi di massima urgenza”. Se tutto ciò non avviene in tempi stretti, l’economia italiana, in uno scenario altamente globalizzato come quello in cui ci troviamo,  è destinata ad essere “schiacciata” da quelle degli altri paesi che con più lungimiranza di noi da anni hanno portato avanti politiche industriali più consone e tagliate sulle esigenze reali delle imprese, oltre a quelle dei Paesi “emergenti” che di per sé sono molto più aggressive”. “D’accordo il direttore di “Api Asti”, Pierangelo Cantarella, che sottolinea anche la divisione delle imprese astigiane in due grandi gruppi. “Il primo – sottolinea – è formato dalle aziende (settori enomeccanico, alimentare, costruzione di macchine utensili…) che hanno avuto la capacità imprenditoriale di diversificare negli anni i clienti, puntando principalmente all’estero, tanto da essere meno aggredite dalla crisi in atto ormai da cinque anni. Parliamo di aziende di media grandezza, con responsabili commerciali che abitualmente promuovono i prodotti nei Paesi emergenti, dove i pagamenti vengono onorati al massimo entro 30 giorni dopo l’emissione della fattura, a differenza dei 150 giorni italiani – ha commentato Pierangelo Cantarella (direttore di “Api Asti” – II secondo gruppo  è quello formato da aziende legate principalmente al mercato italiano (automotive, edilizia, imprese che realizzano prodotti ad alta percentuale di manodopera), quindi attualmente più in difficoltà. I cui titolari, comunque, continuano ogni giorno ad “alzare la saracinesca”, sperando che finalmente la politica si occupi dei reali bisogni delle aziende e dei lavoratori italiani”.