Nuovo appuntamento con “Fare per Fermare il declino” che in vista delle elezioni del 24 e 25 febbraio, presenta il suo programma su “La questione femminile”. L’appuntamento è per  martedì 19 febbraio, alle 21, nella sala del Centro Culturale San Secondo in Via Carducci 22 ad Asti.  Parteciperanno Silvia Enrico (Cofondatrice del movimento Fare per Fermare il declino), Arianna Visentini (Membro del gruppo di lavoro sulla questione femminile di Fare per Fermare il declino), Maria Luisa Vernoni (Imprenditrice e candidata alla Camera) e Emanuela Caruso (Imprenditrice e membro del comitato di Asti di Fare per Fermare il declino). Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne, oggi in gran parte esclusi dal mercato del lavoro e dagli ambiti più rilevanti del potere economico e politico. Non esiste una singola misura in grado di farci raggiungere questo obiettivo; occorre agire per eliminare il dualismo occupazionale, scoraggiare la discriminazione di età e sesso nel mondo del lavoro, offrire strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, facilitare la creazione di nuove imprese, permettere effettiva mobilità meritocratica in ogni settore dell’economia e della società e, finalmente, rifondare il sistema educativo. Le donne italiane rappresentano un enorme capitale umano in termini di competenze, diversità, produttività e spirito imprenditoriale; oltre la metà degli immatricolati universitari sono donne, e su 100 donne che lavorano nel nostro paese 16 sono lavoratrici autonome e 3,6 hanno dipendenti (ben al di sopra delle medie europee). Eppure le donne risentono in modo particolarmente marcato della dualità che affligge il mercato del lavoro e sono sottooccupate; meno di una donna italiana su due lavora, meno di una su tre tra quelle con più figli, meno di una su cinque tra le giovani nel meridione(cifre tra le più basse d’Europa). Inoltre, le donne tendono ancora a essere remunerate meno degli uomini, hanno carriere e quindi storie contributive discontinue e sono poco rappresentate ai vertici decisionali dell’imprenditoria e della politica; le donne sono circa il 13% dei dirigenti d’impresa, meno del 7% dei membri di Consigli di Amministrazione di aziende quotate in borsa, e circa il 22% dei nostri rappresentanti in Parlamento (molto al di sotto di altre nazioni occidentali). Questo quadro purtroppo riflette le disparità esistenti nella distribuzione degli oneri familiari tra uomini e donne (specialmente la cura dei figli, ma anche quella degli anziani non autosufficienti) e, al di là delle grandi dichiarazioni di intenti, l’inadeguatezza di politiche e investimenti a sostegno delle famiglie. Per esempio, la percentuale di copertura dei servizi all’infanzia in Italia è attorno al 19% (di contro ad un target del protocollo di Lisbona del 33%) e presenta enormi disomogeneità sul territorio – si passa dall’Emilia Romagna con circa il 30% alla Campania sotto il 3%. Continuare a utilizzare il lavoro delle donne per supplire alle carenze di un sistema di welfare spesso povero e inefficace ha un impatto negativo sulla nostra capacità di produrre e innovare perché sottrae al mondo del lavoro competenze, diversità, capacità imprenditoriali e innovative. Inoltre, va di pari passo con un severo trend di denatalità (nel 1970 una donna italiana aveva in media 2.4 figli, nel 2010 solo 1.4 – uno dei tassi più bassi d’Europa) che ha gravi conseguenze di lungo periodo sull’invecchiamento della popolazione e la sostenibilità del nostro sistema previdenziale. Numerosi studi suggeriscono che una maggiore occupazione femminile avrebbe effetti significativi sul PIL e allevierebbe i deficit di competenze dovuti al progressivo diminuire della popolazione in età lavorativa, che l’inclusione di donne ai vertici aziendali sia correlata con migliore performance e maggiore stabilità, e che la ridotta natalità nel nostro paese sia almeno in parte attribuibile non ad un desiderio delle donne di avere meno figli ma alla difficoltà di conciliare oneri familiari e lavoro. Per la crescita del nostro paese nel breve, medio e lungo termine, è necessario far partecipare alla vita produttiva le donne che ad oggi ne sono escluse. Stiamo elaborando un vasto programma che comprende linee di intervento in varie aree critiche (incentivi all’occupazione femminile; pari opportunità e promozione del merito in ambito lavorativo e gestionale; servizi alla famiglie; imprenditoria femminile; formazione delle donne in aree tecnico-scientifiche). Troverete gli approfondimenti su : http://www.fermareildeclino.it/fare/questione-femminile