“Ora che l’isolamento all’hotel Bel Sit è terminato, vorrei ringraziare le persone che si sono interessate al problema e gli organi di stampa per lo spazio concesso ieri alla mia missiva”. A parlare è il nipote della donna di 84 anni rimasta in “quarantena” all’hotel Bel Sit di Alassio insieme a una comitiva di altri 33 astigiani.

“Dal mio punto di vista, nonostante la mastodontica organizzazione che la Protezione Civile ostenta, insieme agli organi Sanitari, nei TG nazionali, si sono tralasciati vari aspetti che evidenziano manifeste carenze e sensibilità – continua -. E’ chiaro che in caso di pandemie non si vada per il sottile ma il virus di cui stiamo parlando non ha ancora, per fortuna, avuto tale evoluzione. Per questo rimango basito sulle modalità di trattamento di coloro sottoposti ad isolamento, soprattutto se si tratta di persone anziane, oltre gli 80 anni, magari con inevitabili problemi dovuti all’età o con la necessità di prendere farmaci o fare del moto”.

E continua: “L’informazione ai famigliari, da parte degli organi deputati a farlo, è mancata come anche è mancata l’informazione agli anziani che sono risultati positivi e che sono stati informati ieri sera poco prima di scendere dal pullman, innanzi a casa. Con questo voglio dire che la comunicazione alle persone anziane non può essere fatta con le stesse modalità con le quali si parlerebbe ad un giovane. Dire ad un anziano che è “positivo ma asintomatico” non risolve il problema di avvenuta informazione, soprattutto quando si è in una fase di stress emotivo piuttosto importante. Bisognerebbe assicurarsi che la persona abbia realmente capito di cosa si sta parlando e quali precauzioni prendere”.

Per l’astigiano la pianificazione del rientro a casa ha poi avuto aspetti a dir poco “grotteschi”:  “Gli anziani “asintomatici ma positivi” sono quindi stati fatti salire ieri pomeriggio su un pullman che ha raggiunto Asti solo in tarda serata – spiega -. Mia nonna è arrivata a casa alle 00:15, senza aver cenato e senza aver avuto la possibilità di andare ai servizi e ha indicato all’autista quale fosse il cancello di ingresso dell’abitazione, trovato dopo un paio di tentativi e manovre, perché l’organizzazione era sprovvista di elenco con gli indirizzi”.

“Forse sarebbe stato meglio organizzare un rientro con altre modalità, magari prendendo in considerazione le necessità di un ottuagenario, e soprattutto tenere migliori contatti con i famigliari che attendevano a casa il rientro e che, invece, hanno seguito la vicenda prevalentemente attraverso i media – aggiunge -. Spero che da questa esperienza e dal mio racconto, che non vuole essere assolutamente critico delle Istituzioni, possa essere tratto qualcosa di utile per correggere le modalità di trattamento del problema in modo che altri non debbano subire situazioni stressanti ed emarginanti soprattutto se soggetti evidentemente appartenenti alle fasce deboli. Siamo, in questo momento (11:30 del 29 febbraio), ancora in attesa di sapere dall’ASL i comportamenti da adottare in merito a questa situazione”.