Denso di argomenti e interessi il convegno “La vite è bella” che si è svolto lo scorso venerdì a Calosso, nell’ambito del progetto Identità Future con il sostegno del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato.
A moderare i lavori Salvatore Leto, già direttore del Teatro Alfieri di Asti, anima del progetto Identità Future che ha introdotto gli interventi dell’antropologo ex rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo Piercarlo Grimaldi, “Di vino e di bellezza: i musei contadini”, Adriano Da Re, già segretario generale della Fondazione Torino Musei (“L’arte della vigna e del vino”), Giancarlo Ferraris (“L’arte per comunicare la terra”), Albino Morando (“Coltivare la bellezza”), Mario Fregoni (“La malora della vigna”) e Piero Bussi (“La terra particulata, il caso di Calosso”).

Il sindaco Pierfrancesco Migliardi ha portato il saluto dell’Amministrazione: “Questo convegno segna il via ufficiale per il progetto di recupero e valorizzazione delle tradizioni legato a Identità Future- ha detto Migliardi -: un percorso che porterà di qui a poche settimane all’inaugurazione della chiesa protestante ristrutturata, che ospiterà il museo, e alla pubblicazione di un libro. Un modo bellissimo per rendere omaggio al nostro territorio e tramandare alle generazioni future un patrimonio inestimabile di conoscenza”.

Filippo Mobrici, presidente del Consorzio della Barbera, ha messo l’accento sul momento di grande ottimismo: “Veniamo da una vendemmia bellissima, speriamo che i vini rendano il giusto omaggio a questo territorio di confine tra Monferrato e Langa, patrimonio Unesco, che è giusto salvaguardare e mantenere per chi verrà dopo di noi”.
“Ho curato diversi musei – ha detto Grimaldi -, uno più grande dell’altro perché dovevano contenere molte cose. Qui a Calosso ci sarà il museo più piccolo del mondo, pochi metri quadrati. Progettarlo ha implicato un pensiero diverso dal solito. Tutti siamo obbligati a entrare nel futuro ma dobbiamo portare con noi un bagaglio di conoscenze che disegni una traiettoria di futuro e di speranza. La ricerca che con il sociologo Enrico Ercole abbiamo condotto in questi ultimi anni a Calosso ci ha fatto comprendere una vera e propria urgenza antropologica, e la pandemia ha reso ancora più evidente questa fretta. Raccogliere la memoria dell’oralità contadina prima che vada persa per sempre. Natura, paesaggi, narrazione, miti, tradizione, sapere orale e gestuale: in questo piccolo museo di Calosso tentiamo di salvare tutto questo e testimoniare una bellezza che rischiamo di perdere”.
Calossese d’adozione, Adriano Da Re ha indagato la presenza del vino e della vite nella cultura, nella letteratura e nell’arte, citando numerosi autori dai lirici greci a Shakespeare, Dante, Manzoni, Baudelaire, Goethe, Pavese e artisti, con particolare riferimento a opere conservate alla Gam di Torino (Morbelli, Levi, Rosai, Tozzi, Guttuso, Filippo De Pisis, Morandi, Birolli).
Ferraris invece ha raccontato la sua esperienza con il progetto artistico “Orme su La Court”: “Gli artisti di ogni parte del mondo si avvicinano al mondo del vino riproducendo elementi chiari nelle loro opere, io invece ho cercato di coniugare arte, artigiano e territorio, non ho riprodotto una bottiglia sulla tela ma ho calato nel territorio un percorso che facesse del vigneto un momento di riflessione”. Protagonisti di questo progetto artistico con Ferraris il produttore Michele Chiarlo, le cui proprietà ospitano le installazioni e gli eventi ad esse collegati, e l’artista Lele Luzzati.
Forte e impattiva la prolusione del professor Mario Fregoni, luminare della viticoltura: “La vite è bella è il titolo di questo convegno. Ma nella mia vita ne ho viste di brutte. La vite è bella se l’uomo la fa bella. Se la associa in una certa maniera, allora vengono fuori i paesaggi, che quando sono bellissimi vengono addirittura tutelati. Ma la vite può andare in malora. Negli ultimi anni abbiamo a che fare con circa una trentina di malattie della vite, alcune come la fillossera che attacca le radici ed è arrivata dall’America nell’Ottocento ci costringe a innestare le nostre viti su un piede resistente. Ma la vite franca dà vini riconoscibili per superiorità gustativa, qualitativa, fierezza aromatica. Voglio tutelare la vite franca di piede creando una resilienza attraverso metodi biologici o composti che stimolano la cellula vegetale a resistere al parassita. Per un secolo e mezzo non abbiamo fatto nulla. Chiedo di poter sperimentare un vigneto antifilloserico corregendo il terreno. Ho il dovere di rimettere in discussione questo problema. Se ci riuscissimo, la nostra viticoltura sarebbe migliore e durerebbe più a lungo”.
Albino Morando ha accompagnato il pubblico in un viaggio per immagini attraverso la bellezza della vite nei vari momenti di un’agenda vitivinicola, tra colori, stagioni, fasi e momenti della vigna, mentre lo storico Piero Bussi ha presentato in anteprima i risultati di un suo studio su carte catastali settecentesche di Calosso che mostrano come proprio la vocazione alla “particolarità”, l’essere diviso in tante particelle agricole (“particula”) – la vite certo, ma storicamente anche campi, prati, bosco, canepari, saliceti, gerbidi, orti e perfino coltivazioni di zafferano – abbia favorito il mantenimento e uno sviluppo armonico del paesaggio e della bellezza delle colline calossesi nel tempo.

 

Le foto sono di Roberto Signorini.