Un intervento da cittadino italiano e non da vescovo. Monsignor Marco Prastaro ha scelto questa strada per parlare al pubblico intervenuto sabato al castello di Monale, di un argomento delicato e più che mai all’ordine del giorno: l’immigrazione. Le sue sono state riflessioni a voce alta di un immigrato visto che lui stesso ha vissuto per 13 anni in Kenya; un intervento nel quale monsignor Prastaro ha voluto scardinare alcuni luoghi comuni.
Primo fra tutti quello che parla di un’invasione di stranieri. Ma sono i numeri, quelli forniti dal Ministero dell’Interno, a smentire questa diceria. Tra il 1° e il 31 agosto 2018 in Italia è sbarcato l’80% in meno dei migranti rispetto allo stesso periodo del 2017. Nel mondo i migranti sono 257 milioni, circa il 3.4% della popolazione; per la maggior parte di trovano in Asia seguita a breve distanza dall’Europa che ne ospita 38 milioni, di cui poco più di 5 milioni sono in Italia che è ben dietro a paesi come la Germania (oltre 12 milioni) e il Regno Unito, la Francia e la Spagna.
Il vescovo si è fermato a riflettere poi su alcune frasi, divenute slogan anche elettorali e che sono più che mai abusate.
“Siamo abituati a sentire spesso “prima gli Italiani” – ha spiegato -. Una frase che personalmente ritengo umiliante perché mi chiede di essere qualcosa che non sono. Mi sono spesso interrogato su come gli Italiani vengano visti da fuori e posso parlare per esperienza personale. Noi siamo un popolo capace di prendersi cura dell’altro, siamo empatici, siamo dediti al volontariato come nessun altro, abbiamo la capacità di trovare sempre delle soluzioni, di adattarci e di sopportare la complessità delle situazioni che stiamo vivendo”.
Quindi il vescovo ha voluto scardinare questa frase fatta, che lo irrita perché dipinge gli Italiani per quello che non sono. “Io per questo dico, Prima di tutto siamo italiani, che hanno nel loro Dna l’accoglienza”.
Prastaro ha parlato anche del nuovo decreto sicurezza varato dal Governo: “Già il fatto che le nuove normative sull’immigrazione siano state inserite in un decreto che porta la parola sicurezza la dice lunga. Se aggiungiamo poi che il ministero dell’Interno ha di fatto scardinato ciò che funzionava, la famosa accoglienza diffusa, in favore dei Cas la situazione diventa drammatica”.
Il vescovo si è soffermato anche su un altro luogo comune, la frase “Aiutiamoli a casa loro”.
“E’ uno slogan equivoco – ha spiegato il vescovo – . Fare della mera carità non serve a nulla. Le persone scappano perché sono l’inizio, il primo anello di una catena che parte dallo sfruttamento dell’essere umano e di un territorio, di una nazione, e che arriva fino allo sfruttamento che la politica fa, strumentalizzando la questione immigrazione a scopi elettorali”.
Aiutarli a casa loro vuole dire quindi interrompere questo circolo vizioso. Un circolo vizioso che parla anche di commercializzazione delle armi, visto che l’Italia ha venduto 5,2 miliardi di armamenti usati nei più gravi conflitti mondiali, dal terrorismo alla guerra in Yemen, solo per citarne alcuni.
“Aiutarli a casa loro è possibile rimettendo in discussione il nostro sistema politico e sociale”, ha spiegato monsignor Prastaro, che ha citato papa Francesco: “Ci sono porti chiusi a navi che salvano vite umane e porti aperti a navi che caricano armi per le guerre in Africa e in Medio Oriente”.
Un’analisi che si è conclusa con una riflessione sulla situazione astigiana. “Con l’entrata in vigore del nuovo decreto sicurezza, come Caritas e Ufficio Migranti ci siamo interrogati se partecipare o meno al nuovo bando di accoglienza . Partendo dal presupposto che la nostra missione è accogliere e assistere chi arriva qui e guidare queste persone anche in un percorso spirituale, senza dimenticare l’aspetto di sensibilizzazione del territorio, abbiamo deciso di non abbandonare la strada intrapresa e che oggi conta 40 migranti in nostro carico”.
Per questo si è deciso di continuare a costruire progetti di accoglienza con i fondi messi a disposizione dal Ministero. La Caritas integrerà quello che non copre più la nuova retta giornaliera. “Quello cioè che fa la differenza e costruisce il futuro di queste persone”, ha concluso Prastaro.

L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 21 giugno 2019