Nono numero dell’anno per la Gazzetta d’Asti che nel 2020 spegne 121 candeline. Ecco i principali argomenti della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 6 marzo 2020.

Coronavirus, il nostro alleato sarà il caldo

“La speranza è che un calda e precoce primavera faccia venire meno le condizioni climatiche di diffusione”. A parlare è Pietro Luigi Garavelli primario di Malattie Infettive all’ospedale universitario “Maggiore della Carità” di Novara che abbiamo intervistato per capire da vicino cosa sia il Coronavirus, un virus che ormai si è diffuso nel nostro Paese e ha portato il Governo a una drastica decisione. Quella di chiudere scuole e sospendere ogni manifestazione pubblica fino al 15 marzo.
Una scelta difficile e sofferta che ha comportato la cancellazione di molte manifestazioni ed eventi ma che ha portato anche a misure restrittive molto pesanti.
Le case di riposo, per esempio, sono blindate e sono state sospese le visite dall’esterno fino alla metà del mese. Anche il mondo dello sport ha subito una brusca frenata d’arresto con tutte le competizioni e i campionati in stand by.
L’intenzione è quella di contenere il virus mentre i casi a livello numerico continuano a salire. A livello piemontese sono 108 le persone risultate positive al test sul “coronavirus covid19”; 43 i casi in provincia di Asti.
Una situazione che ha spinto l’Asl ha congelare gli interventi chirurgici ordinari e ogni intervento sanitario che implichi l’utilizzo delle sale operatorie fatta eccezione per le operazioni urgenti.
Poi c’è un altro fronte quello della scuola.
Con le lezioni sospese fino al 15 marzo è necessario riorganizzarsi con una didattica digitale e lezioni on line come sta avvenendo in diversi istituti e università.

Diario personale del 2021

Ricordo ancora la domenica 1 maggio dello scorso anno. A causa del coronavirus molte chiese furono chiuse e molte messe domenicali vennero annullate. I vescovi eseguirono quanto veniva detto dagli amministratori locali e nazionali. Si racconta che fossero celebrate messe dal solo sacerdote in chiese deserte. Come una partita di calcio o uno spettacolo teatrale, si moltiplicarono le messe in collegamento Skype o in streaming. Le autorità ecclesiastiche accettarono le indicazioni, ma si lamentarono della situazione e avvertirono il pubblico che il precetto festivo, cioè l’obbligo della messa, era sospeso.
Fu quel giorno, tuttavia, che alcuni cristiani si ricordarono che il “Dies Domini” e la messa domenicale non era un “rito sacrificale”, o una tradizione folklorica, ma era il fare memoria della cena di Gesù con i suoi discepoli. Si ricordarono che fin dai primi secoli i cristiani avevano iniziato ogni domenica a radunarsi insieme come fratelli e sorelle a spezzare e a condividere il pane e a bere il vino dalla stessa coppa.

C’è emergenza ed emergenza

L’emergenza Coronavirus sta oscurando un’altra emergenza ben più seria ma meno avvertita, visto che non ci tocca sul vivo. Si tratta delle migliaia di profughi siriani che scappano da una guerra alimentata anche dalle armi occidentali, nonché dalla Turchia, lo stato che dovrebbe accoglierli e che li usa come merce di scambio con l’Europa. Questa è un’emergenza più profonda: non tanto per la solidarietà che dovrebbe essere esercitata, ma soprattutto perché rende l’idea che i diritti umani, tanto sbandierati dall’Occidente, non sono più universali.

8 marzo, la Festa resta

L’8 marzo non ci saranno né celebrazioni né eventi ma non per questo la Festa della Donna non ci sarà. O, perlomeno, non sparisce una data ormai fissa nel calendario in cui è necessario pensare all’altra metà del cielo con il rispetto dovuto, ricordando che le discriminazioni non sono finite e che regalare un fiore, è come porgere una dolcissima carezza a una mamma, una moglie, una figlia.

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