L’ultima paziente proveniente da fuori provincia ha iniziato il trattamento nei giorni scorsi, ma oltre all’utente di Pavia sono molti i malati di tumore all’esofago che, residenti fuori dai confini dell’Asl AT, si rivolgono alla Radioterapia del Cardinal Massaia per sottoporsi alle cure. Asti è, infatti, l’unico centro in Piemonte, e uno dei pochi in Italia, per il trattamento di questo tipo di patologia attraverso la tecnica della brachiterapia.
Nei 15 anni di attivazione del servizio, tra i 128 pazienti che si sono rivolti al reparto attualmente diretto da Maria Tessa ci sono stati anche malati provenienti dal Torinese, Alessandrino, dalle aree dell’Eporediese e Canavese, Valle d’Aosta e Lombardia.
Una punta di eccellenza, per il Massaia, illustrata di recente dalla dottoressa Tessa al 20° congresso nazionale di radioterapia oncologica ospitato a Napoli. “La brachiterapia – spiega il primario – consente di aumentare la dose al tumore, mediante sorgenti radioattive, senza coinvolgere gli organi sani circostanti, e richiede, oltre ad una dotazione tecnologica di buon livello, un team di persone esperte e affiatate, che lavorano materialmente insieme e sono in grado di modulare il trattamento in base alla risposta clinica volta per volta sul singolo paziente, in maniera quasi artigianale: queste caratteristiche fanno sì che sia più facile organizzare il servizio nelle piccole strutture come la nostra piuttosto che nei grandi centri tumori”.
Ad Asti la brachiterapia dell’esofago viene attuata grazie alla collaborazione tra i medici di Radioterapia e di Gastroenterologia, diretta da Mario Grassini. “La scoperta del tumore – spiega Maria Tessa – è possibile attualmente soltanto sottoponendosi alla gastroscopia: 3 i casi, sui 128 finora seguiti, scoperti occasionalmente e al primo stadio. In tutti gli altri controlli la malattia era a un livello avanzato: 72 pazienti sono stati seguiti con intento curativo, altri 56 con obiettivo palliativo, cioè per dare sollievo alle persone nella deglutizione, ma senza poter arrestare il progredire della malattia. Si è trattato infatti di casi troppo avanzati per essere curati: sia perché in presenza di metastasi a distanza sia perché i malati erano ormai troppo debilitati nel fisico. In realtà l’unico modo per prevenire questa patologia è quello di non eccedere nel consumo di alcolici e nel fumare: nella stragrande maggior parte dei casi, sono infatti queste le cause del tumore all’esofago”.
L’esperienza dell’intento palliativo sui 56 utenti (48 uomini e 8 donne, età media 72 anni) è stata al centro della relazione che la dottoressa Tessa ha esposto al congresso di Napoli. “La risposta complessiva al trattamento di brachiterapia – indica la specialista – si è assestata intorno al 69%: nel 14% dei pazienti si è avuta una scomparsa completa della disfagia, cioè della difficoltà a deglutire, nel restante 55% una riduzione significativa del sintomo”. La durata media del beneficio apportato dal trattamento radioterapico, attuato anche con l’apporto della struttura di Fisica Sanitaria del Massaia diretta da Simonetta Amerio, è stato intorno ai 4 mesi. “Soltanto nei casi di peggioramento della patologia – spiega Tessa – la Gastroenterologia si procede con la collocazione di un’endoprotesi, che consente di tenere aperto l’esofago: ma è un intervento che tendiamo a fare il più tardi possibile”.
Determinante, ha spiegato il primario ai radioterapisti oncologici riuniti a congresso, la collaborazione con i medici della Gastroenterologia: “Selezioniamo i casi insieme, parliamo ormai lo stesso linguaggio e questo facilita l’appropriatezza della risposta sanitaria rispetto al piano di trattamento”.
Decollata nel vecchio ospedale di via Botallo, la brachiterapia dell’esofago ha registrato un significativo potenziamento con il trasferimento dei servizi al Cardinal Massaia, dove si utilizzano attrezzature rinnovate e una moderna “Integrated Brachytherapy Unit”, che consente di trattare il paziente senza mai spostarlo durante le varie fasi della seduta, acquisendo direttamente dal bunker di trattamento le immagini digitali su cui fisici, medici e tecnici lavorano per pianificare e ottimizzare la distribuzione della dose e documentare le sedi irradiate. Le sedute di brachiterapia (tre in media per chi vi si sottopone) vengono eseguite ambulatorialmente una volta alla settimana, con il paziente in blanda sedazione. ?
Nella foto di Carlo De luca: i primari Maria Tessa (Radioterapia) e Mario Grassini (Gastroenterologia) con un tecnico e due infermiere