elenaceste24 gennaio – 22 ottobre. Quasi nove mesi di intense ricerche, di battute di caccia all’uomo, ma anche di colpi di scena, ricostruzioni più o meno veritiere, iniziative popolari e commenti. Il periodo della scomparsa di Elena Ceste, quasi 300 giorni, è stato costellato oltre che dall’irrefrenabile voglia di verità anche da una lunga serie di accertamenti e di ricostruzioni (qui la fotogallery degli eventi più salienti di questi nove mesi). Fin dall’inizio a tenere banco è stato il marito della donna, Michele Buoninconti che più volte si è prestato alle nostre penne per essere intervistato, sottolineando in diverse occasioni che la moglie “mai avrebbe fatto nulla di male” riferendosi a presunti tradimenti. Ancor più scalpore però avevano fatto le dichiarazioni dell’uomo che ai microfoni delle tv nazionali aveva raccontato dell’esistenza di un video ricattatorio.  Era stata la stessa Elena a confessarglielo, almeno questa la sua ricostruzione, raccontando di due uomini che a sua insaputa l’avevano ripresa in atteggiamenti compromettenti a bordo di un’auto. Ma questo è solo uno dei tasselli oscuri di questa vicenda. Quel video infatti non è mai saltato fuori e nulla è trapelato dal suo profilo Facebook, praticamente bloccato dal giorno della scomparsa. I carabinieri hanno analizzato a fondo il pc, ma anche l’auto e della casalinga non trovando elementi utili. Misteri legati alla cava vicino al centro commerciale “I Bricchi” dove Elena incontrava un amico d’infanzia, misteri legati anche ad alcuni strani episodi, come la consegna agli inquirenti di una lettera firmata dal “Consolatore”, o una telefonata di tale Armando Diaz alla giornalista tv Laura Magli, nella quale l’interlocutore cercava di scagionare in ogni modo il marito. Era stata la stessa giornalista a collegare la voce di Diaz a quella di Buoninconti. Mesi dopo, siamo nella seconda metà di settembre, Michele “si scaglia” proprio contro la stessa Magli, spaccandole il tablet. Questi mesi sono stati caratterizzati però anche dalle ricerche sul campo, in una zona dove nel giro di poche settimane sono scomparse altre tre persone. Una di loro, un vivaista, è sparita proprio da località Chiappa e proprio qualche giorno dopo Elena, lasciando un biglietto inequivocabile sul greto del Tanaro. Inizialmente si pensava che i resti del rio Mersa potessero appartenere a lui, poi è emersa un’altra verità.  Subacquei dei vigili del fuoco in più riprese hanno scandagliato sia il Tanaro, che alcune bule in prossimità di una cava, sia altri pozzi e cisterne fra Motta, Isola, Govone e Santa Margherita, inseguendo, invano, anche alcune segnalazioni. Segnalazioni che fin dall’inizio non sono mancate da ogni parte d’Italia. I carabinieri hanno preso in considerazione le più veritiere come la donna avvistata a marzo su un tram della zona Falchera, a Torino. Allora gli inquirenti avevano persino diffuso un video nella speranza di poter vederci chiaro. Era stata la stessa pendolare a fugare ogni dubbio: non si trattava di Elena. Non era lei neppure la donna segnalata a Tenerife poche settimane fa. Avvistamenti spesso arrivati grazie a internet e ai social network. Proprio su Facebook c’è stata una grande mobilitazioni per arrivare alla verità che da virtuale è divenuta fatti concreti come la fiaccolata di luglio che ha raccolto oltre 300 persone (fra cui i genitori della Ceste). Un corteo silenzioso che ha percorso simbolicamente la strada che collega Motta alla chiesetta di Santa Margherita. Fino ad arrivare alla costituzione appena due settimane fa  di un comitato dal nome “Insieme per Elena, insieme per la verità”. Un triste monito, forse, visto che la verità, la più atroce, oggi è arrivata. Stella Palermitani